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WINE & FOOD - IL SETTORE DELLA COOPERAZIONE HA RETTO NONOSTANTE LA CRISI. L’86% DEGLI APPROVVIGIONAMENTI DI MATERIA PRIMA DELLA COOPERAZIONE ARRIVA DAL CONFERIMENTO SOCI. LO DICE IL RAPPORTO DELL’OSSERVATORIO DELLA COOPERAZIONE AGRICOLA ITALIANA

L’86% degli approvvigionamenti di materia prima della cooperazione agroalimentare, il cui fatturato è pari ad un terzo del settore agroalimentare italiano, è costituito dal conferimento dei soci. La materia prima è per il 97% di origine nazionale e la quota prevalente proviene da un bacino locale e solo per il restante 3% dall’estero. La grave crisi economica del biennio 2008-2009, del resto, ha lasciato una traccia del settore cooperativo agricolo che, come tutti i comparti, ha vissuto una fase di contrazione ma ha fatto registrare una performance migliore rispetto a quella degli altri settori produttivi. Emerge dall’ultimo Rapporto dell’Osservatorio della cooperazione agricola italiana, presentato ieri a Roma. Dai dati si segnala che la cooperazione ha perso il 2,6% del proprio fatturato nel 2009 sul 2008, ma è riuscita a mantenere saldo il valore nella voce dell’occupazione che ha subito un calo di solo lo 0,3%, nello stesso periodo.
Sulla precedente rilevazione (2006-2007), la percentuale del conferimento dei soci è aumentata, passando dall’82% all’86%, “segno inequivocabile - dice Maurizio Gardini, presidente di Fedagri-Confcooperative - del forte radicamento sul territorio a difesa delle produzioni italiane. Siamo noi il vero baluardo del made in Italy. Le cifre mostrano chiaramente che nella cooperazione agricola viene ampiamente superata la soglia di legge pari al 50% di conferimento della materia prima nazionale previsto per la mutualità del modello imprenditoriale cooperativo. È una scelta di campo ormai acquisita per le nostre imprese, quelle che, realmente, nella fase della produzione mettono in pratica nel lavoro quotidiano, il concetto moderno di chilometro zero, inteso come processo di valorizzazione delle materie prime sul luogo della produzione stessa”.
Il forte legame con il territorio, secondo il Rapporto, rappresenta uno degli asset principali della cooperazione in termini di origine della materia prima e di controllo della filiera. Permane, però, una insufficiente capacità della cooperazione di raggiungere efficacemente il mercato finale, attraverso il processo di valorizzazione della produzione agricola, vale a dire, il recupero delle quote di valore aggiunto maturate dalle fasi a valle dell’agricoltura. Nel 2009 una quota rilevante della produzione delle cooperative, pari al 30% del fatturato della cooperazione avanzata, è costituita da materie prime/semilavorati e prodotti non a marchio, mentre i prodotti a marchio proprio incidono per il 45% del giro d’affari, cui si aggiunge un 20% di private label. Nello stesso anno il 50% del fatturato è stato realizzato attraverso canali di accesso diretto: la gdo (31%), il dettaglio tradizionale (9%), l’horeca (6%) e la vendita diretta (4%). D’altro canto, una quota pari al 42% raggiunge il mercato attraverso l’intermediazione di grossisti o, trattandosi di semilavorati, viene destinata ad altre imprese cooperative e non cooperative per successive trasformazioni. Molte cooperative non riescono quindi ad intrattenere rapporti stabili con la gdo, che costituisce oggi il più importante canale di distribuzione al dettaglio dell’alimentare sia fresco che trasformato. Il rapporto evidenzia, inoltre, che è cruciale la dimensione dell’impresa. I dati dimostrano che al crescere della dimensione aziendale il rapporto diretto con il mercato, in particolare con la moderna distribuzione diventa più solido e strutturato. La grande dimensione genera, inoltre, maggiore competitività, migliori indici economico-finanziari e di gestione che offrono la possibilità di liquidare ai soci un prezzo più remunerativo. Al riguardo, il rapporto evidenzia che l’impresa cooperativa è protagonista al pari delle altre aziende concorrenti, dal momento che tra le prime 50 imprese agroalimentari italiane figurano 11 grandi cooperative, spesso leader nei rispettivi settori produttivi.
Gli occupati nel comparto della cooperazione agricola sono oltre 93.000, mentre le adesioni dei soci superano le 863.000 unità, per un numero totale di imprese che è pari a 5.834, con una dimensione media aziendale di 5,9 milioni di euro. La lettura che si ricava da questi dati è quella di un modello imprenditoriale che, nonostante la crisi, ha mostrato di avere in sé gli anticorpi adatti per reagire e stare sul mercato, evitando l’emorragia di disoccupazione e cassa integrazione registrata altrove sia in Italia che all’estero.
Le proiezioni al 2010 dell’Osservatorio rilevano rispetto all’anno precedente un incremento dell’1,5% per il fatturato (che supera i 34 miliardi di euro), mostrando come il settore sia uscito dalla crisi e che abbia ripreso anche a crescere a fronte di un ulteriore modesto calo dell’occupazione (-0,3%). La cooperazione, quindi, si riavvicina ai valori pre-crisi del 2008. “Tutto ciò conferma che il sistema cooperativo costituisce la parte dell’agricoltura che può aspirare effettivamente ad essere il perno indispensabile dell’agricoltura del futuro - ha commentato il Presidente di Fedagri-Confcooperative, Maurizio Gardini - Queste informazioni mostrano una capacità di tenuta delle posizioni acquisite dalla cooperazione associata relativamente migliore rispetto al sistema alimentare non cooperativo, un posizionamento che deriva dalla mission delle imprese, fortemente orientate a valorizzare la materia prima dei soci anche in momenti in cui i mercati presentano segnali di rallentamento”. In effetti prima della crisi economica il sistema cooperativo agroalimentare godeva di una discreta salute. Tra il 2006 e il 2008 i dati evidenziano un incremento di imprese cooperative agroalimentari dell’1,5%. Nello stesso periodo, si è consolidato anche il fatturato (+ 13,3%) e l’occupazione (+3,5%), mentre i soci sono calati dello 0,4%.

