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L’INTERVENTO

“wine2wine”: la comunicazione del vino secondo WineNews, per raccontare la bellezza dell’Italia

Ne abbiamo parlato nella sessione sul “Giornalismo del vino. Esiste? Che cos’è? Come funziona? A cosa serve?” dedicata alla qualità dell’informazione
COMUNICAZIONE, GIORNALISMO DEL VINO, WINE2WINE, Italia
Il direttore WineNews, Alessandro Regoli

Per riaffermare il vino come cultura, il giornalismo del vino deve rivolgersi fuori dal suo settore, utilizzando un linguaggio non tecnico, ma parlando di più della storia, dell’arte, della cultura, della natura e degli aneddoti che, secondo noi, lo rendono unico. Da oltre vent’anni, la nostra mission è produrre la miglior informazione possibile che si fa sulle notizie e sulle idee originali che nascono dialogando con il settore, con al centro contenuti autorevoli e di qualità. E le emozioni. Perché ci siamo dati un obbiettivo: “evangelizzare”, per raccontare la bellezza del vino italiano, delle sue imprese e dei suoi territori a tutti, avvicinando, appassionando ed educando le persone alla complessità del suo mondo, con autorevolezza ma anche con semplicità. Per questo, molto prima del boom della comunicazione enogastronomica su internet (WineNews è nata nel 1999 ed è online dal maggio 2000, ndr), nel web e nei social network abbiamo trovato lo strumento perfetto, immediato, usato da tutti e “conviviale”, che ci permette di raggiungere in tempo reale il pubblico più ampio possibile. È il messaggio, lanciato da WineNews, a “wine2wine”, il “Business Forum 2022” di scena oggi e domani a Veronafiere a Verona, nella sessione sul “Giornalismo del vino. Esiste? Che cos’è? Come funziona? A cosa serve?” dedicata alla qualità dell’informazione e della comunicazione sul vino oggi (seguirà nelle prossime ore articolo generale sul focus, ndr) con il direttore Alessandro Regoli (di seguito il suo intervento), Luciano Ferraro (“Corriere della Sera”), Alessandro Torcoli (“Civiltà del Bere”), Alessandro Morichetti (“Intravino”), Marco Tonelli (“Spirito Divino”), Fabrizio Carrera (“Cronache di Gusto”) e Fabio Piccoli (“Wine Meridian”), moderati da Chiara Giannotti.

L’intervento - 10 cose che “Non mi Piacciono” del giornalismo del vino, di Alessandro Regoli, direttore WineNews

10) “Non mi Piace” chi dice che il giornalismo del vino non esiste
Chi fa giornalismo del vino deve usare al meglio le notizie che arrivano dalle aziende e dai territori, nell’interesse non di chi le manda o di chi scrive, ma di chi ascolta o legge. Noi italiani siamo i più bravi a raccontare il vino e il cibo, perché fanno parte della nostra vita: nessuno meglio di noi sa trovare il lato “wine & food” anche se si parla di economia, storia, cultura, scienza, politica, cronaca, attualità. Facciamolo, perché è così che appassioniamo al vino le persone. L’interesse delle Denominazioni lo facciamo rilanciando le loro migliori notizie, quelle che “fanno bene” ai loro territori, che li fanno crescere. Oggi la comunicazione del vino sembra più pubblicità che informazione, è settoriale, e così come è alla stampa generalista e più importante non interessa perché la pubblicità la sa trovare da sola. Bisogna essere più originali, professionali (che non vuol dire essere esperti solo di vino) e tempestivi.

9) “Non mi Piace” chi pensa di aver inventato lo storytelling
Oggi chi fa comunicazione non ha inventato niente: ci siamo solo evoluti. Lo storytelling è nato con gli uomini delle caverne, con i maestri del Rinascimento è diventato perfetto, Andy Warhol lo ha reso “Pop”, comunicando solo ciò che era da comunicare. Mario Soldati e Gino Veronelli ci hanno spianato la strada, erano più bravi di noi, perché unendo la cultura alla conoscenza dei vini, dei prodotti e dei territori hanno fatto un grande lavoro di educazione del consumatore, nobilitato il vino a “prodotto culturale” e spinto le persone ad andare nei suoi territori. E lo hanno fatto con i mezzi di comunicazione che avevano a disposizione. Lo storytelling non è che l’evoluzione di quei racconti sui nuovi media, dove oggi si chiamano “wine experience”. Dalla tv si è passati al web, dalla fotonotizia al post. Il passaggio di testimone e l’eredità del passato sono fondamentali come in un nuovo vino.

