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NEL 2009 REDDITI AGRICOLI -25,3% SENZA PRECEDENTI, CALO PEGGIORE IN EUROPA: COSÌ CONFAGRICOLTURA. URSO “RIFORMA AGRIBUSINESS IN AGENDA GOVERNO”, DISPONIBILITÀ BANCHE E GDO. FOCUS: FUTURO ECONOMIA TRA ETICA E POLITICA, OGM e GREEN ECONOMY

La crisi del 2009 è stata soprattutto crisi dei redditi degli agricoltori: il calo registrato nel 2009 (-25,3% sul 2008 secondo i dati provvisori Eurostat) non ha precedenti e preoccupa anche perché è il peggiore a livello europeo, dopo il dato relativo all’agricoltura ungherese, e perché prosegue un andamento negativo che dura da alcuni anni. Questo risultato è frutto di un calo dei prezzi con costi che sono rimasti stabili negli ultimi dodici mesi, in un trend tuttavia di forte crescita negli ultimi anni. Ma è soprattutto la flessione della domanda - a sua volta frutto della recessione - che ha fatto scendere i prezzi. Tutto ciò si è risolto in un calo del valore aggiunto del settore agricolo del 3,1% nel 2009 rispetto all’anno precedente e del 6,4% negli ultimi cinque anni. L’agricoltura italiana ha perso 900 milioni di euro di valore aggiunto nell’ultimo anno e 2 miliardi di euro negli ultimi cinque anni. Tutte risorse anche sottratte alla capacità di investire e di innovare nelle imprese e nei processi produttivi per crescere. E’ l’analisi di Confagricoltura dal Forum “Futuro Fertile” di Taormina (fino al 27), secondo la quale, “a questo punto per uscire dalla crisi occorre ridurre i costi di produzione, favorire il collocamento dei prodotti sul mercato migliorando le quotazioni all’origine e accrescere la domanda interna (incentivando e diversificando i consumi) ed estera (con un’adeguata politica di internazionalizzazione)” e che sottolinea come “le imprese chiedono il nostro intervento sul mercato”.
Per Confagricoltura, la crescita frenata ha anche ridotto la domanda di credito, ma sembrano esserci segnali incoraggianti per il settore: “un anno fa qui a Taormina ci si interrogava sul credit crunch e su quanto le difficoltà della finanza avrebbero potuto riflettersi sulla dinamica degli investimenti e della crescita delle imprese. La temuta riduzione degli impieghi c’è stata, ma forse, anche se è presto ed i dati disponibili si fermano a settembre 2009, oggi possiamo affermare che le prospettive sono migliori rispetto a qualche mese fa. Almeno in agricoltura gli impieghi nel settore sono tornati a crescere durante il 2009, segno che è aumentata la fiducia negli operatori. Peraltro i tassi di incremento sono anche più dinamici rispetto a quelli registrati in media dall’economia nel complesso”. D’altro canto, secondo Confagricoltura, “va notato che aumentano anche le sofferenze; segno di una difficoltà a tenere il passo con l’indebitamento a causa di una scarsa performance del comparto. Ma anche qui l’incremento delle sofferenze è migliore (perché inferiore) rispetto a quello medio complessivo”.
Da questo punto di vista Confagricoltura ritiene che per superare il momento difficile occorre puntare a migliorare i rapporti con tutti quei soggetti che operano a monte e a valle delle imprese agricole. Dai fornitori di mezzi tecnici e di servizi (compreso il mondo delle banche e dei servizi finanziari) ai trasformatori delle materie prime, al terziario per la commercializzazione e la vendita; con tutti occorre dialogare in maniera costruttiva. “Ora - sottolinea il presidente Federico Vecchioni - intendiamo costruire una stagione nuova di rapporti tra tutti questi soggetti. Non siamo mai stati favorevoli a quell’approccio conflittuale che ha voluto voleva vedere a tutti i costi il mondo agricolo contrapposto agli altri attori del sistema. Preferiamo il confronto aperto, magari anche sulla base dei contenuti del nostro progetto politico-economico, volto così a creare una rete di imprese ‘di servizio e al servizio’ dell’impresa agricola con cui vincere la sfida sui mercati interni ed esteri”.
