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Wine2Wine - Come cambiano i media nel mondo del vino? Dal declino della carta stampata allo storytelling sul web nel forum “Il mutevole panorama dei media negli Usa: come comunicare il proprio brand attraverso una comunicazione integrata”

Come cambia il settore dei media nel mondo del vino? Con l’esplosione dei blog sul vino e a seguito della forte influenza dei social media, le tradizionali pubblicazioni sul vino, gli scrittori di vino ed i critici non possono più essere considerati come unici "detentori" delle informazioni e giudici del gusto. Le pubbliche relazioni tradizionali, così come siamo abituati a conoscerle, sono ancora sufficienti per coinvolgere questi nuovi degustatori e nuovi veicoli di comunicazione? Ecco gli atout del workshop “Il mutevole panorama dei media negli Usa: come comunicare il proprio brand attraverso una comunicazione integrata”, di scena a Wine2Wine (fino a domani a Verona, www.wine2wine.net), con la giornalista Leslie Gevirtz (Meininger Wine Business International, Le Pan e www.wine-searcher.com), Pierrick Bouquet (La Nuit en Rose), Gino Colangelo (Colangelo & Partners Public Relations), Steve Raye (Bevology) e Adam Teeter (co fondatore di VinePair). Il primo dato, che non sorprende, è il declino della carta stampata, con pubblicazioni storiche, non solo del settore enogastronomico, ormai sparite dalle edicole, ed il conseguente riallineamento di chi è riuscito a sopravvivere, dandosi una nuova vita sul web (a partire dal mitico “New York Times”). Ed è proprio su internet che la produzione di contenuti si fa più fluida, con l’abbattimento delle barriere tra contenuti di stampo giornalistico e di stampo pubblicitario, in un nuovo equilibrio che, a differenza di quanto avvenuto finora, non mette in risalto tanto punteggi e giudizi sui singoli vini, quanto il racconto, o meglio lo “story telling”, che nasce sulle diverse piattaforme, specie quelle di settore rivolte ai giovani, come “Vinepair”, “The Daily Meal”, “Wine Folly”, “Reverse Wine Snob”, per poi trovare libero sfogo sui social network, specie su Facebook, ormai capace di attirare qualsiasi genere di contenuto, e su Instagram, social di riferimento per i contenuti visuali, i più diretti e capaci di influenzare i contenuti, in una quanto mai moderna declinazione del PESO Model (Paid media, Earned Media, Shared Media e Owned Media).
Tutto, come detto, nasce dalla “storia”, alla base dell’azione di una delle agenzie di riferimento per la comunicazione ed il marketing del vino, la Colangelo & Partners Public Relations: “il nostro business è lo story telling - spiega Gino Colangelo - ed ogni regione ha una storia da raccontare al consumatore Usa: per lui, comprare una bottiglia di vino, vuol dire comprare un pezzetto di storia, di esperienza, per questo siamo una story telling agency. I digital media, quindi, diventano fondamentali per aiutarci a raccontare le storie delle aziende con cui lavoriamo, loro scrivono articoli, noi poi le condividiamo sui social media raggiungendo più persone possibili. Se abbiamo 500 persone ad un evento, ad esempio, diventeranno 50.000 contatti attraverso i social. In questo panorama, è importante che ognuno trovi la propria strada, perché è inutile che un produttore - continua Colangelo - che vuole vendere i propri vini entry level, da 15 dollari a bottiglia, investa per una pubblicazione su magazine come “Wine Spectator” o “The Wine Advocate”, i cui lettori spendono in media molto di più, sarebbe il target sbagliato, meglio scegliere altre strade ed altri media. Partendo - conclude Colangelo - da un dato di realtà: il ruolo del giornalista, del blogger e dell’influencer è sempre più liquido e resistente alle definizioni sclerotizzate”.
Tra le esperienze più interessanti, nel panorama dei nuovi siti web, spicca “VinePair”
(www.vinepair.com), fondato qualche anno fa da Adam Teeter, che oggi vanta 1,2 milioni di visitatori al mese. “Ci siamo posti il problema di una comunicazione accessibile, interessante - spiega Teeter - capace di creare interesse non tanto tra i wine enthusiast, che rappresentano lo share superiore del mercato, e che di vino ne sanno già tantissimo, quanto tra le altre fasce dei wine lover, specie i Millenials, in cui scrivere storie interessanti, perché è solo così che si crea interesse e si generano contatti, senza insegnare agli altri cosa bere. Bisogna poi ricordare che il 70% dei millenials prende le informazioni dallo smartphone, nessuno ha con sé un giornale o un magazine, ci vogliono quindi contenuti veloci da leggere, pensati per la mobilità, e non importa che sia pubblicità, basta sia un contenuto fatto bene”. Storie, quelle di “VinePair”, che generano poi interesse sui social, dove si muove Pierrick Bouquet, animatore degli eventi “La Nuit en Rose”, che nascono proprio sui social, e da due anni invadono New York, “con serate dedicate ai vini rosati e ai wine lover più giovani, capaci di coinvolgere anche 4.000 persone per una sola serata di degustazioni. Gli eventi - spiega Bouquet - nascono sui social dove, con un buon investimento su Facebook riusciamo a profilare al meglio il nostro target di riferimento, mentre su Instagram coinvolgiamo gli influencer”.
La pubblicità, insomma, cambia forma, racconta Steve Raye, “ma ha ancora il suo posto, anzi, ha sempre un peso dominante, ma su tante piattaforme diverse, eppure, chi non fa pubblicità sui social, a partire da Facebook, rischia di diventare invisibile”. “L’obiettivo - conclude la relatrice, Leslie Gevirtz - è sempre quello, in un mercato come quello Usa, in cui si trovano con facilità centinaia di etichette diverse di Prosecco come di Chianti, di creare valore aggiunto, di convincere il consumatore a spendere 5 dollari in più per la propria bottiglia, e per farlo ci vuole una grande storia, senza fermarsi al rapporto con il trader ma rivolgendosi direttamente al consumatore, come ha fatto, primo tra i produttori di Prosecco, qualche anno fa, Mionetto, con un messaggio semplice ed accattivante . Oggi - conclude Raye - bisogna puntare sulle nuove tecnologie, a partire dai video brevi e dalla loro condivisione sui social”.

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