Le Città del Vino tornano a chiedere, in sede di Finanziaria, una norma “che introduca la facoltà per i sindaci di estendere l’applicazione dell’Ici anche a quei fabbricati rurali, o a quella parte di fabbricati rurali, adibiti ad abitazioni o ad agriturismi: “si tratterebbe di una norma di equità e consentirebbe ai molti piccoli Comuni di reperire risorse importanti - spiega il presidente Paolo Saturnini - Le risorse a disposizione dei piccoli Comuni non sono spesso commisurate alla necessità di fornire servizi su territori molto vasti e residenze molto disperse. Inoltre, introducendo la facoltà e non l’obbligo di applicazione di questa norma, si potrebbe fare un passo in avanti nella direzione del federalismo fiscale e si darebbe l’opportunità di valutare localmente, situazione per situazione, la necessità e l’opportunità di applicare o meno la norma stessa”.
Città del Vino: le altre richieste al Governo
Ma le Città del Vino non chiedono solo più federalismo fiscale: nei prossimi 5 anni, i territori del vino d’Italia desiderano “che siano finanziati una serie di progetti per il miglioramento della vita nelle zone rurali. Iniziative di estrema importanza e di portata nazionale che poggiano su tre aspetti: il territorio, l’agricoltura, l’ambiente (da qui la richiesta di una diffusione della certificazione di qualità Iso 14000, che potrebbe consentire non solo il coinvolgimento dei produttori, ma anche una ulteriore attestazione di peculiarità di tutta la filiera vitivinicola del territorio comunale). Ma c’è di più. Uno dei punti fondamentali delle Città del Vino è la semplificazione della burocratizzazione in agricoltura: ovvero l’istituzione di uno sportello unico del vino, da proporre, in forma sperimentale, in un campione di 100 comuni legati a produzioni di eccellenza. Quindi, il progetto che prevede iniziative a sostegno del turismo rurale e strade del vino, con quest’ultima che si è rivelata un efficace strumento di promozione turistica che integra le diverse realtà economiche e sociali interessate.
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