“Alla tradizionale funzione di rappresentanza a Confagricoltura chiediamo una maggiore assistenza sotto il profilo delle relazioni produttive e mercantili”. Per gli associati Confagricoltura la priorità su cui l’organizzazione si dovrà concentrare sono legate al mercato. Lo dice un’indagine condotta dal professor Mario Prestamburgo su un campione di 100 aziende al Forum di Taormina. Non a caso, secondo la ricerca, circa il 75% delle imprese chiede un maggiore orientamento dell’organizzazione alla creazione di strumenti di concentrazione degli acquisti. Una richiesta - che evidenzia la percezione della debolezza del settore agricolo nazionale - su cui intervenire con l’adozione da parte di Confagricoltura di strumenti operativi finalizzati al miglioramento delle fasi di commercializzazione e valorizzazione del prodotto sui mercati. Si profila quindi un apporto nuovo e diverso tra agricoltore e organizzazione agricola: un sindacato “facilitatore” nei rapporti con gli attori del mercato, nell’organizzazione imprenditoriale, con il sistema bancario e la pubblica amministrazione (soprattutto in un’ottica di alleggerimento del peso burocratico), nel trasferimento dell’innovazione (importante per il 60% del campione).
Un atteggiamento pragmatico, quello delle imprese, che, secondo Confagricoltura, riflette l’attuale incapacità del settore di fare sistema. Da qui la richiesta di individuare strumenti organizzativi in grado di colmare le debolezze strutturali di un sistema in crisi e che partano da obiettivi nuovi. Economie di scopo piuttosto che di scala, maggior flessibilità nell’uso dei fattori produttivi e soprattutto incremento del potere contrattuale e qualità delle relazioni lungo la filiera sono i capisaldi richiesti al nuovo sindacato agricolo. Infine, un giudizio non certo benevolo sulla Pac. Senza correttivi, le produzioni sono infatti esposte a una competizione distorta: “è perciò necessario - secondo le imprese di Confagricoltura - un intervento comunitario che ponga rimedi, a partire dal sostegno ai processi di adeguamento strutturale”.

In evidenza - Urso: “riforma agribusiness in agenda governo. Proporrò accordo per export con centrale unica Confagricoltura”. Agricoltura, settore tiene, banche “disponibili a sostenerlo”. Vecchioni: “interesse Gdo per centrale acquisto”
“E’ mia intenzione portare nell’agenda del governo il progetto di riforma dell’agribusiness che vale il 15% del Pil italiano”. Lo afferma il vice Ministro allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso, nel Forum di Confagricoltura. “Perciò - sottolinea Urso - il progetto di Confagricoltura sulla centrale unica di acquisto e commerciale arriva nel momento giusto e, mirando anche a favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese agricole, aiuterà la crescita dell’export e quindi la crescita del Pil. Perché l’Italia vince soprattutto quando si afferma all’estero. D’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola - conclude Urso - e con gli altri ministri competenti, proporrò di attivare contatti per promuovere un accordo con la società commerciale prevista dal progetto di Confagricoltura, quale canale di vendita dei prodotti agroalimentari all’estero. Il nostro obiettivo è quello di raddoppiare il ritmo di crescita dell’export arrivando al raddoppio della crescita del Pil”.
Disponibilità e attenzione all’agricoltura viene mostrata anche dal mondo bancario, un settore che ha tenuto rispetto alla crisi. Disponibilità anche in merito alla società di agribusiness lanciata dal presidente di Confagricoltura per migliorare la reddittività degli agricoltori. “Sia le banche che la politica devono guardare all’intera filiera agroalimentare - ha affermato Passera ad di Intesa San paolo - è uno dei settori che ha retto meglio alla crisi e, a livello creditizio le imprese agricole registrano un tasso positivo di crescita anno su anno. E’ un settore che può giocarsela alla grande nel processo di aggregazione della filiera e fa anche sì che la situazione economica complessiva stia tenendo”. Quanto al progetto Futuro Fertile ha detto: “è apprezzabile, in quanto restituisce redditività al settore. Specificatamente mi sembra che il progetto stia su da solo, comunque se possiamo facilitarlo evviva, ma mi sembra che sia un meccanismo tra le aziende agricole e che passi attraverso l ruolo di altri soggetti. Saremo comune vicino a tutti questi progetti”.
Secondo Passera inoltre, “il progetto ha il vantaggio di non essere una proposta che riguarda un’associazione ma riguarda tutto il settore e punta su un meccanismo di aggregazione con bassissimi costi, bassissimi investimenti e massima libertà per le imprese”. Segnali positivi anche dal presidente di Banco Popolare Carlo Fratta Pasini.
“Sono in genere ottimista sulle possibilità di finanziamento per il settore agricolo perché offre nel complesso indici migliori rispetto ad altri settori” è quanto ha affermato Fratta Pasini e, in merito alla società di agribusiness, lanciata dalla Confagricoltura ha manifestato “attenzione a questo tipo di proposta” apprezzandone “l’ambizione sottolineando tuttavia che, come tutti i progetti ambiziosi la difficoltà è altrettanto proporzionale. E’ un progetto coerente e innovativo e faciliterà il processo di credito del sistema bancario”.
