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UNA PROCURA NAZIONALE ANTIFRODI ALIMENTARI: DAL FORUM DI CERNOBBIO DI COLDIRETTI LA PROPOSTA DEL PM RAFFAELE GUARINIELLO. FOCUS – IL DISCORSO DEL MINISTRO GALAN, IL CIBO SIMBOLO DI UNITÀ NAZIONALE, TIPICO IN TAVOLA PER 1 ITALIANO SU 3 ...

“Il mio sogno è una procura nazionale di contrasto alle frodi alimentari e altri campi riguardanti la salute. Bisogna riflettere sulla possibilità di costituire una nuova organizzazione giudiziaria dedicata”. Ecco la proposta di Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto alla Procura di Torino, lanciata dal Forum di Cernobbio di Coldiretti. Una proposta accolta con favore, per più di una ragione: nonostante i risultati più che positivi dell’agroalimentare italiano, soprattutto all’export (+18,8% nel primo semestre 2010, con la possibilità di superare i 26 miliardi di euro in valore entro l’anno), il falso continua a “rubare” dalle tasche degli agricoltori italiani ben 50 miliardi all’anno, ovvero il doppio. E inoltre, sottolinea la Cooldiretti, una normativa lacunosa che va rivista (e in questo senso c’è grande attesa per il destino del decreto italiano sull’etichettatura, che sarà oggetto di valutazione dell’Unione Europea, che ha la competenza in materia), fa si che il 33% della materia prima che poi diventa, legalmente, made in Italy, proviene dall’estero. Emerge dalle anticipazioni del rapporto Coldiretti/Eurispes sulle agromafie. Nel 2009 sono stati importate 30 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari, con un aumento del 50% negli ultimi 15 anni. In particolare, sono state importate in Italia 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati di cui: il 52,9% proviene dalla Cina, destinate per il 98,6% del totale alla sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano. Ma l’Italia ha anche importato dall’estero circa 70.500 tonnellate di vini di uve fresche, per la quasi totalità provenienti dagli Stati Uniti e solo marginalmente dalla Repubblica Sudafricana, Cile. Senza contare le 4.983 tonnellate di carne suina, in buona parte destinate a diventare prosciutti made in Italy.
Bene dunque, sottolinea l’organizzazione agricola, il boom di sequestri di cibo irregolare da parte del Nas, il Nucleo antisofisticazione dei Carabinieri (+40% nel 2010), anche perché, secondo un sondaggio Coldiretti/Swg, il 60% degli italiani ritiene le frodi alimentari più gravi di quelle fiscali, finanziarie e commerciali, perché possono avere effetti diretti sulla salute.
Ma per combattere davvero il falso made in Italy e il fenomeno dell’”italian sounding”, servono leggi più stringenti e chiare. Ma non solo, serve anche una giustizia rapida ed efficace in caso di irregolarità. Per Guariniello, infatti, in alcune zone del Paese i processi in ambito agroalimentare o non si fanno o procedono con troppa lentezza finendo in prescrizione. “C’è bisogno del processo breve - osserva Guariniello - per impedire il diffondersi di un senso di impunità tra coloro che commettono frodi alimentari e attentati alla salute dei consumatori”. Nella discussione sul rapporto agromafie è intervenuto anche il ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan auspicando la fine della frammentazione delle competenze in tema sicurezza alimentare tra i vari ministeri e annunciando la volontà di “lanciare una eccezionale campagna di lotta alla contraffazione”.


Focus - L’intervento del Ministro Galan: contro “la mafia delle contraffazioni del made in Italy” e per una legge sull’etichettatura unitaria per tutta l’Europa ...

“Il Forum di Cernobbio di Coldiretti cade in un momento particolarmente importante per le sorti dell’agro-alimentare italiano e gli approfondimenti fatti qui in questi giorni saranno preziosi per impostare gli interessi dell’Italia, dei cittadini italiani e di tutti gli agricoltori . Il 17 novembre la Commissione Europea ha previsto una prima comunicazione sul futuro della Politica agricola comune che darà il via alla predisposizione delle proposte legislative della futura Pac.