8) “Non mi Piace” la postalizzazione del nulla
Come diceva Umberto Eco, alla fine tutto questo comunicare è non comunicare. Nell’era digitale dobbiamo guardare prima al web, che agli altri mezzi di comunicazione, e non puoi più pensare a quello che pubblicherai domani, ma ora. Ma dobbiamo sempre produrre la miglior informazione possibile che si fa sulle notizie e sulle idee originali che nascono dialogando con il settore. Un articolo, una nota, un audio, un video, un post, devono essere brevi, semplici, stilisticamente perfetti, con la foto giusta, avere appeal, con al centro contenuti di qualità e le emozioni. O sei banale. La nostra posta, spesso, è un “dejà vu”, non vedi lo sforzo di raccontare, è la “postalizzazione” del nulla. Per renderlo notiziabile su WineNews devi riscrivere tutto da zero: un lavoro enorme.

7) “Non mi Piace” chi se la tira solo perché fa comunicazione
“A proposito di politica, ci sarebbe qualcosa da mangiare?” chiedeva Totò. Il vino e il cibo sono tra gli aspetti più importanti della nostra vita, perché “ci entrano dentro”. Il fighismo e l’egocentrismo non c’entrano niente con il nostro lavoro, perché l’estetica non puoi mai valere più del sapore, nel nostro caso, dei contenuti. I contenuti sono l’essenza del nostro lavoro. E vanno continuamente scoperti e coltivati.

6) “Non mi Piace” chi fa il social
Il digitale ci spinge ad innovare di continuo, ma con la testa. C’è di buono che più che come i salotti di casa, i social sono come i balconi: se esci nudo te lo dicono. Noi lo abbiamo sempre detto che i social non erano da sottovalutare per raccontare il vino e il cibo, perché sono immediati, tutti li usano, connettono il mondo, e i contenuti non ci mancano. Ma se fai comunicazione non puoi solo selfizzare. Un post è professionale se, pur con la sua brevità, è come una fotonotizia. La cultura è qualcosa di codificato, la conoscenza è frutto dell’esperienza, ma essere professionali vuol dire saper usare bene gli strumenti per comunicare. E anche la comunicazione sui social deve essere professionale.

5) “Non mi Piace” chi parla solo di vino
Come mi diceva il critico d’arte ma prima ancora uomo di cultura e conoscenza Philippe Daverio, quando si parla di ciclismo non si deve usare il linguaggio del ciclismo. Per riaffermare il vino come cultura, nelle masterclass e nella comunicazione dei territori e delle imprese si deve parlare un po’ meno di sentori e note degustative, e più, o almeno contemporaneamente, di storia, arte, cultura, natura e degli aneddoti che secondo noi rendono unici i territori dove nasce un vino. Si deve essere inclusivi e non esclusivi, ostentando solo parole tecniche. Anche con il vino dobbiamo fare l’Italia, un Paese di cui tutti vanno matti per la bellezza, il 50% della quale sono vino e cibo: questo è ciò che dobbiamo raccontare.

4) “Non mi Piace” l’autocelebrazione
Non dobbiamo raccontarcela tra di noi, autocelebrarci, ma ricordarci che esiste un mondo intero intorno a noi con cui confrontarsi e al quale trasmettere i veri valori del vino e dell’agricoltura. Noi italiani siamo i più grandi artigiani al mondo, dobbiamo ridare nobiltà al nostro mestiere di comunicatori e fare educazione e formazione continua, a partire dai giovani. Ma siamo anche il Paese dei “salotti letterari”, e le idee migliori nell’arte e nella cultura sono nate dall’incontro tra artigiani e intellettuali, e oggi possono nascere da quello tra produttori e comunicatori. È il “livello magico di pensiero” come dice la grande poetessa Alda Merini.

3) “Non mi Piacciono” i supereroi
Se non solo della Marvel, i “supereroi” non mi piacciono: non puoi comunicare, organizzare eventi, essere l’esperto di turno. Una cosa a cui tengo è il concetto di squadra, fondamentale per raccontare la complessità del vino. Ci vogliono “tecnici”, esperti di economia, marketing, cultura. Non è un lavoro di segreteria, ma creativo. E ci vogliono i giovani che non sono solo futuri consumatori, ma anche comunicatori, perché sanno usare i social e parlare ai loro coetanei.