“Ho trovato di particolare interesse l’idea della società commerciale quale fulcro per il coordinamento di tutte le aree della filiera agroalimentare, dall’approvvigionamento alla distribuzione”. Lo scrive Giuseppe Mussari, presidente della Banca Monte dei Paschi di Siena, a Federico Vecchioni, in merito al programma politico economico che Confagricoltura ha presentato a Taormina. “Ritengo - prosegue Mussari - che la società, ove adeguatamente governata e coordinata anche a livello territoriale, possa effettivamente facilitare il processo di ammodernamento ed il raggiungimento di sinergie economiche ed industriali”. In proposito, conclude il presidente della Banca Monte dei Paschi, “è mia intenzione coinvolgere le strutture competenti della Banca per una valutazione tecnica del progetto e per l’eventuale determinazione delle forme e delle modalità con cui poterlo sostenere”.
La grande distribuzione e i grandi gruppi della distribuzione italiana manifestano già interesse per la società di agribusiness lanciata da Confagricoltura”Conad ha dimostrato interesse all’iniziativa - osserva Vecchioni - e lo stesso ha fatto Federdistribuzione. A questo aggiungo anche che il mondo cooperativo, che è distribuzione, é per noi alleato significativo soprattutto nelle forme che vedono nell’aggregazione un punto per fare migliore logistica e distribuzione al dettaglio, che non necessariamente deve essere vissuta in antitesi alla grande distribuzione”. Vecchioni ha ribadito che il lancio della nuova centrale per gli acquisti e la commercializzazione si inquadra nella volontà di creare una rete di imprese di servizio e al servizio dell’impresa agricola con cui vincere la sfida sui mercati interni ed esteri, contribuendo alla creazione di “una nuova stagione di rapporti” tra i vari soggetti del mondo agricolo.
Secondo l’ad di Conad e presidente di Ancd (associazione nazionale cooperative tra dettaglianti), Camillo De Berardinis, “Questo progetto di centrale unica guarda al mercato, secondo criteri di razionalizzazione ed efficienza ed arriva sino al consumatore”. “La competitività va acquisita migliorando efficienza, innovazione, qualità e servizi - aggiunge De Berardinis - Per fronteggiare il calo dei consumi occorre investire, non basta solo abbassare i prezzi dei prodotti ma è necessario fare investimenti in promozione, logistica, razionalizzazione della filiera interna ed esterna, selezionando gli operatori. A fronte di un 87% dei consumatori che acquista in supermercati e ipermercati, è fondamentale puntare sul brand, affermando un valore di marca, in modo da offrire sempre più ai consumatori ciò che cercano: la qualita’. Chi non saprà investire nella qualità - ha concluso l’amministratore delegato Conad - sarà destinato a sparire”.

Focus - Futuro dell’econia fra etica e politica
La moderna questione dei valori e dell’etica di fare impresa caratterizza anche il settore agricolo. Di questo è consapevole anche Confagricoltura che ha fatto della responsabilità sociale uno dei principali temi di dibattito e di confronto sindacale di Taormina.
