Strano rapporto, quello tra Italia e Brasile. Fatto di tante rivalità, a partire da quella storica nel calcio, ma anche di tanti tratti in comune, prima di tutto la voglia di far festa. E tra i tanti vini italiani che incarnano proprio lo spirito di godimento e spensieratezza c’è il Lambrusco, di cui i brasiliani vanno ghiotti, al punto che il 70% di tutto il vino che il grande Paese sudamericano (una delle grandi economie emergenti del “Bric” - Brasile, Russia, India e Cina) importata dall’Italia è proprio il rosso frizzante dell’Emilia Romagna. Ma i brasiliani non si accontentano più di berlo e, al ritmo di un samba che, parafrasando Renzo Arbore, si potrebbe intitolare “Labruscao Meravigliao”, si sarebbero fatti avanti per investire in una della cantine leader del Lambrusco di qualità: un fondo “carioca” avrebbe contattato la Cantine Ceci, come conferma (cosa insolita quando si parla di trattative commerciali) a WineNews Alessandro Ceci. Che chiarisce subito: “con questo fondo, di cui non posso rivelare il nome per ragioni di riservatezza, ci parliamo spesso da tempo, la trattativa è viva, anche se non c’è ancora niente di concreto. In ogni, caso la cessione della nostra azienda è fuori discussione. Ma questo interesse ci riempie di orgoglio, e aprirne parte del capitale per continuare a crescere come stiamo facendo, contribuendo a quel salto qualitativo e di immagine che il lambrusco ha fatto negli ultimi 15-20 anni, potrebbe essere una possibilità da considerare. Anche perché dobbiamo renderci conto che abbiamo in mano un prodotto che ha potenzialità di mercato altissime. Non esiste, nel mondo, un’eccellenza enoica che costa 5 euro a bottiglia come certi lambruschi, a partire dal nostro Otello”, dice senza nascondere l’orgoglio. Novità sulla vicenda, in ogni caso, potrebbero saltar fuori a Vinitaly (25-28 marzo, Verona). Chissà se la trattativa sarà entrata di più nel vivo e, per allora, nascerà il primo lambrusco “italo-brasiliano”. Se son rose fioriranno ma, in ogni caso, va registrato con positività l’interesse di un altro capitale straniero (dopo i casi Constellation Brands-Ruffino e Russian Standard Corporation-Gancia, solo per citare i più recenti) che pensa ad investire in un’eccellenza (fino a pochi anni fa insospettabile) del vino italiano.
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