2) “Non mi Piace” chi ghettizza (e non evangelizza)
Smetterò di lavorare quel giorno in cui la comunicazione enogastronomica finirà di ghettizzare e comincerà ad evangelizzare. Non dobbiamo rivolgersi solo al nostro settore, con degustazioni per esperti che parlano solo agli esperti o con eventi esclusivi troppo esclusivi. L’obbiettivo di WineNews è sempre stato quello di comunicare con originalità, qualità e autorevolezza di contenuti fuori dal nostro settore, per avvicinare le persone al vino, utilizzando il web e i social network. Il vino è il medium per raccontare la bellezza di un territorio e delle sue imprese al “signor Mario Rossi” che non hai mai sentito i sentori di “porro cotto” o di “gambo di ciclamino”. E come possiamo volere che i nostri vini vadano nel mondo, se il mondo non ci capisce? Anche le Denominazioni devono fare “comunicazione territoriale” tra aziende, Consorzi e Amministrazioni, mettendo insieme quello che hanno di più bello, in nome dell’immagine di tutto il territorio.

1) “Non mi Piace” chi non usa scienza e anima
Il vino italiano ha successo nel mondo se esporta prodotti con valore aggiunto, non se soddisfa il suo bisogno. Nella scelta di una bottiglia bisogna avere “buon senso”, nel mondo della comunicazione questo vuol dire capire se quella che hai davanti è una notizia o un contenuto di qualità che emoziona. Il 60% degli esseri umani che hanno avuto successo non ha studiato quasi niente. Non dico di fare così, ma questa percentuale mi intriga perché credo che ci sia un’intelligenza anche di anima, oltre che di studio. La comunicazione si impara facendola. Credo, anche all’interno di WineNews, che la migliore formazione sia quella che si ispira alle “botteghe rinascimentali”. Nel mondo delle imprese come in quello della comunicazione ci vogliono scienza e anima.

Focus - A me piacciono i calici di vino profondi: “Le osterie” di Alda Merini (da “Vuoto d’amore”, 1991)
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello magico di pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
magico l’acre sapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile
della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.

Focus - La storia di WineNews
Nel 1985 di agricoltura e di vino si occupavano solo poche testate o inserti, e prevalentemente in chiave economica. Ma è proprio in quell’anno che il giornalista Alessandro Regoli, direttore WineNews, inizia a lavorare, raccontando il mondo del vino, dell’olio, del miele, dei tartufi e di altri prodotti all’epoca “di nicchia”, insieme alla comunicatrice di impresa Irene Chiari, sua compagna nella vita e nel lavoro. Da allora, non hanno mai parlato solo di un vino dai sentori in bottiglia o per il lancio di una nuova etichetta.
Il caso ha voluto - o forse no - che anche un nuovo modo di considerare e comunicare il cibo nascesse con Slow Food in quel periodo, dallo stesso territorio e dal medesimo “humus culturale”, agricolo e contadino, povero e genuino, in fermento e ad una svolta epocale. E proprio grazie al vino, una fonte inesauribile di storie del passato, del presente e di tendenza per il futuro, che diventano di interesse generale se legate alle migliori notizie di attualità di un territorio e con “ricadute” positive su un territorio. Notizie di agricoltura, ma anche di economia, cultura, scienza, persino di politica e cronaca, che informano un pubblico potenzialmente vastissimo perché non parlano solo di vino, ma lo avvicinano, e lo educano, al suo mondo complesso, intercettando passioni diverse.
Se ad “illuminare” la strada di WineNews sono stati i maestri del giornalismo enogastronomico italiano Mario Soldati e Luigi Veronelli, per la loro capacità di comunicare e coinvolgere in un percorso di crescita sia culturale che delle produzioni il vino italiano, ma anche personalità come il critico d’arte ed uomo di cultura e conoscenza Philippe Daverio, maestro nell’unire mondi come l’arte e il vino per raccontare l’Italia, l’idea è sempre stata quella di trovare il lato “wine & food” in ogni notizia, di andare oltre la settorialità, di fare “comunicazione territoriale”. Oggi produrre vino e fare agricoltura significa pensare al futuro, ai giovani, all’ambiente, alla qualità, alla sicurezza alimentare. Ma è nella provincia italiana che dalle utopie continuano a nascere grandi storie che raccontano il ruolo dell’agricoltura nel riscatto dei territori, che oggi si chiama “sostenibilità”.
Quando le loro storie hanno iniziato ad uscire sulla stampa generalista, hanno capito che potevano costruirle loro stessi, puntando sulla qualità delle notizie allo stesso modo in cui i produttori stavano scommettendo sulla qualità dei loro vini. Potevano farlo con una loro testata che però, conoscendoli, non poteva e non doveva essere “normale”, ma sul web, strumento nel quale la comunicazione può essere “local & global”, multi-esperienziale e multidimensionale, coinvolgente, veloce e in tempo reale, oggi grazie anche ai social network. Nel 1999, molto prima del boom dell’enogastronomia sul web, hanno inventato un’agenzia quotidiana di comunicazione online sul vino e il cibo, e nel maggio 2000, con il lancio del primo sito internet, è nata WineNews.it. Che, oggi, grazie all’incessante lavoro di invio dei suoi migliori articoli alle più importanti ed autorevoli testate giornalistiche italiane ed internazionali, aspetto fondamentale che ha sempre caratterizzato e contraddistinto il metodo di comunicazione WineNews, è il punto di riferimento a livello nazionale e non solo per le notizie sul mondo del vino e del cibo italiano.

