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NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE: LA CRISI ECONOMICA HA RIEQUILIBRATO UN PO’ IL MERCATO USA, RIDIMENSIONANDO LE “SPECULAZIONI” E PREMIANDO CHI HA OFFERTO ALTA QUALITÀ A PREZZI RAGIONEVOLI. PAROLA DI FABRIZIO PEDROLLI, PRESIDENTE VIAS IMPORT

Italia
Fabrizio Pedrolli

Non tutto il male vien per nuocere: la crisi economica ha riequilibrato un po’ il mercato Usa, ridimensionando qualche eccessiva “speculazione” sui prezzi di certi prodotti, e premiando chi ha saputo offrire con continuità vini di qualità medio alta a prezzi ragionevoli e competitivi. Parola di Fabrizio Pedrolli, presidente di Vias Import Ltd, società che da 30 anni opera nel mercato Americano, distribuendo in tutti i 50 stati Usa più di 400 etichette di alta qualità per oltre 70 cantine di tutta Italia, con marchi come Damilano in Piemonte, Guerrieri Gonzaga in Trentino, Vie di Romans in Friuli, Bisol e Dal Forno in Veneto, Argiano, Castello dei Rampolla, Cerbaiona, Fattoria del Cerro, La Poderina, La Cerbaiola e Camigliano in Toscana, Còlpetrone in Umbria, Terredora di Paolo in Campania e Ceuso in Sicilia, solo per citarne alcune. E che, nonostante negli States la crisi economica si sia fatta sentire con forza a partire dal 2008, ha chiuso per tre anni consecutivi il fatturato in crescita. “E questo grazie al fatto che curiamo un target di prodotto che non è entrato in grande crisi, perché se è vero che in Usa si sono abbassati un po’ i prezzi, in questa fascia il rapporto prezzo/qualità è estremamente interessante anche per la selezione che facciamo su cantine e prodotti vinicoli italiani, e visto che abbiamo 30 anni di esperienza e sappiamo scegliere quel prodotto che può essere gestito dal punto di vista economico pur avendo una qualità medio alta. È la nostra filosofia, che è stata vincente perché abbiamo superato bene questi 3 anni di crisi, e questa politica ci ha salvato perché non siamo stati costretti ad entrare in supercompetizione con prodotti di base che effettivamente hanno avuto un volume di vendita notevole, ma anche una contrazione di prezzo significativa, e non so fino a che punto abbiano fatto utili. Diamo prodotti “sicuri”, in Italia abbiamo un centro di assaggio e non c’è prodotto che arriva in America se prima non è controllato da noi, e abbiamo tanti vini di ottima qualità nella fascia dei 20 dollari allo scaffale che oggi è il “prezzo magico” per il consumatore americano, quello che prima della crisi era sui 30-35 dollari. Noi, con questa nostra politica, abbiamo già superato la crisi economica degli anni ’80 e quelle dei primi del 2000 dopo le Torri Gemelle, ma quella di questi ultimi anni è stata sicuramente la più significativa e penalizzante sul mercato in generale.
Ma ha dato segnali anche positivi, nel senso che ha costretto la produzione italiana, pur mantenendo la sua qualità sempre medio alta, a rivedere qualche “speculazione” troppo eclatanti degli anni precedenti con alcuni prodotti, soprattutto delle regioni leader Toscana e Piemonte, che hanno visto rialzi di quotazione per prodotti sicuramente validi, ma sopravvalutati a livello di prezzo. E questa crisi ha ridimensionato notevolmente questa fascia di facile speculazione, e questo ci ha permesso di dare al mercato un ottimo prodotto e ad un prezzo giusto e competitivo anche nei riguardi della Francia che è il nostro competitor maggiore”.
Al di là della crisi, come è cambiato il mercato americano in 30 anni di lavoro?
“Quando ho iniziato il consumo procapite era 4 litri e gli americani erano 250 milioni, ora siamo a 10 litri a testa per più di 300 milioni di persone, quindi c’è stata una crescita esponenziale per il consumo di vino, dovuto anche a fattori culturali: il mondo si è “rimpicciolito”, anche grazie ai media e ai trasporti, e la gente ha iniziato a conoscere tante realtà. E l’Italia ha anche il vantaggio della sua storia e della sua cultura, quindi accanto a prodotti che hanno sempre avuto successo come Pinot Grigio e Moscato, anche grazie a prezzi più che abbordabile, si è sviluppata una curiosità per vini più importanti, che sono quelli con i quali lavoriamo noi. Anche perché il livello produttivo italiano è cresciuto: non più solo Piemonte e Toscana, ma anche Campania, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Puglia, Marche, Sicilia, Sardegna, e tutte le altre Regioni hanno prodotti interessanti che trovano collocazione sul mercato americano, che è fatto di consumatori curiosi”.
Per chi lavoro nella fascia medio alta con prezzi commisurati al reale valore del prodotto, insomma, le cose, crisi o non crisi, sembrano destinate a continuare ad andar bene anche in futuro?
“Certamente, anche perché le importazioni di vino italiano non sono crollate, anzi, sono cresciute in generale. Certo è che chi è riuscito a dare la giusta qualità con un ottimo rapporto con il prezzo è stato premiato di più, ma la situazione negli Usa è buona a livello generale per il vino italiano, nonostante un piccolo abbassamento di target perché gli americani, negli ultimi 2 anni, sono stati un po’ più oculati nello spendere”.
Federico Pizzinelli

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