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2016 anno di svolta nella lotta al caporalato, con norme più severe ed un percorso condiviso con la filiera. Così i Ministri delle Politiche Agricole, Martina, della Giustizia, Orlando, e del Lavoro, Poletti, nell’incontro di scena oggi a Roma

“La lotta al caporalato non va in vacanza, e il 2016 dovrà essere l’anno di svolta. E il disegno di legge presentato dal Governo che andrà ora in Senato, alla ripresa dei lavori, può essere la svolta”. Lo ha detto il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, nell’incontro di scena oggi, nel suo Ministero, con Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, e Giuliano Poletti, del Lavoro, co-firmartari del disegno di legge sul caporalato approvato in Consiglio dei Ministri il 13 novembre - il presidente dell’Inps Tito Boeri, le parti sociali, le organizzazioni agricole e le imprese della grande distribuzione (Gdo) e dell’industria alimentare.
“Questo lavoro di lotta al caporalato - ha sottolineato il ministro Martina - è continuo, quotidiano. Bisogna crederci sulla “Rete del lavoro agricolo di qualità”, su questa idea di validazione della qualità e etica nel lavoro nel settore primario e per questo oggi abbiamo incontrato le imprese e le parti sociali”. Rete che, in verità, ad oggi non ha ricevuto grandi consensi: al 14 dicembre, dalla nascita della Rete (1 settembre 2015), solo 207 domande sulle 669 presentate (su oltre 1,5 milioni di imprese agricole in Italia) sono state accolte, secondo l’Inps.
Tuttavia, “credo che la Rete sia un tratto discriminante in positivo - ha detto Martina - e che possa essere un tratto di riconoscibilità soprattutto in alcuni territori. Inoltre la norma - ha concluso il Ministro Martina - per la prima volta prevede un Piano di accompagnamento dei lavoratori stagionali con ingaggio del Terzo Settore, a partire dal Piano di accoglienza dei lavoratori stagionali”.
Nel disegno di legge (ddl) cambiano anche le pene per i reati sul caporalato. “Non si tratta solo di un inasprimento delle pene ma di un cambiamento della natura delle stesse - ha sottolineato il Ministro della Giustizia Andrea Orlando - per i caporali non solo mera sanzione reclusiva , ma si interviene con strumenti di carattere patrimoniale, dal sequestro alla confisca anche del patrimonio accumulato con attività illecite. Credo sia importante che di questa gamma di strumenti si possa disporre e che possono avere più forza della detenzione. Inoltre - ha continuato Orlando - è importante anche la tutela delle vittime del caporalato dopo l’intervento repressivo. E non solo per equità ma anche per creare collaborazione con chi è stato sfruttato. E il fatto che tre Ministri, le associazioni e le imprese siano qui è segno - ha concluso Orlando - di una volontà politica chiara, non marginale, e anche di carattere strategico. Ed è importante che se ne parli oggi lontano dalla stagione di raccolta e da fatti di cronaca”.
“La lotta al caporalato passa attraverso la nuova legge - ha aggiunto il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti - ma anche col rafforzamento dei controlli. Lavoreremo insieme con l’Inps e l’Ispettorato del Lavoro come già fatto l’estate scorsa quando abbiamo trovato il 50% dei lavoratori stagionali in irregolarità. Il fenomeno del caporalato dunque c’è, e si concentra nei momenti della raccolta agricola. Il lavoro di lotta va fatto in tutta Italia, indipendentemente dallo stato di attuazione della legge che avrà i suoi tempi parlamentari. Altro tema importante è l’accoglienza che va organizzata, finora è stata supportata dalle associazioni caritatevoli e dal volontariato. Oggi non sono quantificabili risorse “ad hoc”, ma per quanto riguarda il Ministero del Lavoro useremo quelle legate all’associazionismo. La cosa importante è far coagire tutti i soggetti e la novità rispetto al passato è che ci sarà una cabina di regia con partecipazione sia pubblica sia di privati. Siamo di fronte ad un fenomeno che ha una lungo storia alle spalle e che oggi non è in emergenza ma è urgente. Dobbiamo risolverlo, vogliamo veramente bonificare”, ha concluso Poletti.
Plaudono a questo rinnovato impegno le organizzazioni agricole. Come Coldiretti, secondo cui “l’introduzione del principio di corresponsabilità dal campo allo scaffale è una importante novità positiva nella lotta al caporalato, che si alimenta dalle distorsioni lungo la filiera, dalle distribuzione all’industria per arrivare a sottopagare i prodotti nelle campagne”, ha settolineato il presidente Roberto Moncalvo. “Abbiamo iniziato un percorso per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali - ha sottolineato Moncalvo - ci sia una storia di qualità che riguarda l’ambiente, la salute ed il lavoro, con una equa distribuzione del valore. E questo non è possibile se i pomodori nei campi sono sottopagati a 8 centesimi al chilo e le arance ancora di meno. Occorre combattere senza tregua il becero sfruttamento che colpisce spesso la componente piu’ debole dei lavoratori agricoli, con pene severe e rigorosi controlli. E per questo dobbiamo impegnare le nostre forze - ha concluso Moncalvo - in una operazione di trasparenza in grado di distinguere chi oggi opera in condizioni di sfruttamento e di illegalità da chi produce in condizioni di legalità come la stragrande maggioranza delle imprese agricole che hanno assunto regolarmente oltre un milione di lavoratori, di cui 322.000 immigrati, provenienti da ben 169 diverse Nazioni”.
