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GOVERNO, LAVORO GIOVANILE, PAC, SICUREZZA ALIMENTARE, ECONOMIA: I PUNTI CRUCIALI DELL’AGRICOLTURA ITALIANA PER LA CIA - CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI

Governo, lavoro giovanile, nuova Pac, sicurezza alimentare, economia, mediterraneo, batterio killer: ecco i punti cruciali dell’agricoltura italiana che Giuseppe Politi, presidente Cia - Confederazione Italiana Agricoltori mette sul piatto della Conferenza Economica dell’organizzazione agricola, di scena a Lecce, per sottolineare problemi e sfide che il comparto agricolo si trova ad affrontare, a partire dal grido di dolore lanciato al mondo della politica, reo di aver sottovalutato per anni il mondo agricolo e la sua importanza. Un problema direttamente connesso ai limiti, ciclicamente palesati dal Paese, in termini di crescita, limiti legati ad una mancanza di investimenti ed a una lentezza endemica della burocrazia, che tanto terreno ci hanno fatto perdere rispetto alle altre economie continentali, specie del Nord Europa.

“C’è la netta impressione che, a parte la Pac, l’agricoltura - dice Politi - non rientri più (ormai da anni) nel cono di attenzione di Governo e Parlamento. Da anni le politiche nazionali per l’agricoltura non trovano spazio in provvedimenti settoriali (la memoria va alla “legge quadrifoglio” e al primo Piano agricolo 1977-1983 e alla legge 752/86 pluriennale di spesa), ma in provvedimenti generali a sostegno dell’economia e delle piccole e medie imprese. Per il settore primario si è fatto veramente poco. Gli Stati generali annunciati dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Francesco Saverio Romano per il prossimo mese di novembre a Cremona potrebbero essere l’occasione per ridisegnare un nuovo progetto di politica agraria nazionale. Per questo motivo, non sarebbe male stilare un programma di lavoro, cominciando ad approfondire, negli incontri preparatori, i principali nodi”. Tra questi, ovviamente, la congiuntura economica.

“L’agricoltura continua a vivere un momento estremamente difficile. Tuttavia, le imprese restano vitali e i dati del 2010 lo confermano. Però, i problemi dei costi sempre più elevati, dei prezzi non remunerativi e dell’asfissiante burocrazia restano. Come rimangono aperte le questioni che impediscono ai giovani di avere un futuro certo nell’agricoltura italiana, dove, purtroppo, non vi è ricambio generazionale: solo il 16% delle nuove aziende è guidato da un giovane, solo nel 2,3% delle aziende storiche è subentrato un “under 35” alla conduzione. L’agricoltura appare un corso d’acqua non più alimentato alla fonte: rapidamente si prosciuga. Abbiamo concepito il ‘progetto giovani’ come una sfida alle istituzioni e a noi stessi perché molto di ciò che è stato fatto (penso ai premi di primo insediamento dei piani regionali di sviluppo rurale) non appare sufficiente. Ritorna l’attenzione alle terre demaniali coltivabili, che potrebbero essere affidate in gestione pluriennale ai giovani. La nostra proposta potrebbe essere quella di mutuare la norma introdotta nel decreto sviluppo a proposito delle concessioni del demanio marittimo”.

Anche perché in 4 anni l’Italia ha perso 300.000 ettari di terreni coltivabili, e questo, a lungo termine, potrebbe addirittura mettere a rischio l’approvvigionamento di prodotti agricoli.
“Ciò avviene nell’illusoria convinzione - continua Politi - che i prodotti agricoli possano essere reperiti sul mercato globale a prezzi più vantaggiosi. Dobbiamo conciliare i principi del libero mercato, che tutti sosteniamo, con l’impegno a favorire un’equa distribuzione delle risorse alimentari mondiali. L’agricoltura assicura ai 500 milioni di cittadini europei un livello essenziale di sicurezza alimentare ed è il maggiore importatore mondiale di prodotti agricoli, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo. I paesi ricchi dovrebbero avere la responsabilità morale di ridurre il loro peso sul mercato di importazione delle materie prime agricole dai Paesi in via di sviluppo, sia per non contrapporsi, grazie al maggiore potere d’acquisto, alla domanda interna dei paesi produttori, sia per non mettere a repentaglio le produzioni agricole nazionali”. E qui entra in campo anche la discussione sulla prossima Pac, la Politica Agricola Comunitaria, che la Cia vorrebbe “forte e ambiziosa, nel segno della discontinuità e attenta alla domanda dei cittadini europei, più selettiva e mirata negli obiettivi, nelle misure e nei beneficiari. Il sostegno della Pac è vitale per le aziende agricole europee. Solo il 20% delle imprese riesce a coprire i costi di produzione con i ricavi della vendita dei prodotti. I pagamenti diretti rappresentano, in media, il 27% del reddito degli agricoltori dell’Ue a 27, con un minimo del 9% in Romania e un massimo del 53% in Svezia. Oggi gli agricoltori europei sono sostanzialmente privi di difese di fronte alla frequenza e intensità degli shock dei prezzi. Per questo noi riteniamo che, tra gli strumenti della Pac, un ruolo importante debba essere assegnato all’innovazione e alla promozione del capitale umano; alle organizzazioni economiche degli agricoltori e alle aggregazioni tra imprese; alle relazioni contrattuali nelle filiere alimentari; agli strumenti di gestione dei rischi di mercato, comprese le assicurazioni”.

