Gli agriturismi hanno già fatto il pieno di prenotazioni per le feste, trascorrere il Natale in cantina è il nuovo trend per gli appassionati del buon bere, e con la scusa di scegliere i regali sono sempre più numerose le persone si recano durante il week-end ad acquistare le bottiglie direttamente dai produttori: insomma, il turismo del vino va forte. Eppure non c’è da dormire sugli allori: secondo il professor Fabio Taiti, direttore del Censis Servizi ed “osservatore” privilegiato del fenomeno enoturismo (molti gli studi del Censis che hanno analizzare il comparto negli ultimi anni) occorre al più presto delineare strategie vincenti per il futuro, perché i problemi non mancano. I più evidenti ? L’effetto “galassia” e la mancanza di pianificazione a medio-lungo termine.
Professor Taiti, qual è dunque lo “stato dell’arte” del turismo del vino in Italia ? “Se guardiamo ai numeri, il turismo del vino sembra vivere una fase ancora molto positiva: 3 milioni di arrivi, 8 milioni di presenze, 1.500 milioni di euro di fatturati. Ma se guardiamo alle tendenze, le prospettive appaiono meno rassicuranti, e ciò per almeno due motivi. In primo luogo per la grandissima disparità che è dato riscontrare tra le diverse mete e situazioni, tanto che il turismo del vino sembra più simile in questo momento ad una galassia di offerte che ad un sistema di destinazioni tematiche. In secondo luogo, per la evidente carenza di una strategia interna di progressione: dopo il movimentismo creativo e moltiplicativo dei primi anni, il turismo del vino sembra trovare molte difficoltà ad affrontare una fase adulta qualitativamente evoluta dell’offerta, certamente più impegnativa e meno immediatamente portatrice di risultati. Ciò vale in particolare per le Strade del Vino, le cui realtà solo in pochi casi corrispondono alle promesse degli organizzatori e alle aspettative dei consumatori… In sostanza stiamo vivendo una fase di sospensione e di attesa, tra un “non più” e un “non ancora”.
Quali allora le possibili vie d’uscita ? Da questa situazione è necessario uscire rapidamente: valorizzando il sistema vino, come settore che rappresenta la locomotiva delle nostre migliori capacità produttive nazionali; investendo nei distretti enologici, come presidi territoriali della dimensione critica adatta a valorizzare sinergicamente vino e turismo; lavorando per progetti concreti compartecipati tra i soggetti pubblici e privati, orientati al fare e ai risultati più che alle supremazie di ruolo. In conclusione, c’é un potenziale enorme di “fatturabile” di almeno altri 2000 milioni di euro che aspetta di essere valorizzato nei giacimenti del nostro territorio profondo, per andare incontro alle attese di una domanda di turismi e di vino ormai più attenta a vivere esperienze di significato che avventure di presenzialismo”.
Eleonora Ciolfi
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