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LA BOTTIGLIA TI PARLA DALLO SCAFFALE … L’ULTIMA FRONTIERA DELLA COMMUNICATION TECHOLOGY AL SERVIZIO DEL BRUNELLO DI MONTALCINO: PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, L’ANTI-TRUFFA IN TEMPO REALE CON UN SEMPLICE SMS

Il mondo del vino anticipa quello della moda nella battaglia contro i falsari. Dopo l’ologramma, sistema che protegge dalla falsificazione banconote, passaporti, carte di credito, il Brunello di Montalcino va ancora oltre, e adotta l’ultima frontiera della communication techology: da ogni angolo del mondo, in tempo reale, con un semplice sms, chi acquista una bottiglia di uno dei simboli del “made in Italy” può conoscerne l’autenticità, l’origine, le qualità del vino, l’identikit della cantina. Il Brunello di Montalcino, uno degli ambasciatori nel mondo dell’Italian style, intensifica così gli sforzi nella sua difesa ed in quella del consumatore, nella lotta alle truffe, che colpiscono sempre di più il “wine & food” italiano di alto livello.
La prima a credere in questo innovativo sistema di anticontraffazione, che debutterà a “Benvenuto Brunello 2007” il 23 e 24 febbraio prossimi, evento organizzato dal Consorzio del Brunello che richiama a Montalcino importatori, buyers e giornalisti di tutto il mondo, è la Ciacci Piccolomini d’Aragona, una delle migliori griffe di Montalcino, che già nel 2006 aveva adottato uno speciale ologramma anti-falsari sulla capsula della bottiglia. L’innovativo codice di sicurezza si chiama CertiLogo, dal nome della società di Milano che realizza servizi di verifica sui prodotti, funziona con i normali sistemi di comunicazione e difende il consumatore dall’eno-pirateria. Con una semplice telefonata o via sms o web, anche prima dell’acquisto, si comunica il codice CertiLogo, seguito dal numero della fascetta di Stato, ed in tempo reale si riceve la conferma sull’autenticità del prodotto, l’origine e tante altre indicazioni sul vino e sull’azienda. Nemmeno il mondo della moda, bersaglio preferito dei falsari di tutto il mondo, ha mai reagito con tanta decisione alle truffe. Le aziende finora hanno sempre pensato alle loro perdite in termini commerciali ed economici per l’impresa, ignorando o quasi il danno per il cliente. Ora invece la Ciacci Piccolomini d’Aragona, con questo nuovo strumento, pratica una raffinata forma di “customer satisfaction”.
“Un’etica di trasparenza nei confronti del cliente - spiega Paolo Bianchini, proprietario, con la sorella Lucia, della Ciacci Piccolomini d’Aragona - che, in primis, lo tutela, ma che gli permette anche di avere un rapporto diretto con la cantina ed un dialogo privilegiato con il viticoltore. Questo servizio, che solo noi abbiamo adottato in Italia, al momento funziona in italiano e inglese, ma vista l’apertura ai nuovi mercati dell’est tra poco inseriremo anche russo e cinese”.

