WineNews riporta qui sotto lo studio a supporto del dibattito parlamentare in corso, in merito alla proposta di riforma dell’Organizzazione comune del mercato (Ocm) del vino, avanzata dalla Commissione delle comunità europee.
Lo studio risponde alle quattro richieste del Parlamento: (1) fare una breve sintesi della situazione del mercato vinicolo nell’Europa a 25 degli ultimi sei anni, (2) effettuare una valutazione dei difetti dei meccanismi dell’attuale Ocm, (3) condurre un’analisi critica delle proposte della Commissione e (4) elaborare proposte concrete per la riforma dell’Ocm.
1. La situazione del mercato vinicolo
L’analisi della situazione dei mercati vinicoli a livello tanto europeo quanto mondiale concorda in gran parte con quella della Commissione sulle principali tendenze in atto. Ciononostante, abbiamo evidenziato delle divergenze di valutazione in merito ad alcune di queste tendenze, nonché l’insufficiente considerazione dei meccanismi di mercato sottesi, della suddivisione di questi mercati per paesi d’origine, per categoria e per prezzi, infine della grande eterogeneità dei flussi di scambio sia interni all’Europa sia fra l’Europa e il resto del mondo. A livello di potenziale di produzione, l’Europa ha estirpato i suoi vigneti negli anni Ottanta e Novanta, proprio mentre il nuovo mondo procedeva a ulteriori impianti. La successiva Ocm del 1999 ha capovolto la tendenza, ma ben presto si è dovuta confrontare con la sovrapproduzione e gli impianti illeciti. Essa promuove una nuova ondata di estirpazioni in reazione a una crisi in parte congiunturale. La produzione e le rese presentano ampie fluttuazioni, fonti di crisi congiunturali, che diventano strutturali per mancanza, al tempo stesso, di assorbimento sufficiente delle distillazioni di crisi da parte dei mercati e di possibilità d’incremento degli sbocchi, di fronte a concorrenti molto potenti. La produzione ha ugualmente continuato la sua crescita fuori dall’Europa e la situazione attuale resta fortemente segnata dalla sovrapproduzione mondiale del 2004. Al di là della congiuntura, le tendenze delle rese sono contrastate in maniera diversa a seconda del tipo di vigneto. I vigneti estensivi a bassa resa si riconvertono in vigne produttive, irrigate in modo da diventare vitigni miglioratori, mentre i vigneti molto produttivi si riconvertono in vitigni miglioratori a resa più bassa. La performance produttiva dei vigneti acquista dunque un senso solo nei casi in cui la produttività è adattata al binomio prodotto-fascia di mercato. Il consumo si è in media stabilizzato, continuando a scendere nei paesi produttori tradizionali e ad aumentare nei paesi consumatori non produttori. La tendenza in Europa è, mediamente, di quasi stabilità, mentre è in leggera crescita a livello mondiale. Alcuni paesi presentano crescite eccezionali (Regno Unito, Stati Uniti). Gli scambi internazionali continuano ad aumentare, restando molto diversificati e complementari per qualità, colore e prezzo. Gli scambi intraeuropei hanno un ruolo essenziale, mentre si osservano differenze molto grandi fra i mercati. La concorrenza con i paesi del nuovo mondo si accentua principalmente in riferimento ai due mercati in crescita e molto contesi: il Regno Unito e gli Stati Uniti. Le esportazioni dell’Unione europea a 25 sono in aumento dal 2001 (dopo la diminuzione del 2000), ma la crescita è inferiore a quella dei paesi del resto del mondo. Per contro, a livello di valore unitario, il ritmo di crescita supera del 33% quello dei paesi non facenti parte dell’Unione Europea a 25. Dal 2001 la differenza è passata da 0,4 a 0,7 dollari Usa al litro, ma la metà dell’aumento è da attribuirsi alla variazione del tasso di cambio. La crisi e le fluttuazioni dei tassi di cambio hanno inasprito la guerra dei prezzi. L’analisi del mercato mondiale, riguardo all’Ocm del vino, richiama l’attenzione direttamente sui fattori di competitività presenti in un mercato molto differenziato a seconda dei paesi, e molto frazionato all’interno di ciascuno di essi. Gli ettari in surplus varieranno a seconda dell’ubicazione, della resa, della natura dei prodotti che forniscono, della classificazione a norma di legge e del livello dei prezzi nel mercato di destinazione. Trovare un equilibrio con una pianta perenne sensibile alle fluttuazioni climatiche, a questo livello di precisione e in presenza di una molteplicità d’attori, rasenta il miracolo. Fra la diminuzione dei consumi e l’erosione dell’esportazione del biennio 2003-2005 da una parte e la forte produzione dall’altra, le distillazioni non hanno potuto eliminare sufficienti eccedenze dal mercato. L’analisi dei surplus ci conferma che il carattere facoltativo della distillazione di crisi, la scarsa efficacia nello stimolare i prezzi e la sua tardiva attuazione non le permettono di raggiungere l’obiettivo della stabilizzazione del mercato assegnatole dall’Ocm.