Come in ogni viaggio, prima di partire occorre conoscere la propria meta, il proprio punto di arrivo. Così per la nuova Politica Agricola Comune è bene definire quelli che sono gli obiettivi del nostro Paese. In particolare, è necessario considerare per la definizione degli obiettivi dell’Italia il cambiamento in atto nel sistema agro-alimentare in un mondo globalizzato.

Tutti abbiamo compreso che la crisi che stiamo vivendo non è una mera crisi “congiunturale”, ma è la crisi dell’idea stessa di sviluppo fino ad oggi praticata. La lezione che abbiamo imparato è che per affrontare questa crisi globale bisogna ripartire dalla centralità del territorio, dall’economia reale, caratterizzata da produzioni, da beni verificabili, misurabili, frutto di un autentico lavoro fatto di ricerca e di impegno. Rispetto alle economie virtuali, devono ritrovare diritto di cittadinanza il fare e il suo prodotto, in breve la materia nelle sue variegate declinazioni.

Non è accettabile che il cibo, le materie prime agricole possano essere oggetto di speculazione finanziaria. Produrre cibo non può essere paragonato a produrre automobili o cemento, l’agricoltura insomma non può essere delocalizzata.

Speculare sulle materie prime agricole, sul cibo, è contrario ad ogni principio etico. E’ un atto che danneggia il territorio e tutto quello che esso significa in termini di ambiente, biodiversità, cultura, tradizioni, se è vero che la speculazione è un fenomeno globale che localmente ha ricadute molto negative. Chi produce beni agricoli, chi sta nel primario ha subìto, oltre agli effetti nefasti delle speculazioni, anche una marginalizzazione concettuale ed una delegittimazione del proprio intraprendere.

Coldiretti ha ben compreso la crisi dell’economia virtuale e si è fatta carico, con la “Filiera Tutta Agricola e Tutta Italiana”, di una progettualità per il Made in Italy in cui il prodotto alimentare è realmente strumento visibile della comunicazione del territorio, portavoce credibile e autorevole del nostro Paese. Condivido questa impostazione, perché ritengo che, come l’Italia moderna si “fa Patria” a partire dal riconoscimento delle diversità territoriali e culturali, così noi, nella produzione agroalimentare, dobbiamo ripartire ricostruendo quel patrimonio gigantesco che è il Made in Italy.

I progetti che sono stati presentati a Cernobbio da Coldiretti evidenziano una straordinario rinnovamento rispetto al passato e soprattutto mostrano come gli agricoltori intendano essere imprenditori, puntando sulla riconoscibilità, sull’identità, sulla responsabilità. La politica deve rispondere a questa nuova capacità progettuale espressa da una grande forza sociale qual è la Coldiretti, assicurando tre fattori chiave: trasparenza, regole, innovazione, se vogliamo cogliere le opportunità offerte dall’economia del sapere e dall’economia verde.

Solo così possiamo vincere la battaglia per affermare la centralità e la modernità dell’agricoltura e delle implicazioni imprenditoriali e sociali che ne discendono, nella consapevolezza che territorio, tradizione, sapere, storia, paesaggio sono tutt’uno con il prodotto alimentare. Partiamo dunque dalla trasparenza: l’informazione lungo tutta la filiera deve essere un obiettivo imprescindibile dell’agro-alimentare italiano.

L’origine, se inserita nella più effettiva trasparenza, dà al consumatore la possibilità di compiere anche un atto di acquisto, oltre che consapevole, anche sostenibile, perché è attraverso il consumo di prodotti del territorio che si può sostenere l’ambiente. Sull’etichettatura dell’origine della materia prima, il 6 ottobre scorso è stato approvato all’unanimità dalla Camera dei Deputati il provvedimento “disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari”, ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento. Il mio auspicio è che possa, nel più breve tempo possibile, essere trasformato in legge dello Stato.

Nel dare attuazione alla norma che sarà approvata dal Parlamento Italiano, sarà mio impegno condurre e vincere insieme la battaglia per una norma sull’etichettatura a scala europea, soprattutto sapendo che il Commissario Ciolos ha già stabilito di accogliere, con la più ampia disponibilità, il testo di legge italiano.