Per affrontare le sfide future è necessario che le istituzioni aiutino le imprese soprattutto tagliando la burocrazia e mettendo in campo misure e meccanismi più efficienti, e che si trovi il modo di investire meglio soprattutto per potenziare l’export, anche perché le risorse europee per farlo sono tante, ma si rischia di perderle.“L’Italia dispone, nel periodo 2007-2013, di quasi 80 miliardi – sottolinea Politi - e dopo 4 anni di programmazione, il livello di utilizzo è, per l’insieme dei programmi, pari al 17%. Il termine ultimo per l’assunzione degli impegni di spesa è la fine del 2013. È sempre alto il rischio di dover restituire le risorse o di un’improvvisa accelerazione dei programmi a discapito della qualità della spesa”.

Anche per questo è necessario, secondo la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, anche un nuovo modello di associazionismo agricolo, che torni a puntare sui consorzi. “I Consorzi agrari, per la loro storia e per ciò che rappresentano oggi, sono un tassello importante del progetto di riorganizzazione della filiera agricola italiana. Oggi assistiamo a un processo di riorganizzazione del mondo cooperativo e associativo che coinvolge le imprese e le loro stesse rappresentanze. Il sistema dei Consorzi agrari non può essere estraneo a questo processo. Il nostro compito è di valorizzare quel sistema con le nostre idee, contribuendo a un progetto con l’obiettivo di includere e non di escludere. L’unità non è solo una necessità, ma una scelta fortemente condivisa. La situazione dell’agricoltura e il grave disagio economico e sociale degli agricoltori impongono a quanti rappresentano questi interessi di mettere da parte ciò che divide e valorizzare quel che può unire. Lavorare per l’unità non significa mettere in discussione o cancellare le diversità, la storia e tutto ciò che rappresenta il patrimonio anche ideale delle singole Organizzazioni. Lavorare per l’unità non significa farlo in contrapposizione a chi ancora non ha maturato questa scelta. La riforma della Pac, le nuove regole del governo delle filiere, le organizzazioni interprofessionali, la politica agricola nazionale e quelle regionali, la riduzione del peso della burocrazia, la costruzione di un nuova e forte rete di strumenti dell’autogoverno economico degli agricoltori, a nostro giudizio, possono essere i temi su cui avviare un confronto e possono essere i capitoli di un progetto unitario per l’agricoltura italiana. Finalmente abbiamo ripreso a dialogare e, soprattutto, ciò viene fatto affrontando i problemi reali. Nei prossimi giorni si riaprirà il tavolo generale sulla riforma della Pac per aggiornare il documento già sottoscritto, precisare meglio alcuni obiettivi e, soprattutto, per confermare l’impegno di condivisione dei suoi contenuti. L’occasione della convocazione degli Stati generali dell’agricoltura, annunciati dal ministro Romano, devono rappresentare un laboratorio per sperimentare nuove e più avanzate forme di lavoro comune per meglio rappresentare gli interessi di cui siamo portatori”.

Ma se queste sono le linee guida per il futuro, non si può non guardare al presente che, per l’agricoltura, è rappresentato anche dai danni dell’ultima emergenza, quella dell’E.Coli che ha colpito indirettamente anche l’ortofrutta italiana. “La scarsa informazione, le notizie contraddittorie che si sono rincorse sui media europei, la psicosi che si è generata tra i consumatori e il conseguente crollo delle vendite di frutta, verdure e ortaggi (che in poco meno di dieci giorni è arrivato a un meno 20%) ha inferto un pesante colpo sia alle imprese agricole che a quelle agro-industriali, non dimenticando i riflessi negativi per l’intero indotto che ruota attorno al sistema ortofrutta. A due settimane dai primi casi di intossicazione in Germania, registriamo un danno economico per il settore di oltre 150 milioni di euro (blocco dell’export, distruzione del prodotto, caduta dei consumi). A cui vanno aggiunte le ricadute sull’occupazione, con migliaia di posti di lavoro a rischio, se tutta la vicenda non si chiarirà al più presto. Dati che, visti nella dimensione europea, assumono connotati ancora più drammatici: una perdita secca (secondo le prime stime) di 600 milioni di euro per gli agricoltori dei 27 paesi Ue (quelli italiani e spagnoli i più colpiti) e in pericolo quasi 100.000 posti di lavoro nell’intero sistema ortofrutta. Ancora una vola l’Ue non ha gestito al meglio un’emergenza alimentare. Eppure quella dell’E.Coli è solo l’ultimo anello di una catena di emergenze che hanno devastato la nostra agricoltura e l’intera filiera agroalimentare. Negli ultimi dieci anni, gli allarmismi ingiustificati e ‘gonfiati’ da assurde campagne mediatiche, creando psicosi tra i cittadini e provocando di conseguenza crolli verticale nei consumi, hanno causato un danno complessivo di oltre 5 miliardi di euro. Chiediamo e pretendiamo un atteggiamento serio e responsabile dei media nel trattare questi argomenti, ma anche la messa in campo di strumenti e azioni da parte delle istituzioni per tutelare la salute dei consumatori, dei produttori agricoli e di quanti a diverso titolo sono impegnati all’interno delle filiere produttive agroalimentari. Riteniamo urgente che la Commissione europea e il governo nazionale intervengano con misure finanziarie sufficienti (quelle annunciate non coprono minimamente i danni subiti), ma anche promuovendo una campagna di comunicazione rivolta ai consumatori dando una corretta informazione”.

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