Quando si parla di sostenibilità in vigna e in cantina, ma anche di “vino biologico” (si potrà chiamare così dalla vendemmia 2012, ha detto l’Unione Europea), si scopre che l’Italia è all’avanguardia su entrambi i fronti che hanno in comune, seppur con approcci diversi, la grande attenzione per il rispetto della natura. “Ita.Ca”, acronimo di Italian Wine Carbon Calculator, il primo calcolatore per il bilancio dell’anidride carbonica specifico per il settore vitivinicolo italiano, nato grazie allo Studio Agronomico Sata, guidato dal professor Leonardo Valenti, ed al supporto scientifico dell’Università Statale di Milano, è stato scelto dal Ministero delle Politiche Agricole, per rappresentare l’Italia nella commissione internazionale dedicata alla definizione del nuovo protocollo di calcolo dell’impronta carbonica dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino.
Un protocollo già adottato da nomi importanti del vino italiano, da Tenuta di Fontanafredda, nel cuore delle Langhe, che recentemente ha avviato il progetto ‘”Riserva bionaturale”, ad Arnaldo Caprai, con il suo celebre Sagrantino di Montefalco, in umbria, senza contare l’impegno del Consorzio del Franciacorta, e di cantine prestigiose del territorio come Berlucchi, Ca del Bosco, Barone Pizzini, ma anche di Volpe Pasini in Friuli Venezia Giulia, solo per citare alcune tra le più prestigiose. Un protocollo che, con un approccio di valutazione scientifica delle emissioni di anidride carbonica in ogni fase della filiera, dalla vigna alla bottiglia finita, punta a misurare tutte le criticità, anche energetiche, dell’azienda, e a risolvere nel mondo migliore per ridurre l’impatto sull’ambiente ma anche per migliorare la qualità del vino con la viticoltura di precisione. Ma c’è anche chi, per rispettare la natura, sceglie un approccio diverso, quello della produzione biologica.
Da Biofach, il più importante salone europeo del biologico, il concorso “Mundus Vini International Organic Wine Award”, vede l’Italia ai primi posti nel mondo, con 2 “Special Gold Medal” (al Caiarossa Igt Toscana 2007 di Caiarossa al Vin Santo del Chianti Doc 2007 Fattoria la Vialla) come Francia e Australia.
Focus - Ma in Usa il vino “biologico” europeo deve ancora attendere.
Quel che è certificato “bio” in Europa vale anche negli Stati Uniti, e viceversa. Lo sancisce definitivamente l’accordo storico firmato tra Usa e Ue oggi a Norimberga. Accordo che sarà in vigore dall’1 giugno 2012 anche se, per il vino, ci sarà da aspettare di più. Il perché lo spiega Bruxelles: i 27 paesi Ue si sono accordati sulla normativa per etichettare il vino come biologico soltanto l’8 febbraio 2012, con la nuova normativa che varrà dalla vendemmia 2012. E quindi, per inserire anche il vino nel trattato, bisognerà aspettare l’entrata in vigore della norma (1 agosto 2012), “e poi confrontarsi - spiega la Commissione Ue - con gli 11 partner con cui l’Europa ha già un riconoscimento delle rispettive normative sul biologico.
Tra questi, Nuova Zelanda, Australia, Argentina, Canada, Giappone e India. Nell’accordo Ue-Usa mancano anche - dice Bruxelles - i prodotti dell’acquacoltura, come frutti di mare, alghe e pesce. Quanto all’etichettatura, l’obbligo di riportare sul prodotto bio il logo europeo - una foglia verde brillante a 12 stelle - entra in vigore per il mercato comunitario il prossimo primo luglio. Il consumatori di prodotti biologici potranno quindi trovare sull’etichetta nei 27 Stati membri il logo europeo e quello Usa, rappresentato dalla sigla “Nop” di National organic program. Ue e Usa rappresentano il 90% del mercato mondiale di biologico. Intanto, 20 Stati hanno chiesto il riconoscimento Ue per il commercio di prodotti bio, tra questi la Cina”.
Focus - Indagine Ismea-Firab: buone le prospettive per export di prodotti bio
Nonostante le difficoltà dell’economia, c’è ottimismo tra le aziende che producono cibi biologici. Lo dice un’indagine Ismea - Firab (Fondazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica) sull’export di prodotti bio nei mercati Ue, in un campione di 100 aziende del comparto biologico con forte orientamento all’esportazione.
Un mercato, quello del bio, che anche all’estero sembra confermare un buon dinamismo, grazie soprattutto al contributo di paesi di rilievo, nel panorama europeo, come Germania, Francia e Regno Unito, ma anche alla forte richiesta di altre nazioni, in particolare del Nord Europa, come Svezia e Danimarca. Tra i Paesi extra-Ue i principali sbocchi commerciali sono rappresentati, per il bio made in Italy, da Svizzera, Usa e Giappone, mentre rivestono un ruolo ancora marginale mercati potenzialmente interessanti come Canada, Russia e Cina. Nonostante il deterioramento del quadro congiunturale, anche in prospettiva, le aziende sembrano orientate positivamente. Per una buona metà del campione (il 55%) l’attività di esportazione dovrebbe infatti confermare la tendenza alla crescita, anche a un tasso sostenuto, mentre solo il 3% delle aziende si è espresso in senso negativo, prevedendo al contrario un rallentamento delle vendite all’estero.
Dall’indagine emerge anche un’elevata propensione da parte della aziende alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali. Il grosso degli sforzi sembra al momento concentrarsi sui paesi emergenti, in particolare Russia, Cina, India e Brasile, quelli che in questa fase, a giudizio degli operatori, riservano le migliori potenzialità di crescita.
Dall’indagine emerge, quindi, che il mercato del bio italiano gode, oltre frontiera, di buona salute e che il settore non sta risentendo della crisi, continuando anzi a crescere, grazie anche a prezzi stazionari, posizionati su livelli medio-alti sui principali competitor. Peraltro, con l’accesso ai mercati emergenti si potrebbero aprire nuovi e ulteriori spazi per le aziende, con buone possibilità di consolidamento della presenza del biologico italiano nel Mondo.
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