Regole. In un momento di crisi come questo, le regole e il loro rigoroso rispetto costituiscono l’ossatura di qualunque politica economica. Il rapporto sulle Agromafie che oggi è stato illustrato evidenzia la necessità di ripristinare la legalità come presupposto dell’esercizio dell’attività imprenditoriale. Ma non è solo un problema di legalità. La vicenda del Pecorino Romano, una tra le prime crisi di cui mi sono dovuto occupare, ha reso evidente come tra le cause del malessere vi è anche la presenza di regole vecchie, o di regole non rispettate, se non addirittura assenti.

Il pastore sardo, la cui produzione rientra in una denominazione di origine (con tutte le presunte garanzie), vende il latte come se fosse una commodity a prezzi di mercato a delle strutture che non hanno il controllo della filiera e che quindi non possono essere i protagonisti della valorizzazione e commercializzazione. Sul principale mercato di sbocco, quello americano, la concorrenza avviene praticamente solo tra gli stessi operatori italiani, che però producono la commodity Pecorino Romano a prezzi di mercato e a profitti industriali invariati, ed è una produzione che paradossalmente avviene anche in Paesi diversi dall’Italia: è il caso della Romania.

Sulle regole non credo si possa transigere: saranno la mia legge “Finanziaria”, sapendo, tra l’altro, che bisognerà incalzare le Regioni affinché rispettino le promesse da loro stesse rappresentate agli agricoltori. Dobbiamo lanciare un programma straordinario per la lotta alla contraffazione. Infatti il falso Made in Italy alimentare in Italia e all’Estero vale circa 60 miliardi, un reato compiuto da una pirateria nazionale e internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che, nel richiamarsi all'Italia mediante prodotti taroccati, nulla hanno a che fare con noi, se non per il danno gravissimo che ciò comporta per la nostra economia.

Chiederò al Governo la costituzione di uno strumento specifico che superi la frammentazione delle competenze, essendo questa la causa della relativa efficacia delle azioni sino ad oggi messe in campo. Innovazione. Non parlerò di OGM. Sono un uomo delle Istituzioni e rispetto quanto deliberato dal Parlamento e dalla Conferenza Stato Regioni, pur restando convinto delle mie buone ragioni.

Ecco perché chiedo alla Coldiretti di seguirmi sulla innovazione, il che vuol dire ricerca non solo per quanto riguarda prodotti e relativi processi di produzione, ma anche per quanto riguarda una più avanzata organizzazione del sistema agricolo.

E’ evidente che c’è bisogno di innovare nella tradizione. I nuovi mercati, con i nuovi consumatori, impongono più di una innovazione ai nostri prodotti. Ad imporlo sono, per esempio, i programmi sulla salute che molti Stati stanno adottando per lottare contro l’obesità, contro le malattie cardiovascolari. Ma lo impongono anche le nuove consuetudini alimentari. Innovare, insomma, nella tradizione è la condizione competitiva da ricercare.

E’ giunto allora il momento di rivisitare gli obiettivi tradizionali della Pac, scritti nell’art. 39 del Trattato di Roma, e lo si può fare integrandoli alla luce delle rinnovate esigenze delle imprese agricole, dei consumatori, dei cittadini europei. La revisione della Pac è un’occasione imperdibile, se s’intende mettere mano agli aspetti della politica agricola dimostratisi insufficienti nel gestire le criticità degli ultimi tempi.

In particolare, occorre inglobare tra gli obiettivi generali della Pac quello di sostenere la produzione di beni pubblici da parte degli agricoltori, beni che il mercato non remunera, ma che servono per mantenere un’agricoltura sostenibile sotto il profilo sociale e ambientale.

In buona sostanza, il primo compito che abbiamo davanti è garantire all’agricoltura investimenti adeguati, a cominciare da quelli che ci verranno dalla futura Politica Agricola Comunitaria. All’interno di questo negoziato, oltre alla questione del budget complessivo destinato alla PAC, budget che andrebbe difeso anche dal Ministro Tremonti, abbiamo un’ulteriore un’insidia. Mi riferisco alla ripartizione delle risorse fra gli Stati membri, con esplicito riferimento ai nuovi partners comunitari. E’ bene sapere che la ridistribuzione delle risorse nell’Unione europea è un punto nodale, un passaggio di estrema criticità e che potrebbe avere ricadute fortemente negative per l’Italia.