Focus - Export si concentra i quattro settori: ortoflorofrutticolo, zootecnico, lattiero-caseario, vitivinicolo
A dimostrazione della crescita del sistema cooperativo emerge anche il ruolo che svolge sui mercati internazionali. Il fatturato espresso dalla cooperazione si concentra in quattro principali settori: l’ortoflorofrutticolo (24% del totale fatturato della coopera¬zione), lo zootecnico (23%), il lattiero-caseario (21%), il vitivinicolo (11%). In particolare, le cooperative esportatrici sono presenti con maggiore frequenza nel vitivinicolo (58% delle imprese del settore) ed in quello ortoflorofrutticolo (39%), seguite dal lattiero-caseario (17%) e, infine, dallo zootecnico (10%). I principali prodotti destinati ai mercati esteri sono il vino, l’ortofrutta fresca e trasformata, i formaggi, mentre nel caso della carne si tratta di salumi e carni preparate. I 4 comparti in cui la cooperazione agroalimentare è più rappresentata, complessivamente contribuiscono al 43% delle esportazioni totali; nel lungo periodo sono stati tutti caratterizzati da un trend positivo delle esportazioni, sebbene le modalità con cui questa crescita si è realizzata, sono diverse.

Focus - L’impatto della crisi sull’export
La crisi del 2009 ha poi agito sui diversi comparti in maniera differente. Per l’ortofrutta fresca, trattandosi di prodotti deperibili, la via obbligata è stata comunque la commercializzazione dei prodotti. Pertanto in termini di quantità il comparto ha limitato le perdite sui mercati esteri (pari al 5%), mentre ha subito contrazioni marcate sui prezzi, tanto che complessivamente il valore dell’export del 2009 si è con¬tratto del 14% su quanto realizzato nel 2008. L’ortofrutta trasformata ha invece resistito meglio ed a fronte di un calo delle quantità del 9%, la perdita complessiva in termini di valore è stata contenuta al 4%. Nel caso del vino, viceversa, si è registrata una contrazione marcata del prezzo dei vini sfusi, meno netta per gli imbottigliati, mentre gli spumanti sono rimasti stabili; conseguentemente la contrazione del valore delle esportazioni si è attestata al -5%, ma ha consentito di sostenere le quantità che sono cresciute dell’8%. Infine, per i formaggi, si è registrata una sostanziale stabilità, con solo lievi ridimensionamenti di quantità e valori esportati.

Focus - Cooperative e territorio
L’incremento del numero delle imprese è concentrato prevalentemente al Sud, mentre al Nord la situazione è rimasta stazionaria. Questo andamento conferma il processo di razionalizzazione e riorganizzazione che sta caratterizzando negli ultimi anni le cooperative del centro-Nord, dove il sistema presenta uno stadio di sviluppo avanzato e le operazioni più frequenti attengono più ai processi di concentrazione delle imprese attraverso la fusione delle strutture esistenti. La configurazione territoriale al 2008 resta dunque stabile rispetto a quanto rilevato nel 2006: il 43,5% delle cooperative sono localizzate nel meridione, il 41,6% nel Nord e il 14,9% nel Centro Italia. Tutte le aggregazioni geografiche presentano incrementi nei valori di fatturato e, in particolare, il Sud mostra una variazione particolarmente elevata e pari al 22% mentre il Nord si attesta al 12,5% ed il Centro al 7,2% Questi andamenti hanno marginalmente modificato l’importanza dei territori rispetto alla generazione di ricchezza complessiva: il Nord resta saldamente in testa detenendo circa il 78% del fatturato, ma i tassi di crescita del fatturato prima illustrati mostrano anche una certa vivacità del Sud.