Focus - WineNews
WineNews è un’agenzia quotidiana di comunicazione online sul mondo del vino e del cibo, diretta da Alessandro Regoli, giornalista pubblicista, e fondata con la moglie Irene Chiari nel 1999, da precedenti esperienze (dal 1985, ndr) documentate nel wine & food. Dell’“ecosistema” digitale di www.winenews.it, online dal 2000 e punto di partenza per navigare nel caleidoscopio dei nostri contenuti, fanno parte la web tv www.winenews.tv, e le newsletter: “La Prima di WineNews”, quotidiana e con le notizie più importanti del giorno; “Italian Weekly WineNews”, settimanale e solo in inglese, con il “best of” delle news dall’Italia per un pubblico internazionale; “I Vini di Winenews”, settimanale e con le nostre etichette preferite, degustate in giro per l’Italia e il mondo, in cantina o agli eventi, ma anche quelle che beviamo ogni giorno a tavola; e “I Quaderni di WineNews”, mensile e con “monografie” di appunti di degustazione e critica enologica dedicati ai territori simbolo del vino italiano.
Sempre più protagonisti della comunicazione wine & food, WineNews è presente sui principali social network seguita da 155.000 followers, con un canale YouTube (@winetv), e i profili Twitter (@WineNewsIt), Facebook (@winenews), Instagram (@winenewsit) e LinkedIn (@winenewsit, l’“ultima sfida”).
Da più di venti anni la filosofia di WineNews - che fa parte di Symbola, la Fondazione per le Qualità Italiane, è produrre la miglior informazione possibile, e non è mai cambiata, si è evoluta di pari passo con le epoche che sta attraversando e con l’innovazione tecnologica, per raccontare il vino e il cibo a tutti con autorevolezza e qualità di contenuti, ma anche con immediatezza e semplicità. Nel 2021 WineNews ha “connesso” i protagonisti del settore con 3,1 milioni di utenti nel mondo.

Focus - Dentro e fuori la bottiglia
L’“industria” del vino si sta riprendendo dallo shock della pandemia. L’e-commerce e gli acquisti di vino online - comprese le aste - hanno fatto registrare un boom nei lockdown, e in tutto il mondo i consumatori sono diventati più “intimi” con il vino, grazie ad un rinnovato interesse, e godendo più frequentemente di una buona bottiglia anche a casa. Con le riaperture dei ristoranti anche i consumi fuori casa hanno ripreso, a partire dalle grandi metropoli. Dopo l’ennesimo record 2021, come previsto e tra guerra e caro prezzi, l’export del vino italiano frena, segnando comunque +13% nei primi 7 mesi 2022 a 4,5 miliardi di euro (dati Istat analizzati da WineNews), grazie ad Usa, Germania, Uk, Francia e Canada, con il recupero del Giappone, mentre continua il calo di Russia e Cina.
Paesi dai quali, però, i turisti sono tornati a viaggiare in Italia, attratti dalle bellezze dei nostri territori, che non abbiamo mai smesso di raccontare, e dove le Denominazioni stanno capendo - finalmente e lasciando da parte gli individualismi - che per essere competitivi vanno promosse insieme e tradotte in “wine experience”.
In generale, il vino con la sua cultura (e le sue “imprese”, creative e resilienti perché la vita nel vigneto continua a prescindere dal virus), ha donato alle persone socialità, amicizia, del tempo per sé e calore. Quei piaceri, cioè, che ci farà sempre riscoprire.

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