In un trend di consumi in crescita continua da 12 anni, anche il 2018 si chiude con la conferma dell’exploit all’estero degli spumanti made in Italy: escluso i vini frizzanti che mantengono e consolidano il dato 2016-2017 per 220-230 milioni di bottiglie spedite all’estero, sono esattamente 492,8 milioni le bottiglie di bollicine italiane consumate nell’intero anno in 124 Paesi. Il 99,5% del totale è rappresentato da bolle “metodo italiano” e di queste l’80% esatto è dato dall’universo del Prosecco, Docg e Doc, compreso Asolo e Cartizze. Lo dicono i dati definitivi dell’Ovse-Ceves, secondo i quali ad un valore medio dichiarato in cantina di 3,25 euro a bottiglia, corrisponde alla dogana un valore medio di 4,69 euro a pezzo. Per tutte le bottiglie esportate il valore alla partenza in cantina è di 1,6 miliardi di euro, che diventano 2,35 alla spedizione e, sul mercato mondiale al consumo, genera un fatturato pari a 5,5 miliardi di euro. Una bandierina tricolore significativa per il made in Italy, e assistiamo, nel 2018 sul 2017, a trend di crescita, non in tutti, ma nei principali Paesi tra il +5-9% in volumi e il +8-15% in valori.
Gli spumanti italiani continuano a salvare tutto il mercato all’estero del vino italiano, anche se valore origine e fatturato dei vini spumanti francesi resta più del doppio, seppur con 2/3 della nostra produzione, il gap sta riducendosi soprattutto come valore al consumo. Al consumo diretto, per operatori simili, i prezzi non vanno oltre il doppio e parliamo di una bottiglia di Prosecco con una di Champagne. In 10 anni è stato recuperato il 50% del gap tra i due competitors. Il rapporto cambia se si guarda alle etichette leader francesi. Siamo ancora indietro sul numero e ampiezza dei mercati: il Cava entra in 135 Paesi e lo Champagne in 190.
In Uk, principale destinazione di bollicine italiane con il miglior rapporto valore su volumi, su 200 milioni di bottiglie consumate nel 2018, ben 124 milioni sono tricolori di cui 113 solo di Prosecco. In Usa spediamo 95 milioni di bottiglie di cui 78 di Prosecco. La Germania resta il primo Paese consumatore al mondo di vini con le bollicine: circa 1,7 miliardi di bottiglie tra spumanti e frizzanti; su 100 milioni di bottiglie importate, 34 sono italiane di cui 20 di Prosecco. In Russia, dove l’embargo salva il vino italiano, l’Italia ha ricominciato a crescere arrivando a 22 milioni di bottiglie. In Francia, nuovo record, oltre 11 milioni di bottiglie tra cui molto bene qualche bollicina di Franciacorta e Cartizze, benissimo per i brand di Prosecco più noti. Il Canada, rispetto agli altri Paesi tradizionali, fa segnare un calo dei volumi, dicono, per riposizionamento di alcuni scaffali del monopolio, ma anche per nuovi contratti con i francesi e i prezzi stracciati dall’Australia. Le bollicine tricolori non sfondano in Cina, mercato cui tutti tendono: c’è il consolidamento dei leader, mentre non crescono i volumi dei brand giovani nuovi.
Il Prosecco Doc è la locomotiva e anche i vagoni: la Docg è una nicchia in crescita ma necessita di una identificazione/connotazione più dedicata. Bene volumi e valori ma non è sufficiente per mantenere le posizioni nel lungo periodo: in Uk sono state spedite 6 milioni di bottiglie, in Germania altri 6 milioni, in Svizzera 5,5, in Austria 4,5, in Usa 4,5 , in Canada 1,5 per un totale mondiale di circa 40 milioni di bottiglie. Bene nei Paesi Scandinavi, Svezia su tutti, ma la globalizzazione colpisce ancora: nelle enoteche di Systembolaget è in vendita una bottiglia di Prosecco Doc Martini a 85 Corone e un Freixenet Prosecco Doc Italien Venetien a 99 Corone. Nel 2018 anche Francia e Australia fanno meglio degli anni precedenti nel mondo, ma quello che stupisce è il forte trend per il Cava in alcuni paesi maturi e in quelli di nuova introduzione.
“Nei mercati esteri - sottolinea Giampietro Comolli, presidente di Ceves e Ovse - anche il Prosecco è consumato fuori pasto come un Brunello, un Bolgheri, ed è maggiore la destagionalizzazione, così come l’interesse per il rosè. Nel 2018 abbiamo registrato una forte introduzione di bollicine italiane in ristoranti importanti non italiani, ma è in aumento anche il consumo domestico e va forte l’acquisto online. I produttori italiani sono fortemente in ritardo: il grande margine di guadagno con l’e-commerce, circa il 50% del valore iniziale, è tutto per i distributori e le piccole piattaforme degli importatori. Ci sono mercati esteri in crescita, altri che stentano: su questo bisogna ragionare e capire. In Usa e Uk è stato trovato un modello perfetto, quello che c’è in Germania va modificato” .
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