2. Valutazione del mancato funzionamento dei meccanismi dell’Ocm
La riforma dell’Ocm del vino del 1999 ha mantenuto i principali obiettivi della Politica agricola comune (Pac) modificando i suoi “strumenti”: scomparsa della distillazione obbligatoria che controllava la resa in termini di vini da tavola, soppressione del prezzo di orientamento, introduzione della distillazione di alcol ad uso alimentare, abile gestione del potenziale mediante riserve di diritti, riconoscimento dei raggruppamenti di produttori e dei comitati economici. La gestione del potenziale di produzione è diventata una questione delicata. La semplice strategia dell’eliminazione dei vigneti degli anni Ottanta non è più adatta, ma la gestione del potenziale è fortemente influenzata dalle analisi degli ultimi bilanci congiunturali che precedono la decisione. La politica alla base di questa gestione è stata caratterizzata da una serie di "stop and go". Essa non ha anticipato l’effetto, sulla produzione, della riconversione qualitativa spagnola (e probabilmente di una parte dell’Italia meridionale) con i suoi aumenti indotti delle rese. Il modello di riconversione era un modello basato sul perseguimento di una politica di qualità associata alla diminuzione delle rese ottenuti con vitigni miglioratori (modello linguadocano). La realizzazione simultanea di un’estirpazione definitiva e di una riconversione di tipo linguadocano accelerava la riduzione della produzione. La distribuzione di nuovi diritti di impianto e la riconversione di tipo Castiglia-La Mancha hanno a loro volta accelerato la crescita dell’offerta. I regimi di distillazione sono costosi in virtù della loro stessa strutturazione. I regimi sono separati e il mercato alcolico e vinicolo è interamente amministrato senza revisione di prezzo da più di 20 anni. Il costo delle prestazioni vinicole è associato alla loro unica valorizzazione come alcol industriale. La distillazione di alcol ad uso alimentare ha raggiunto i suoi obiettivi: rifornire regolarmente il mercato dell’alcol come materia prima per realizzare alcolici. Anche se basso, il prezzo del vino avviato alla distillazione ad uso alimentare funziona in realtà come un prezzo minimo e rappresenta uno sbocco sicuro per un certo numero di produttori di vini da tavola. L’alcol prodotto è quindi complessivamente eccedentario e il suo mercato non è gestito, dato che il suo equilibrio si raggiunge semplicemente tramite uno “smaltimento” verso usi industriali a basso prezzo. La distillazione di crisi è praticata in maniera molto irregolare. Essa costituisce la sola modalità d’intervento significativo in caso di crisi grave, ma il suo utilizzo pone il problema dei prezzi bassi (in quanto essi non rappresentano un incentivo) e uniformi quale che sia il paese e la qualità dei vini; inoltre, la sua sottoscrizione è facoltativa e pertanto fonte di "free riding". Infine, essa è costosa a causa del suo "smaltimento" verso l’alcol industriale. I sussidi per l’utilizzazione dei mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati sono giustificati dal rispetto della "legge unica" mirante a compensare la differenza dei costi di arricchimento esistente fra i metodi, le regioni e i produttori autorizzati o meno a farne uso. Le possibilità di arricchimento favoriscono l’incremento delle rese, ma la necessità di un metodo in grado di correggere gli effetti delle fluttuazioni climatiche non può essere ignorata. Gli effetti sui volumi sono diversi per il metodo di sottrazione (Mc, Mcr) e il metodo di aggiunta (saccarosio). Le pratiche enologiche sono determinanti nella competizione con i paesi del nuovo mondo a causa del loro impatto sui costi. Le argomentazioni portate sono accettabili in entrambi i gruppi di paesi produttori; benché numerose considerazioni risultino dalle discussioni tecniche, è giocoforza constatare che si tratta piuttosto di un confronto fra due "filosofie del prodotto". Nel complesso, certe critiche dell’Ocm del vino formulate dallo studio Innova e dai documenti della Commissione si riferiscono più alle modalità di attuazione delle misure che ai veri e propri meccanismi dell’Ocm attualmente esistente:
(1) non è l’introduzione dei premi di estirpazione o della riconversione qualitativa a porre problemi, ma il fatto di utilizzare questi strumenti in misura eccessiva o insufficiente, o ancora di non tener conto sufficientemente delle conseguenze delle decisioni prese come nel caso dell’aumento delle rese in Castiglia-La Mancha e in Italia meridionale;
(2) allo stesso modo, l’assenza di stabilizzazione dei mercati lascia gravare un eccesso d’offerta che non permette di ristabilire gli equilibri in termini di prezzi e di redditi;
(3) l’efficacia e il costo delle distillazioni derivano da una scelta di politica economica compiuta anteriormente, vale a dire quella di rifornire il mercato dell’alcol a un dato livello di quantità e di prezzo.
La valutazione delle "disfunzioni" dell’Ocm deve piuttosto prevedere il possibile adattamento dei meccanismi (1) sia rispetto al cambiamento degli obiettivi della politica agricola comune o vinicola (ambiente, obblighi dell'Organizzazione mondiale del commercio, sviluppo rurale), (2) sia rispetto ai nuovi vincoli di bilancio (riduzione delle spese, adesione di nuovi Stati membri), (3) sia rispetto all’evoluzione della concorrenza mondiale con la prevalenza dei paesi del nuovo mondo. In realtà ci sembra difficile mantenere dei meccanismi tradizionali d’intervento sul mercato attraverso il controllo dell’offerta, quando non esistono praticamente più barriere tariffarie agli scambi. Ci sembra essenziale, nell’ambito dell’attuale progetto di riforma, che obiettivi e mezzi siano chiaramente fissati e posti in ordine di priorità prima di fare scomparire il tale o il talaltro strumento esistente.
3. Disamina critica delle proposte della Commissione
L’estirpazione massiccia e indiscriminata così com’è proposta si presta a numerose critiche: è inefficace nel contesto di un’Europa commercialmente aperta sul mondo, il segnale dato ai concorrenti è controproducente. L’iniziativa è in totale contraddizione con la politica degli ultimi sette anni in materia e trascura il problema degli impianti illeciti. L’estirpazione appare come la sola possibilità di soluzione a breve termine per i produttori in difficoltà e la selezione si fa più in base all’attitudine a resistere alla crisi che alle performance produttive. La proposta ignora le strategie sviluppate dai produttori che vi fanno ricorso. L’estirpazione fa ugualmente scomparire una coltivazione ecologica e che favorisce il ripopolamento, che non ha alternative, nelle regioni altrimenti destinate alla desertificazione, e ciò in contrasto con gli obiettivi della Pac. I diritti d’impianto rappresentano lo strumento principale di una politica ponderata di sviluppo settoriale. Le argomentazioni contro i costi e le economie di scala sono deboli se confrontate con la volatilità dei mercati e con la destrutturazione settoriale che ne seguirebbe. La scomparsa dei diritti d’impianto favorirebbe quindi la delocalizzazione dei vigneti, lo sviluppo di grandi imprese più adatte al movimento di capitali, la rapida comparsa di eccedenze e porrebbe dei problemi di coordinamento fra i Vqprd associati al territorio e le altre categorie di vini. La scomparsa dei diritti d’impianto è ugualmente in contraddizione con la decisione precedente di estirpare 400 000 ettari di vigneto a fine di riequilibrare l’offerta. Dal momento della loro liberalizzazione, gli impianti aumenterebbero e produrrebbero eccedenze e due anni finanziari dell’Ocm del vino sarebbero così vanificati. Il mercato degli alcolici associati alle distillazioni è totalmente amministrato: i prezzi pagati ai produttori sono fissati tramite regolamenti, esattamente come