Il ritratto - La storia della Ciacci Piccolomini d’Aragona
La Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona vanta le proprie origini fin dal secolo XVII e custodisce il proprio patrimonio storico in un palazzo sorto nel Rinascimento ad opera del Vescovo montalcinese Fabivs de’ Vecchis Abate di Sant’Antimo. Fabivs concepì ben presto il progetto della costruzione della sua residenza personale in Castelnuovo dell’Abate, castello eretto dagli Abati di Sant’Antimo nel luogo di un antichissimo castellare preistorico. Il Palazzo, imponente per la mole, è eretto in forme tardo-barocche nel cuore del Castello, di fronte alla chiesa parrocchiale e nell’antica “casa” del Comune nell’area dove, già nel Medioevo, esisteva l’antico Palazzo degli Abati di Sant’Antimo.
Dando prova di particolare sensibilità antiquaria, Fabivs volle anche arricchire il giardino, sistemandovi antichi pezzi scultorei provenienti dalla stessa Abbazia. Nella prima metà del ‘900, tutto il patrimonio arriva al conte Alberto Piccolomini d’Aragona, discendente dalla stirpe di Enea Silvio Piccolomini, famoso come Papa Pio II, e la signorina Elda Ciacci, il cosiddetto Palazzo del Vescovo diventa Palazzo Ciacci Piccolomini d’Aragona. Nel 1985, con l’estinguersi del casato, la proprietà passò in eredità a Giuseppe Bianchini e alla sua famiglia, che vi stabilì la residenza e la sede dell’azienda agricola, raccogliendone anche il patrimonio storico e portando avanti con determinazione le tradizioni e la cultura loro tramandate. Giuseppe Bianchini, grande vignaiolo ed estroverso personaggio montalcinese, è venuto a mancare nel febbraio 2004, lasciando un grande vuoto e un grande compito da continuare ai figli Paolo e Lucia, che già lo affiancavano nella gestione aziendale e nelle cui mani è oggi il timone della Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona. E per ricordare degnamente Giuseppe, la famiglia Bianchini gli ha dedicato la Riserva 1999 del Brunello poiché “con la sua operosità e la sua dedizione ha permesso a questa azienda di raggiungere i massimi livelli qualitativi”. Per la sua attività e per l’attaccamento dimostrato al territorio ilcinese, il Comitato Cateriniano gli attribuì il prestigioso Premio Internazionale “Santa Caterina d’Oro - Città di Siena”.
La cantina Ciacci Piccolomini d’Aragona collabora da anni, con operazioni di alto valore etico e sociale, con la LegaTumori di Siena. La Tenuta Ciacci Piccolomini d’Aragona comprende 200 ettari, di cui 40 a vigneto, 40 a oliveto ed i rimanenti suddivisi tra seminativo, bosco e pascolo. E per apprezzare in pieno la poesia paesaggistica di questi luoghi, l’azienda offre la possibilità di soggiorno in casali recuperati nel rispetto delle caratteristiche tipiche delle case toscane di campagna. Da ognuna delle finestre un quadro: si vedono il fiume Orcia che si svolge come un nastro d’argento sul fondo della valle, e il Monte Amiata con il suo tipico profilo, che porta sino a noi i profumi dei boschi ricchi di frutta selvatica; i campi, i boschi e le vigne fanno poi da cornice naturale alla tranquillità di questi luoghi.
L’attenzione rivolta alla produzione dell’uva nella vigna è frutto dell’antica tradizione contadina e della tecnica sempre più aggiornata. L’unione delle due componenti permette di mostrare la perenne modernità di questi vini. La concimazione organica e una duplice potatura: oltre a quella invernale, corta a cordone speronato, viene praticata anche la potatura verde, il diradamento dell’uva per una maggiore concentrazione dei succhi delle viti su pochi grappoli. Sono tutte operazioni finalizzate all’ottenimento di uve perfettamente sane, ricche di sostanze, in grado di produrre un vino che ha conservato intatto il suo fascino e l’autenticità. La ricerca costante di qualità impone un controllo assiduo delle varie fasi di vinificazione, dal momento dell’arrivo delle uve in cantina alla fermentazione malolattica e durante il lungo periodo della maturazione in botte. Dalle vigne di “Pianrosso” vengono selezionate le migliori uve per il Brunello di Montalcino, frutto di regole viticole antiche e di una tecnica sempre aggiornata che gli consente di mostrare in pieno tutta la sua “tradizionale modernità”, un vino austero, concentrato, complesso, speziato e avvolgente al gusto. E il culto e il rispetto di una lunga tradizione esaltano le qualità di un vino che, in quest’epoca di riscoperta dell’antico, conserva nei profumi e nel gusto tutto il suo fascino e la sua autenticità. Nel 1989, tra due annate eccellenti, nasce l’Ateo, come rifiuto dogmatico a produrre Brunello in un’annata non ottimale e in concomitanza con la prima vendemmia di vigneti con uve Cabernet Sauvignon e Merlot.
Da provocazione, l’Ateo è divenuto un elegante classico dell’azienda con una lunga fermentazione e un affinamento in legno. Poi nel 1998 sono state vendemmiate le prime uve Syrah che, piantate nel “Vigna del Conte”, hanno trovato un terroir ottimale e un microclima eccellente per esprimere tutte le loro grandi potenzialità. Per questo nuovo vino, il Sant’Antimo Rosso “Fabivs”, concentrato, morbido, accattivante e molto fruttato, Giuseppe Bianchini volle il nome “Fabivs ” Eps. Ilc.A.D. MDCXII”, proprio in onore al Vescovo che nel 1672 fu l’architetto del palazzo e il cui nome e stemma si trovano su ogni portone e davanti all’ingresso della cappella di palazzo.

Eleonora Ciolfi

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