“Siamo da sempre in prima linea contro lo sfruttamento del lavoro. Fenomeni inaccettabili per un Paese civile. Ma la maggioranza delle aziende agricole è sana e deve fare i conti con costi produttivi e burocratici insopportabili, perdendo competitività sui mercati”, commenta la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, che aggiunge: “siamo da sempre in prima linea contro l’illegalità nei campi. Il fenomeno dello sfruttamento del lavoro è inaccettabile per un paese civile, oltre a questo i gravi episodi che emergono dalle cronache danneggiano fortemente l’immagine di un settore composto per la maggioranza da imprese sane che, tra mille difficoltà, contribuiscono in modo importante all’economia del nostro Paese. Lo sfruttamento del lavoro, tra l’altro, falsa la competizione e le sue regole, già difficili da reggere per l’agricoltura italiana, che deve affrontare il mercato mondiale sostenendo costi troppo alti del fare impresa e margini troppo bassi di reddito rispetto i competitori internazionali. Ben vengano norme che inaspriscono le pene per i reati gravi di sfruttamento e di intermediazione - aggiunge la Cia - purché siano norme capaci di colpire in modo mirato il caporalato e chi se ne avvale in modo consapevole e si affermi definitivamente l’orientamento dell’azione ispettiva verso le situazioni di grave violazione delle norme e dei contratti. Per quanto riguarda le norme di tipo normativo-amministrativo proposte nel Ddl, quali il monitoraggio occupazionale tramite il sistema Uniemens e l’introduzione di indici presuntivi di accertamento di manodopera, Cia ritiene che non si possa combattere il caporalato a colpi di burocrazia perché questa non andrà che ad insistere sulle aziende regolari, lasciando indisturbato chi opera nell’ombra dell’illegalità. Vanno, invece, affermate norme premiali , anche sotto forma di semplificazione, per le imprese che aumentano l’occupazione, e scardinati quei meccanismi che non invogliano né le aziende né i lavoratori a denunciare giornate di lavoro realmente effettuate. La Rete del lavoro agricolo di qualità che il disegno di legge vuole rafforzare è un strumento utile - conclude la Cia - ma ancora troppo poco diffuso per poter pensare di concentrare su di esso tutta la premialità e gli incentivi al settore. Tuttavia fa parte di quel cambio di passo nella pubblica amministrazione che ha compreso l’importanza delle azioni positive e non solo di quelle repressive. Accanto a queste serve un’azione concertata a livello locale tra istituzioni e parti sociali per trovare soluzioni pratiche, semplici ed intelligenti nei casi di picchi di fabbisogno di manodopera dovuti ad emergenze produttive o alle campagne di raccolta”.
Positivo anche il commento di Confagricoltura, che “sull’inasprimento del sistema sanzionatorio per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, pur comprendendo le ragioni ispiratrici, auspica che le norme penali ipotizzate siano equilibrate e vadano a colpire i veri criminali, ossia coloro che organizzano l’attività di intermediazione illecita e se ne avvantaggiano economicamente”, ha detto il presidente Mario Guidi. “È inoltre essenziale - ha proseguito Guidi - introdurre misure finalizzate a favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, assolutamente necessarie se si vuole combattere efficacemente il caporalato e lo sfruttamento, a partire dagli sgravi per l’assunzione dei lavoratori a tempo indeterminato, previsti sia nella legge di Stabilità dello scorso anno, sia in quella recentemente approvata, ma con limiti che li rendono praticamente inapplicabili”. Il rafforzamento del ruolo e delle funzioni della Rete del lavoro agricolo di qualità, previsto nel disegno di legge, aggiunge Confagricoltura, “è sicuramente utile a favorire il pieno utilizzo di questo importante strumento, anche se è necessaria una riflessione sulle ragioni che hanno fatto registrare, in questi primi mesi, un numero di richieste di adesione inferiore alle aspettative”.
“La rete non ha dato i risultati aspettati, anche se le aziende finora iscritte sono per la maggior parte associate a Confagricoltura, a partire dalla mia - ha evidenziato Guidi - il motivo è che i requisiti previsti per l’iscrizione, soprattutto di carattere amministrativo, sono eccessivamente rigidi e precludono la possibilità di aderire alla Rete anche ad aziende destinatarie di sanzioni amministrative per violazioni lievi e di carattere meramente formale, rispetto alle quali hanno già provveduto alla regolarizzazione della violazione ed al pagamento della sanzione. Inoltre le aziende temono che l’iscrizione alla Rete possa rappresentare un ulteriore inasprimento dei controlli nei loro confronti. L’obiettivo della legge, invece, è proprio l’opposto: concentrare i controlli sulle aziende agricole non iscritte. Le imprese su questo punto vanno rassicurate e, possibilmente, anche incentivate economicamente”. L’aspetto su cui invece Confagricoltura si dice nettamente contraria è “l’introduzione di un criterio induttivo di valutazione della congruità della manodopera occupata, al quale potrebbe essere legata non solo l’iscrizione alla rete, ma anche l’eventuale concessione di agevolazioni e erogazioni. Si tratta - ha commentato il presidente di Confagricoltura - di una misura di dubbia legittimità costituzionale che rischia di penalizzare, paradossalmente, proprio le aziende innovative, che ottimizzano i fattori di produzione e che razionalizzano l’utilizzo di risorse umane”.

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