Focus - La distribuzione del fatturato per settore produttivo
La distribuzione del fatturato per comparto di attività premia i principali settori: ortofrutticolo, zootecnico, lattiero-caseario e vitivinicolo, cui si aggiunge un importante ruolo detenuto dai servizi. Sebbene la maggior parte di cooperative faccia riferimento ad una dimensione economica piuttosto contenuta, sono le realtà maggiormente strutturate che determinano la quota più importante del fatturato cooperativo associato. Infatti, a differenza delle imprese, il fatturato registra una distribuzione tra le classi di dimensione econo¬mica molto sbilanciata verso quelle più grandi. Il 54% del fatturato ricade nella classe oltre i 40 milioni di euro (a cui corrispondono 108 cooperative) mentre la classe inferiore ai 2 milioni di euro registra solo il 7% della ricchezza complessiva (a questa classe corrispondono i 2/3 delle imprese). Inoltre, sono sempre le cooperative di maggiori dimensioni economiche che attivano una domanda di lavoro significativa.

Focus - Il progetto “cooperative-locomotiva”
Dall’analisi del rapporto emerge uno scarto di sviluppo tra Nord e Sud che descrive uno scenario di forte leadership del settentrione. Nel 2008, il 78% del fatturato totale è stato generato da cooperative localizzate nel Nord della penisola. Il ruolo di volano economico esercitato dal settentrione viene confermato per tutti i settori cooperativi, che vedono la maggioranza di ricchezza complessiva generata in quest’area del Paese.
“In sintesi, il movimento cooperativo nazionale associato può essere idealmente suddiviso in due grandi gruppi - ha aggiunto il Presidente di Agci-Agrital, Giampaolo Buonfiglio - le cooperative più strutturate e quelle meno strutturate. In termini di prevalenza, si rileva che nel secondo gruppo sono maggiormente presenti le imprese del Sud dove ci sono isole di efficienza ma la mancanza di una rete di sistema tra le imprese frena la proiezione su mercati più ampi”. Replicando un fenomeno che investe l’intera imprenditoria del Sud, il dossier rileva che alle cooperative del Mezzogiorno, fatte salve le esperienze d’eccellenza, mancano i requisiti di competitività e il tasto più dolente è quello del rapporto con il mercato. Si tratta di una realtà sulla quale, la cooperazione, da tempo ha deciso di intervenire, promuovendo sinergie, fusioni, acquisizioni e creazione di consorzi tra la cooperazione avanzata del Nord e alcune cooperative del Sud. Nel settore ortofrutticolo si sono registrati molti successi su questo fronte, pertanto, in occasione della pubblicazione del Rapporto, le Organizzazioni cooperative agricole nazionali hanno deciso di rilanciare su vasta scala il progetto e puntare alla realizzazione di filiere interregionali, in un esperimento di “cooperative-locomotiva”. “Non possiamo permetterci di lasciare indietro nel processo di sviluppo del Paese, una parte importante come il Mezzogiorno, dove si trova il 43,5% delle nostre cooperative - ha affermato Giovanni Luppi, presidente di Legacoop-Agroalimentare. Senza il Sud, ogni anno si perderebbero 15,8 miliardi di euro ovvero la cifra pari al valore della produzione agricola dell’area. Dobbiamo proseguire nella direzione già intrapresa con esempi virtuosi di alleanze tra cooperative del Nord e del Sud che valorizzano le produzioni italiane e arrivano a completare il processo fino alla presenza dei prodotti sugli scaffali della Gdo. Il nostro obiettivo è quello di individuare delle imprese cooperative leader nelle filiere più importanti che avranno la funzione di costituire le locomotive attorno alle quali creare dei sistemi integrati con le cooperative del Sud disponibili e pronte per le sfide del mercato, in modo da ampliare la gamma dell’offerta ai canali distributivi”. “E’ l’avvio di una nuova fase - ha proseguito Gardini - per la quale chiederemo alle strutture del Nord di decidere di investire nel Sud ma lo Stato non stia a guardare, deve anch’esso fare la sua parte. Ad esempio chiediamo che siano reintegrati i fondi Fas destinati al finanziamento dei contratti di filiera fermi ormai da quattro anni. Nei mesi scorsi, il Parlamento ha esteso i contratti di filiera anche al Nord quindi ci sarebbero tutti i presupposti per creare delle filiere settoriali integrate Nord-Sud”.

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