Non a caso è su questo punto che due giorni fa mi sono incontrato e confrontato con gli amici Ministri dell’Agricoltura di Francia e di Germania nella sede del mio Ministero a Roma, assicurando loro che l’attuale Ministro dell’Agricoltura italiana non mancherà, così come ha fatto fino ad ora, un solo appuntamento nelle diverse sedi europee. Il nuovo Pagamento Unico Aziendale degli agricoltori deve continuare a cogliere il valore del disaccoppiamento, che ha dato la libertà di produrre secondo il mercato, e questo non più come compensazione legata al passato, ma come strumento per remunerare i beni e servizi pubblici prodotti dagli agricoltori. Gli aiuti dovranno essere destinati a coloro che si impegnano con questo nuovo sistema nella produzione di beni pubblici e servizi pubblici e che adottano i comportamenti che la Pac intende incentivare.

Probabilmente sarà inevitabile accettare il superamento del modello in vigore. Tuttavia non possiamo acconsentire in alcun modo che la chiave di ripartizione fra gli Stati membri sia basata esclusivamente sulla superficie. Un simile criterio infatti sarebbe oggettivamente fuorviante. A mio avviso, invece, occorre che nella chiave di ripartizione vengano presi in considerazione parametri maggiormente significativi, quali il valore aggiunto della produzione agricola. Inoltre, la valorizzazione del fattore lavoro dovrà essere preso a riferimento per i futuri pagamenti diretti.

Altra componente innovativa dei futuri pagamenti diretti potrebbe essere quella rivolta a sostenere il potere contrattuale degli agricoltori ed il loro avvicinamento alla fase di produzione del cibo. Tale componente potrebbe assumere la forma di pagamenti, direttamente erogati agli agricoltori, condizionati alla loro partecipazione a filiere territoriali, trasparenti ed efficienti, che garantiscano basso impatto ambientale, qualità e informazione ai consumatori, riduzione degli intermediari e meccanismi di formazione dei prezzi equi e trasparenti.

Sulla rivisitazione del modello storico dei pagamenti diretti, che fotografano una realtà vecchia di 10 anni , faccio qui, in questa sede particolarmente qualificata, un appello serio perché si possa istituire un tavolo tecnico fra Regioni e Organizzazioni professionali per definire un nuovo modello di pagamenti diretti e le relative assegnazioni, così da cogliere le caratteristiche e la diversità delle nostre produzioni.

L’Italia chiederà a Bruxelles un’attenzione particolare per quanto riguarda le produzioni mediterranee, le cui specificità (tradizionalmente riconosciute dall’UE con OCM e budget ad esse dedicate), rischiano di essere disperse e sacrificate nel quadro del regime di OCM unica della nuova Pac. Produzioni mediterrane, dall’olio d’oliva al vino, passando per l’ortofrutta, elementi distintivi del Made in Italy che hanno contribuito a creare e a diffondere nel mondo il primato dello stile italiano e del buon vivere.

Oltre ai pagamenti diretti agli agricoltori, la futura Pac sarà incardinata su un secondo pilastro dello sviluppo rurale, maggiormente attento alle esigenze del territorio, capace di includere le nuove sfide dell’Europa. Di qui la necessità di uno sviluppo rurale che sappia incentivare la competitività del sistema agro-alimentare e forestale italiano e che sappia promuovere la qualità delle produzioni agro-alimentari, dove l’Italia è leader. Il nostro impegno è quindi rivisitare gli obiettivi tradizionali della Pac avendo la consapevolezza che la nostra priorità è significa rafforzare la posizione dell’agricoltura nella filiera.

In tal senso, va dato atto a Coldiretti che, con il progetto per “una filiera agricola tutta italiana, firmata dagli agricoltori”, è la prima volta che un’Organizzazione di rappresentanza propone un progetto concreto. E questo non solo nell’interesse dei propri associati, ma nell’interesse dell’intero Paese, dando vita contemporaneamente ad un nuovo modello di competitività per le imprese agricole. Un progetto che ha una valenza nazionale ed internazionale, essendo basato sul valore delle produzioni agro-alimentari Made in Italy.