i margini di distillazione e “il prezzo accettabile” sul mercato. Dal momento che sembra difficile non coprire i costi di distillazione, il bilancio potrebbe essere determinato dalle due altre variabili: prezzo pagato e prezzo di vendita dell’alcol. Per esempio il prezzo della distillazione di alcol ad uso alimentare potrebbe essere diviso per due e "compensato" da un sussidio diretto. Gli alcol vinicoli sono in gran parte sostituibili: la scelta della definizione e della destinazione determina il beneficiario o i beneficiari del meccanismo. La compartimentazione rigida realizzata dalla regolamentazione potrebbe quindi essere rimessa in discussione. Per esempio le scorte di vino potrebbero essere utilizzate per l’alcol ad uso alimentare;in questo caso, l’attività di distillazione potrebbe essere praticata in Francia e la produzione d’alcol per la distillazione ai sensi dell’articolo 29 (distillazione dell'alcol ad uso alimentare) dovrebbe allora essere ridotta in proporzione. I parametri ambientali non sono presi in considerazione; il ruolo delle distillerie dovrebbe parimenti essere valutato in riferimento al "servizio ambientale" di disinquinamento. I parametri energetici, nell’ottica della politica del bioetanolo, basata sulla produzione d’alcol per i carburanti, meriterebbero una valutazione supplementare. Il settore viticolo difficilmente può fare a meno di un meccanismo regolatore, tenuto conto della volatilità delle annate, associata alle fluttuazioni dei raccolti e all’anelasticità della domanda. L’attuazione della distillazione di crisi potrebbe essere migliorata e i costi ridotti nel quadro di un’armonizzazione delle due Ocm del vino e degli alcol di vino. La precisione della regolamentazione potrebbe essere realizzata a livello regionale e limitata nel quadro degli stanziamenti nazionali. Potrebbero inoltre essere introdotti stabilizzatori di reddito. Noi condividiamo il punto di vista della Commissione sull’arricchimento, mantenendo l’attenzione per un’eventuale compensazione degli aumenti di costo indotti per i vigneti di prodotti a basso prezzo dell’Europa settentrionale. Tale decisione metterebbe l’Europa in una posizione di forza nei negoziati sulle regole e sulle pratiche enologiche con i paesi del nuovo mondo.
4. Le analisi complementari e le proposte concrete per la riforma dell’Ocm
I paesi del nuovo mondo hanno "invaso" il mercato inglese, principalmente nel settore dei vini di fascia premium, sviluppando vigneti giovani, ad alto potenziale produttivo e orientati verso i vitigni aromatici. Questo ha permesso la collocazione sul mercato di alcune imprese di dimensioni molto grandi che offrono vini con un buon rapporto qualità-prezzo, monovitigno, e di marchi sostenute da budget di comunicazione e promozione colossali, le quali ora dominano il circuito off-trade. Inoltre, esse dominano perfettamente la catena di fornitura, il controllo di qualità e l’innovazione commerciale, e godono di una posizione negoziale molto favorevole con la grande distribuzione. Il settore vitivinicolo australiano vive una crisi di sovrapproduzione senza precedenti. Questa sovrapproduzione deriva dall’abbinamento di un eccessivo numero d’impianti, fiscalmente sovvenzionati e realizzati dagli agricoltori e dagli investitori in un periodo d’euforia, con la raccolta pletorica del 2004. La crisi di sovrapproduzione beneficia i consumatori che possono acquistare vini sempre meno cari, le grandi catene distributive che approfittano del loro peso per aumentare i propri margini di profitto e, infine, le maggiori imprese produttrici di vino che sfruttano l’eccesso di offerta di uve per negoziare tariffe sempre più basse. Chi perde in questa crisi sono i viticoltori indipendenti, che non trovano più acquirenti per le loro uve e che hanno visto il loro margine di profitto scendere a causa della diminuzione dei prezzi. Ingenti quantità di uva non