“Oggi ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Vecchioni - esistono almeno quattro ambiti in cui è ben chiara la responsabilità collettiva dell’agricoltura e dei suoi protagonisti: gli agricoltori”. Intanto c’è il tema ambientale. Le coltivazioni e gli allevamenti fanno perno su beni comuni di tutti affidati alle imprese agricole. Di questo i nostri imprenditori sono consapevoli, così come sanno che devono gestire queste risorse in maniera sostenibile. Lo stanno a dimostrare anche le cifre del calo dell’utilizzo di agro farmaci e di fertilizzanti o i dati più che confortanti sui residui di prodotti chimici, ormai praticamente azzerati, negli alimenti offerti al consumatore. L’agricoltura italiana ha saputo migliorarsi nel tempo; come redditività, ma anche integrando importanti funzioni sociali. Tanto che come Confagricoltura ama ripetere “l’agricoltura è l’ambiente”. In questo rapporto tra imprese e risorse naturali c’è anche il problema aperto dell’introduzione di nuove tecnologie. Abbiamo una visione aperta e laica su questo aspetto, che tocca ad esempio l’attualissimo campo degli “organismi geneticamente migliorati”. Come insegna anche la dottrina sociale della Chiesa, non c’è un insieme di risorse naturali date ed immodificabili. L’uomo è fatto per intervenire sul creato che gli è stato affidato e l’importante è che lo faccia con consapevolezza e prudenza. Ma questa prudenza, appunto, non deve divenire pretesto per l’inazione e per non progredire. Se ci sono dei rischi essi vanno valutati e misurati; ma non si può dire di no ad una novità tecnologica solo per un pregiudizio o peggio perché essa “non conviene” al nostro sistema produttivo. Non accetteremo mai che in pochi si arroghino il diritto di scegliere per i molti agricoltori cosa convenga o non convenga coltivare. Il secondo profilo di responsabilità sociale è quello occupazionale con tutto ciò che ne consegue in termini di contributo del settore al collocamento dei lavoratori ed ai loro diritti. Il 2010 si è aperto con i fatti di Rosarno; fatti da condannare in primo luogo sul piano etico, proprio come ha fatto Confagricoltura, perché non trovano assolutamente alcuna giustificazione. Va però garantita al settore altrettanta attenzione anche quando i riflettori sono spenti. Quando avremo altrettanta visibilità per tutto il lavoro “vero” che il settore agricolo è in grado di garantire? E cosa può fare la politica per salvaguardare i livelli occupazionali quando sono minati da scelte ben precise contro gli interessi delle imprese che danno lavoro? Le decisioni sul settore biticolo-saccarifero e tabacchicolo la dicono lunga a riguardo. Siamo scesi in piazza per questo e continueremo a farlo, anche al fianco dei sindacati dei lavoratori. Perché anche l’occupazione agricola è rilevante per lo sviluppo del Paese. Il quarto ambito riguarda la capacità di innovare nella tradizione. Di poter (e saper) crescere in agricoltura coniugando gli antichi saperi che si tramandano nei secoli con la ricerca e la tecnologia applicata alla produzione ed al business. Si può migliorare, ma questo lo si può fare solo rimanendo ancorati a dei valori cui l’economia di gestione di una moderna azienda agricola non può rinunciare. Non a caso i principali successi anche economici delle nostre imprese vengono da giovani che proseguono l’attività dei loro genitori. E sanno trovare le strade per innovare ed investire partendo da ciò che chi li ha preceduti ha saputo costruire. E’ un valore questo che non va perduto perché costituisce un patrimonio di tradizioni per tutta la collettività; ed un metodo di cultura di impresa sostenibile. Infine c’è una responsabilità sociale anche nel confronto con i mercati globali e con le agricolture dei Paesi in Via di Sviluppo che crescono - che debbono crescere - per soddisfare bisogni anche primari. Confagricoltura non ha mai avallato tentazioni protezionistiche e siamo sempre stati a favore di un liberismo negli scambi che favorisse lo sviluppo dell’agricoltura mondiale, compresa quella dei Paesi in Via di Sviluppo. Non è un caso che il deficit agroalimentare europeo sia peggiorato negli ultimi anni e che si importi sempre di più dai Paesi meno avanzati del pianeta. Siamo comunque convinti che questa sia la strada giusta e su cui si deve proseguire cercando di fissare alcune regole basilari del commercio internazionale che vanno rispettate nell’interesse di tutti i cittadini/consumatori. Poi va promosso uno sviluppo armonico di tutte le agricolture mondiali, senza “modelli” da privilegiare o peggio da contrapporre tra loro (la piccola agricoltura di sussistenza “contro” l’agricoltura industrializzata delle grandi estensioni). Non c’è un buono od un cattivo sviluppo così come non c’è un’agricoltura buona ed una cattiva, come si vuole far credere. “C’è piuttosto - ha concluso Vecchioni - l’uomo al centro delle attività economiche e della sua storia come ci ammonisce l’enciclica “caritas in veritate”. E l’agricoltura con l’uomo e per l’uomo opera da sempre con responsabilità e coerenza di sistema”. “Ma con questa sessione - ha poi aggiunto - abbiamo inteso richiamare l’attenzione anche su un aspetto specifico che attiene alla consapevolezza dei ruoli che rivestono le imprese e le loro associazioni da un lato e la politica, con le sue scelte, dall’altro”. “I ‘corpi intermedi’ - ha concluso Vecchioni - hanno la responsabilità di chiedere alle Istituzioni di proporre opzioni su cui la politica esercita poi le sue scelte. Qui a Taormina abbiamo proposto il nostro progetto politico-economico aperto a tutti per la riorganizzazione dell’agricoltura e lo sviluppo del Paese. E nel progetto ci sono precise richieste al mondo della politica, cui compete se farlo proprio e portarlo avanti nelle sedi opportune oppure no. Anche questa è etica delle responsabilità e delle scelte: una giusta ripartizione di funzioni e responsabilità che fa alta la classe dirigente del Paesi di cui noi crediamo come Confagricoltura di farne, a buon diritto, parte.