Uno sforzo di riorganizzazione del sistema agricolo italiano questo, che è anche un progetto Paese, se è vero come è vero che l’obiettivo di ricostruire la rete consortile al Sud è in linea con le priorità del Governo. Sarà mia cura inserirla nel Piano per il Sud che stiamo elaborando. Per concludere, ho la consapevolezza che come membro del Governo devo delle risposte ad una vostra aspettativa: la proroga degli sgravi contributivi.

Il Governo, approvando la legge di stabilità che ho commentato nel modo che conoscete, ha dato priorità entro dicembre alla copertura degli ammortizzatori sociali. E questa è la mia priorità: assicurare in ogni modo le risorse per garantire la condizione essenziale per la competitività delle imprese agricole. Sono impegnato al massimo su questi fronti e sono convinto che, insieme, possiamo creare le condizioni per consentire ai nostri agricoltori di competere da protagonisti sui mercati europei ed internazionali”.

Focus - Cibo, simbolo di unità nazionale per il 46% degli italiani ...

La cucina e i piatti della tradizione italiana sono l’aspetto più rappresentativo dell’identità nazionale per il 46% degli italiani che li ritengono più significativi della cultura (37%) della moda (9%), del calcio (5%) e della scienza e tecnologia (3%). Emerge da un’indagine Coldiretti-Swg nel Forum di Cernobbio dove, per celebrare i 150 anni dell’Unità di Italia, è stata apparecchiata per la prima volta “ la tavola dei piatti che hanno unito l’Italia” in collaborazione con Casa Artusi. “A Pellegrino Artusi nato nel 1820 si deve il primo codice alimentare dell’Italia unita, con il suo ricettario “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Questo antico manuale, oltre ad essere un delizioso ricettario, rappresenta il vero punto fermo della tradizione culinaria italiana perché svolge in modo discreto il civilissimo compito di amalgamare, prima in cucina e poi nella coscienza popolare, le diverse cucine regionali che trovarono in questo libro un giusto dosaggio e un rilancio a livello nazionale che ancora oggi tiene unito il popolo italiano in un unico senso d’appartenenza. Da allora, infatti, l’agroalimentare italiano, che significava arretratezza e fame - sostiene la Coldiretti - ha saputo conquistare primati mondiali, diventando simbolo e traino del Made in Italy, facendo leva sul forte legame con il territorio.
L’unità d’Italia in cucina dunque - afferma la Coldiretti - è avvenuta proprio grazie al libro di Pellegrino Artusi ed oggi inneggiare al ritorno della vera cucina italiana descritta dall’autore, autenticamente sana, con soli ingredienti del Bel Paese, senza spezie esotiche, kebab, Ogm e i tanti discutibili prodotti industriali, rappresenta senza dubbio il miglior modo per festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia.

Molti dei piatti, infatti, descritti per la prima volta dall’Artusi sono - sottolinea la Coldiretti - frutto di un mix delle diverse esperienze regionali che sono diventati oggi il simbolo del nostro Paese: dal “sugo di carne” della domenica italiana alla balsamella, dai maccheroni alla napoletana al risotto alla milanese, dalla fiorentina ai saltimbocca alla romana fino al minestrone che sotto un unico nome lungo tutto lo stivale incorpora però ingredienti diversi.

Il minestrone che, per esempio, oggi non manca mai nelle case italiane, venne scoperto dall’autore a Livorno ma col passar del tempo è diventato famoso in tutta Italia, anche se con caratteristiche diverse in base ai prodotti locali e alle tradizioni come lui stesso dice “…padronissimi di modificarlo a vostro modo a seconda del gusto d’ogni paese e degli ortaggi che vi si trovano……lesso, fagioli, cavolo verzotto, spinaci, poca bietola, prosciutto grasso, una piccola cipolla, zucchino, poco sugo di pomodoro…”