sono raccolte e i fallimenti sono numerosi. La sola politica vitivinicola australiana consiste nel promuovere i vini australiani in Australia ma anche, e soprattutto, all’estero. Una parte del mercato mondiale del vino è dominata da un oligopolio a frange e la maggior parte delle imprese che ne fanno parte è localizzata nel nuovo mondo. La competizione è sempre più marcata nella fase finale della catena di produzione e distribuzione. Lo sviluppo e i guadagni di competitività delle grandi imprese vitivinicole mondiali nel corso dei 25 ultimi anni si sono basati su un’ondata di fusioni e acquisizioni con l’obiettivo di razionalizzare la produzione e sviluppare i marchi. Le dimensioni critiche procurano loro vantaggi concorrenziali significativi sui mercati più contesi, vale a dire il Regno Unito e gli Stati Uniti. L’esperienza della costituzione di organizzazioni di produttori nel ramo ortofrutticolo può illustrare bene i progetti nel settore della viticoltura. Noi vorremmo mantenerne l’interessante strutturazione dei produttori in OP e le modalità di gestione del fondo operativo. In particolare, notiamo in quest’esperienza la possibilità di sfruttare congiuntamente i fondi europei e i fondi dei produttori, dando luogo a una maggiore condivisione di responsabilità, e quella di definire una lista di misure fra cui scegliere, le quali potranno essere adattate al settore della viticoltura. Sin da ora si potrebbe trasporre una gran parte di queste misure. Gli interventi sul mercato possono essere realizzati al livello più aggregato dei comitati economici che, al di là delle regole per la qualità, possono attuare una regolamentazione decentralizzata dell’offerta tramite iniziative collettive organizzate per la costituzione di riserve e di finanziamenti collettivi. Noi condividiamo la visione della Commissione circa l’impossibilità di un’applicazione generalizzata e uniforme del disaccoppiamento ma è tuttavia possibile utilizzare questi meccanismi in maniera più limitata e mirata. Un aiuto disaccoppiato, realizzato in una regione omogenea, i cui prodotti per lo più sarebbero della stessa natura e venduti allo stesso prezzo (consegna alla distillazione per l’alcol ad uso alimentare, per esempio), combinando i criteri collegati allo sviluppo rurale, alla conservazione dell’ambiente, alla specificità del paesaggio, all’assenza di un’alternativa produttiva, potrebbe essere erogato nel quadro del regime di pagamento unico (Rpu) senza gli inconvenienti di un’applicazione generalizzata.
Le proposte tengono conto delle analisi precedenti:
1. Essendosi rivelata inefficace l’estirpazione indifferenziata e globale, occorre conservare un modello di estirpazione mirato e differenziato secondo gli obiettivi strategici economici (vitigni, rese) e sociali (agricoltore in difficoltà, progetto di abbandono d’attività, assenza di acquirenti per le imprese avviate). Questa estirpazione sarebbe dunque progressiva, limitata, controllata e valutata man mano che viene posta in atto. Questo porterebbe ad un’economia di bilancio rispetto allo scenario 2 che permetterebbe una ridistribuzione a favore di altri interventi.
2. I diritti d’impianto dovrebbero essere mantenuti per condurre la politica. Essi dovrebbero tuttavia essere molto più facilmente mobilizzabili organizzando meglio le attribuzioni, gli scambi e i trasferimenti di diritti. L’attivazione dei meccanismi di riserva potrebbe essere valutata e adattata ai casi per risolvere le disfunzioni. A mo’ di corollario, gli impianti illeciti dovrebbero essere messi in regola, in particolare grazie ai sistemi di controllo istituiti dalla nuova Pac. La gestione del potenziale di produzione potrebbe essere realizzata a livello regionale, da un ministero regionale, un’associazione tra categorie o un comitato economico, secondo gli equilibri di mercato con la fissazione di un massimale e un arbitrato nazionale ed europeo.