Focus - Ogm, imprese agricole, mercato e green economy
“Abbiamo una visione aperta e laica sull’introduzione delle nuove tecnologie e questo riguarda l’attualissimo campo degli organismi geneticamente migliorati”. Lo afferma il presidente di Confagri, Federico Vecchioni, dal Forum di Taormina. “Come insegna anche la dottrina sociale della Chiesa, non c’è un insieme di risorse naturali date ed immodificabili. L’uomo è fatto per intervenire sul creato che gli è stato affidato e l’importante è che lo faccia con consapevolezza e prudenza”.
“Ma questa prudenza, appunto - conclude Vecchioni -, non deve divenire pretesto per l’inazione e per non progredire. Se ci sono dei rischi, vanno valutati e misurati; ma non si può dire di no ad una novità tecnologica solo per un pregiudizio o peggio perché ‘non conviene’ al nostro sistema produttivo. Non accetteremo mai che in pochi si arroghino il diritto di scegliere per i molti agricoltori cosa convenga o non convenga coltivare”.
“L’Italia è un Paese bloccato da tabu, invece occorre innovare e guardare alla tecnica e alla scienza come risorse”. Lo afferma sulla questione Ogm Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo economico, intervenendo al Forum di Confagricoltura a Taormina. Sugli Ogm, aggiunge Urso, rivolgendosi alla platea di Confagricoltura che sostiene la causa delle coltivazioni biotech, “Bisogna sapersi aprire senza avere paura di snaturarsi, mi avrete sempre al vostro fianco”. Gli ogm, conclude Urso “sono un passaggio obbligato se vogliamo dare risposte a problemi reali che sono mancanza di risorse perché aumentano i consumi, la fame e la crisi idrica”.
Se la crisi del 2009 dei vari (si potrebbe dire di tutti) i comparti produttivi è stata crisi dell’equilibrio domanda/offerta, oggi occorre ripensare a come fronteggiare con adeguate politiche questa situazione difficile che rischia di presentarsi con sempre maggior frequenza. Confagricoltura ha cercato innanzitutto il modo giusto per: focalizzare i fattori di competitività delle imprese legandoli ai rispettivi territori e adattare le politiche ai comportamenti ed alle esigenze delle imprese stesse. “Non ci può essere sviluppo del territorio senza le imprese agricole - ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Federico Vecchioni - visto che oggi esse gestiscono ampia parte del territorio italiano ed europeo. Di questo dobbiamo avere piena consapevolezza per non rischiare di fare una politica per un territorio in cui le imprese agricole non riescono a sopravvivere. E di fatto facendo così venir meno il soggetto centrale del territorio stesso.” “Abbiamo quindi necessità di politiche per le imprese nel territorio - ha proseguito Vecchioni - che guardino alla strutturazione di funzioni aziendali complesse e di reti per l’innovazione tecnologica e per aggredire nuovi mercati.” Per giunta, nella differenziazione di prodotti e di processi, le imprese si stanno specializzando in filiere produttive no tradizionali che prima non avevano esplorato o che erano marginali. Oggi si parla di agricoltori ed imprese agricole 2.0 per indicare queste nuove funzioni produttive ad esempio nel campo delle tecnologie ambientali, della produzione di energie rinnovabili e di tutto quanto attiene alla cosiddetta green economy di cui l’agricoltura è a buon diritto protagonista. Secondo alcuni dati, l’energia prodotta da fonti rinnovabili sta crescendo con notevole dinamismo, anche con tassi del 5% medio annuo, per un fatturato che cresce in media del 40% ed è ormai superiore ai 5 miliardi di euro. La green economy nel complesso in Italia, secondo alcune stime, può già vantare un fatturato che si aggira sui 10 miliardi di euro e può garantire da qui a dieci anni un’occupazione tra i 100 mila ed un milione di posti di lavoro. “Una partita - ha concluso Vecchioni - che già l’agricoltura e le nostre imprese associate stanno giocando da alcuni anni e sulla quale richiamiamo la responsabilità e le scelte della politica. Servono decisioni rapide e a favore degli imprenditori che si mettono in gioco e stanno passando dalla “rivoluzione verde” alla “economia verde”. In particolare, ma non solo, con la produzione di energie rinnovabili nuove e che si affiancano alla tradizionale produzione agricola. I nostri ‘agricoltori 2.0’ aggiornano la loro funzione produttiva per migliorare le loro performance aiutando tutti a vivere meglio anche con uno sguardo alle generazioni future”.

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