Di fondamentale importanza - sostiene la Coldiretti - sono i piatti storici che rappresentano un’ottima miscela di italianità come i maccheroni alla napoletana i cui ingredienti sono tipici del sud Italia: “pasta, pomodori sbucciati tagliati a pezzi e nettati dai semi, basilico, sale pepe…” a cui aggiunge ingredienti tipici del nord “condite i maccheroni… con burro crudo e parmigiano … e mandateli in tavola, che saranno aggraditi specialmente da chi nel sugo di pomodoro ci nuoterebbe dentro” o del risotto alla Milanese nella versione in cui si aggiunge al riso, ingrediente del nord e allo zafferano del centro, il Marsala del sud, ottenendo un ottimo connubio di territori e tradizioni.
Assolutamente nazionali e non solo conosciuti nella Capitale sono poi i saltimbocca alla romana che vengono proposti da Artusi con una variante del nord, come il prosciutto grasso e il burro. E ancora gli involtini che Artusi chiamava “Tordi finti” dicendo che si tratta di “un piatto che può piacere se ci si diverte ad abbinare ingredienti di terra come il lardone con quelli di mare come le acciughe. Si fanno con magro di vitella, coccole di ginepro, fegatini di pollo, acciughe, lardone e olio.
Scorrendo le pagine del manuale - continua la Coldiretti - si intuisce subito come Pellegrino Artusi, scrivendo e argomentando alcune ricette, involontariamente dettasse le prime linee guida della cucina tradizionale italiana come nel caso della bistecca alla fiorentina di cui nel 1800 commentava: “l’uso di questo piatto non si è ancora generalizzato in Italia” …. per cucinarla bene bisogna “mettetela in gratella a fuoco ardente di carbone, così naturale come viene dalla bestia o tutt’al più lavandola e asciugandola; rivoltatela più volte, conditela con sale e pepe quando è cotta, e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra”, suggerendo inoltre che “non deve essere troppo cotta perché il suo bello è che, tagliandola, getti abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocerla, il fuoco la rinsecchisce, e se la condite avanti con olio ..sarà nauseante”. Queste semplici, ma preziosissime regole sono ancora oggi alla base del segreto per cucinare un’ottima bistecca alla fiorentina che è diventata la protagonista indiscussa di tutte le tavole italiane.

Di fondamentale importanza nella cucina italiana è il ragu’ di carne alla napoletana che oggi viene considerato il primo attore della domenica in famiglia da quando lo stesso autore ne ha codificato gli ingredienti “prendete un pezzo di carne nel lucertolo e steccatelo con fettine di prosciutto grasso e magro … battutino di lardone, aglio, prezzemolo, sale e pepe. Accomodata la carne … e legata collo spago per tenerla più unita, ponetela al fuoco con un battuto di lardone e cipolla finemente tritata… rosolata che sia la carne e consumato il battuto, aggiungetevi tre o quattro pezzi di pomodoro sbucciati e quando questi siano distrutti, unitevi, a poco per volta, del sugo di pomodoro passato.. in mancanza di pomodori freschi servitevi di conserva”. E la balsamella d ivenuta col passar del tempo besciamella, ancora oggi accompagna ogni piatto di festa e gli ingredienti, sono da sempre gli stessi: farina, burro, latte. Insomma - conclude la Coldiretti - per dirla all’Artusi, oggi come allora, “una buona balsamella e un sugo di carne tirato a dovere sono la base, il segreto principale della cucina fine”.

Focus - Corrado Passera, ad di Intesa San Paolo: “Agricoltura, uno dei settori piu’ importanti per il nostro Paese” ...

“L’agroalimentare è uno dei settori più importanti per il nostro Paese, anche in termini di potenziale crescita” perchè è dove vale di più il valore del marchio Italia”. Così Corrado Passera, ad di Intesa Sanpaolo, sulle potenzialità del settore. La sfida, “come in altri settori dell’economia italiana” è quella di superare tutta una serie di criticità strutturali. Perchè sul settore agroalimentare pesano “un tema di dimensione delle imprese, un tema di innovazione, di esportazione e di maggiore accesso ai mercati internazionali”. E siccome “ogni settore ha le sue caratteristiche”, per risolvere queste problematiche “bisogna trovare soluzioni ad hoc insieme alle associazioni di categoria” con l’obiettivo di “creare crescita e occupazione”. È questo il senso del plafond da 1,5 miliardi di euro che Intesa Sanpaolo ha stanziato a favore del settore agroalimentare: “Insieme a Coldiretti - sottolinea - abbiamo creato una modalità per aiutare le aziende che credono nel loro settore a integrarsi a a investire per creare crescita”. Con Intesa Sanpaolo che si dice pronta a mettere sul piatto altre risorse per il settore: “Se un miliardo e mezzo non basta – conclude - ce ne saranno altri”.