3. Il sistema delle distillazioni dovrebbe essere ripensato tanto a livello globale quanto in riferimento a ciascuna categoria. Il sistema di prezzi all’acquisto potrebbe essere rivisto allo scopo di ridurne l’incidenza sul bilancio e orientarlo verso il mercato. L’insieme degli alcoli prodotti dovrebbe conoscere una ridefinizione e uno sviluppo degli sbocchi potenziali. Il prezzo di vendita degli alcoli derivati dal vino dovrebbe essere rivisto verso l’alto. Il complesso degli sbocchi per i prodotti alcolici dovrebbe essere aggiornato e articolato nelle sue diverse componenti: alcol ad uso alimentare, alcoli di marca, sbocchi industriali (carburanti) in base a obiettivi di stampo ambientalista (disinquinamento, alcol carburante) ed energetico (miglioramento della tassazione). La distillazione preventiva potrebbe essere oggetto di remunerazione limitatamente alla sua sola funzione ambientale. Le pratiche del compostaggio delle vinacce grezze e dello spargimento delle fecce dovrebbero essere valutate da un punto di vista ecologico. La distillazione di alcol ad uso alimentare potrebbe vedere scendere il suo prezzo, essendo quest’ultimo compensato da un aiuto diretto parzialmente disaccoppiato. La distillazione dei vini con un doppio scopo non è più all’ordine del giorno, sostituita dall’assegnazione parcellare (piano Zonta), e dev’essere pertanto soppressa. La distillazione di crisi deve essere mantenuta, ma migliorata nella sua realizzazione. Essa dovrebbe essere diretta a livello regionale in funzione degli equilibri di mercato e poter assumere dimensioni obbligatorie in base a criteri differenziati; dovrebbe poter essere co-finanziata dagli enti interprofessionali o dai comitati economici per tener conto dei differenziali di prezzo, nonché collegata all’istituzione di riserve qualitative.
4. Lo zuccheraggio e l’arricchimento con zuccheri esogeni di barbabietola e di canna dovrebbe essere soppresso secondo la proposta della Commissione. L’arricchimento endogeno tramite mosti d’uva concentrati e concentrati rettificati dovrebbe essere autorizzato, ma ridotto; l’aiuto dovrebbe essere soppresso. L’aumento del prezzo di produzione per i vini a basso prezzo delle regioni settentrionali produttrici potrebbe essere parzialmente compensato da un aiuto gestito nel quadro degli stanziamenti nazionali.
5. Le regioni interessate dalla distillazione di alcol ad uso alimentare dovrebbero poter aver titolo a partecipare al regime di pagamento unico e di disaccoppiamento parziale, per mantenere la copertura vegetale e beneficiare, in base agli studi sui costi che andranno condotti, di un aiuto alla vendemmia verde.
6. I raggruppamenti di produttori e le organizzazioni dei settori dovrebbero essere rafforzati, rimessi in funzione e dotati di mezzi finanziari per sviluppare le funzioni terminali del processo produttivo; la loro evoluzione potrebbe ispirarsi alle funzioni e agli strumenti propri delle organizzazioni di produttori ortofrutticoli. In particolare, essi dovrebbero essere legati a obiettivi strategici: fusioni, raggruppamenti, associazioni, partenariati, ricerca delle dimensioni critiche e progetti di sviluppo commerciale, creazione di marchi, promozione.
7. Le regole sull’etichettatura non sembrano necessitare di modifiche per le ragioni sopra indicate; esistono già margini di manovra nel quadro della normativa attuale. Non occorre eliminare i riferimenti al territorio per i vini da tavola senza indicazione geografica; per questo adattamento è sufficiente disporre di vaste aree geografiche di riferimento per i vini locali.
8. L’importazione di mosti dai paesi terzi deve restare vietata a causa della definizione stessa del vino - in quanto prodotto ottenuto dalla trasformazione dell’uva fresca - dei problemi di monitoraggio, dei rischi di frode e dell’equilibrio del mercato.
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