Focus - Crisi: gli agricoltori scoprono “l’arte” per batterla ...

Il vino resta in cantina? Meglio utilizzarlo per dipingere esclusivi quadri. Il grano viene pagato pochi centesimi? Con le spighe si possono realizzare vestiti da sposa unici? Le zucche invendute possono diventare splendidi centrotavola mentre dalla frutta e verdura è possibile creare giocattoli al naturale e con la cera d’api saponette artistiche. I prodotti vengono sottopagati nelle campagne dove gli agricoltori scoprono l’arte per battere la crisi con opere esclusive, esposte per la prima volta alla prima Galleria della “Campagna Creativa”. Un meraviglioso abito da sposa creato con spighe di grano italiano può arrivare a costare ben 5.000 euro mentre per realizzarlo ci vogliono qualche metro di seta e solo 3 kg di spighe di grano, pagate - afferma la Coldiretti - meno di un euro agli agricoltori, mentre non ha certamente un prezzo la creatività e il buon gusto di chi lo realizza.
Se smaltire gli scarti rappresenta un costo per l’azienda, secondo l’antico detto che in campagna non si butta via niente, si può arrivare a comporre manufatti profumati come la tabacchiera ricavata dalla buccia riversa del bergamotto e trasformata in bottiglietta per aromatizzare il tabacco. E se la frutta secca italiana non regge all’invasione di quella estera, allora con grande fantasia e abilità con mandorle, miele e zucchero si costruiscono bellissimi castelli per stupire gli invitati.

Il vino, gli asparagi e le erbe aromatiche che non trovano il loro giusto apprezzamento sul mercato - continua la Coldiretti - possono diventare, su una tavolozza molto speciale, splendidi e unici colori per dar vita a straordinari paesaggi. Delle semplici zucche che in questo periodo sono disponibili nei campi in grandi quantità grazie all’abilità e alla pazienza certosina dei maestri intagliatori possono diventare, con l’utilizzo di pochi utensili, delle magnifiche sculture da posizionare come centrotavola in occasioni importanti.

I coltivatori di mais, rigorosamente non Ogm, hanno invece inventato la pasta di mais, realizzata con amido di mais, aromi e colla, che è molto adatta alla modellazione di qualsiasi oggetto che la fantasia e la creatività suggerisce. Simile alla pasta di sale è molto economica e adatta ai bambini perché realizzata con prodotti naturali, ma ha una caratteristica in più, si conserva a lungo, non teme l’umidità e si asciuga velocemente.

Ma anche la frutta e verdura di stagione, con i colori vivaci e le forme diverse, si prestano molto bene ad essere trasformate in originali composizioni e divertenti oggetti decorativi adatte ad ogni particolare occasione. La cera d’api, poi, disponibile presso ogni apicoltore, sotto forma di scaglie o di sottili fogli, è un prodotto del tutto naturale che permette di creare candele molto profumate e dal delizioso color ambra che ormai sono diventate un oggetto d’arredo in ogni casa. E se poi avanza della verdura nell’orto? Fichi secchi, peperoncini e fili di zucca diventano, grazie alla creatività delle imprenditrici agricole, veri e propri gioielli da sfoggiare in ogni occasione per avere un look divertente.

Focus - Consumi: prodotti tipici in tavola per 1 italiano su 3. E 4 su 10 non sono mai entrati in un ristorante etnico ...

Un italiano su tre (32%) acquista regolarmente prodotti a denominazione di origine e il 14% quelli biologici. Si tratta della conferma che “la crisi non incide sul bisogno di sicurezza alimentare dei cittadini che continuano ad esprimere un forte interesse per le produzioni ad elevato contenuto salutistico, identitario e ambientale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel precisare che a dimostrarlo “è la crescita degli acquisti diretti dal produttore che hanno raggiunto il valore di 3 miliardi di euro e interessano più di 60.000 imprese agricole tra cantine, cascine e malghe oltre a 600 mercati degli agricoltori di Campagna Amica. I prodotti piu’ consumati sono i formaggi (con il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano in testa) e i salumi (tra i quali guidano la classifica il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele), ma sono cresciute anche le altre categorie di prodotto come gli ortofrutticoli (dalla Mela della Val di Non a quella dell’ Alto Adige, dalle Arance Rosse di Sicilia alla Pesca e Nettarina della Romagna) e gli extravergini.
E intanto, ben 4 italiani su 10 non hanno mai messo piede in un ristorante straniero (41%) o acquistato per strada kebab, tacos, involtini primavera o sushi da portare via (38%). Un dato che, per Coldiretti, “evidenzia la presenza di uno “zoccolo duro” di italiani che sfida la globalizzazione e mostra grande diffidenza verso il cibo straniero. La percentuale dei diffidenti cresce peraltro notevolmente se si considerano anche quanti solo raramente - sottolinea la Coldiretti - hanno provato la cucina straniera per raggiungere il valore di ben il 71% degli italiani per i ristoranti stranieri e del 64% per il take away. Nonostante la rapida diffusione degli esercizi commerciali che offrono cibi etnici da consumare sul posto o da portare via - sottolinea la Coldiretti - solo il 7% degli italiani frequenta molto spesso un take away straniero e il 5% un ristorante straniero. Tutto questo non pregiudica però la tolleranza degli italiani che per oltre la metà sono comunque favorevoli alla presenza degli esercizi alimentari stranieri nei centri storici, con una percentuale del 54% per i take away e del 51% per i ristoranti”. Da considerare anche che il cibo italiano è il comparto merceologico che riscuote il più alto indice di fiducia, con il 91% delle preferenze, davanti ad abbigliamento, automobile e arredamento ...

Focus - Ogm: “flop semina biotech e lobby per 3 italiani su 4”

Le provocazioni con l’eclatante semina illegale di mais geneticamente modificato (Ogm) e il pressing delle grandi lobby multinazionali con imponenti campagne di promozione che hanno segnato in Italia il 2010 non convincono i cittadini che mantengono salda la propria opposizione agli Ogm, ritenuti meno salutari di quelli tradizionali da tre italiani su quattro che esprimono una opinione (73%). “La forte contrarietà espressa dai consumatori sui prodotti geneticamente modificati - spiega Coldiretti - è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi quattro anni, ed è la conferma che non si tratta di una valutazione emotiva. Un atteggiamento che dà valore alla scelta fatta dalla Conferenza della regioni che ha deciso recentemente all’unanimità di continuare a vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Italia con l’importante invito ad esercitare la clausola di salvaguardia per vietare sul territorio nazionale la semina e la produzione della patata Amflora e del mais Mon810. Con tale decisione l’Italia - sottolinea la Coldiretti - si unisce al numero crescente di Paesi europei come Austria, Ungheria, Lussemburgo, Grecia, Francia e Germania che hanno già vietato il mais MON 810 mentre con il medesimo mezzo giuridico per ora l’Austria, l’Ungheria e il Lussemburgo hanno vietato, altresì, la patata Amflora. Gli Ogm spingono - sostiene la Coldiretti - verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy. La scelta di non utilizzare organismi geneticamente modificati non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. Su questa strada l’Italia - continua la Coldiretti - non è certo da sola poiché dopo il divieto posto anche in Germania si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove si coltivano Ogm con un drastico crollo del 12% delle semine. Il drastico crollo nei terreni seminati a transgenico in Europa nel 2009 conferma che nel coltivare tali prodotti non c’è neanche convenienza economica. Il futuro della nostra agricoltura - conclude la Coldiretti - sarà nell’essere diversi e migliori e non omologati a quei sistemi produttivi che operano con strutture di costi per noi irraggiungibili. Il problema è non farsi copiare le nostre eccellenze e non replicare modelli che il mercato ha già abbondantemente bocciato”.

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