Le cantine italiane vogliono credito e reclamano dal mondo bancario un’inversione di tendenza e un diverso atteggiamento ma gli istituti sembrano guardare con rinnovato interesse i buoni risultati che il vino sta ottenendo, specie a livello di export, e assicurano che per il settore “il semaforo è verde”. E’ il messaggio, lanciato oggi a Verona dalla tavola rotonda, organizzata da Fedagri - Confcooperative dal titolo “Diamo credito al vino italiano”.
Moderati dal direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli, il Ministro per le Politiche Agricole Mario Catania, il direttore generale di Unicredit Roberto Nicastro, il presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro, insieme al presidente di Agriventure Intesa-San Paolo Federico Vecchioni, e al presidente di Fedagri Confcooperative Maurizio Gardini.
“Il tempo è cambiato anche per le banche universali - ha esordito Nicastro - che non vanno al Salone di Ginevra ma vengono al Vinitaly. Nel secondo semestre 2011, le banche italiane non hanno avuto una buona vendemmia sul fronte della liquidità. Gli istituti italiani, ha spiegato, mediamente “danno 1.900 miliardi di impieghi, mentre ne ricavano 1600 dalla raccolta. Mancano perciò all’appello 300 milioni, che vanno reperiti sui mercati internazionali, ma con la crisi dei Btp questo è stato più difficoltoso e gli istituti sono dovuti andare dalla Bce per ottenere finanziamenti europei”. Il dg Unicredit ha poi spiegato che la seconda ondata di risorse della Bce agli istituti di credito “sta dando i primi segnali positivi dal punto di vista di un allentamento” della stretta sul credito verso le imprese, il cosiddetto “credit crunch”. In più, ha assicurato, le banche guardano positivamente a tutto il settore agroalimentare e “il semaforo è verde per il comparto del vino. C’è una forte attenzione sull’export, che rappresenta un'opportunità straordinaria, ma possiamo fare molto di più come in Cina, dove l’Italia detiene una quota dell’11%, e potrebbe crescere”.
Per il Ministro Catania “c’è un clima di fiducia che conferma il buon momento per il vino italiano. Però - ha osservato - esiste una strozzatura nel sistema del credito che impedisce alla stragrande maggioranza delle imprese di accedervi secondo i canoni classici”. A questo, secondo il ministro, si accompagna un’altra problematica molto sentita da tutte le imprese: “il prolungamento dei tempi di pagamento alle aziende da parte della Pubblica amministrazione ma anche tra aziende e aziende. Per ovviare a questo aspetto - ha aggiunto - il Governo ha messo a punto l’articolo 62 del decreto liberalizzazioni che impone, tra l’altro, il pagamento entro 30 giorni per le merci deperibili e di 90 giorni per quelle non deperibili. Occorre naturalmente fare di più e ci sarà bisogno di un intervento di fondo e sostanziale”.
Per De Castro “servono strumenti più sofisticati per la gestione del rischio. Le imprese italiane, non solo quelle del vino, stanno incontrando forti difficoltà a causa della volatilità dei prezzi che ha forti ripercussioni sulla gestione del rischio”.
Secondo Pietro Modiano, presidente di Nomisma, “occorre iniziare a smettere di pensare al mondo del vino come ad un settore eccentrico solo perché continua a crescere nonostante la crisi”. A livello di credito Modiano ha invece sottolineato che le “banche soffrono di despecializzazione e questa crea una torsione tra i processi decisionali delle aziende bancarie e le necessità dei territori. Chi ha bisogno di credito sono proprio le aziende più brave – ha fatto notare - perchè hanno un ciclo produttivo più lungo”.
La parola è poi passata a Federico Vecchioni che ha ricordato come il Gruppo Intesa San Paolo ha scelto, con Agriventure, di specializzarsi e “di dare una maggiore attenzione ai fabbisogni del settore agricolo. Se però vogliamo che il credito al settore non sia fossilizzato alla cambiale agraria, occorre anche un passo diverso anche da parte delle aziende”. Per Vecchioni, che a lungo ha guidato Confagricoltura, “c’è bisogno di una professionalizzazione di chi segue il settore e del managment delle aziende”. Per favorire l’accesso al credito per le imprese se settore, ha detto ancora, “abbiamo creato un rating agricolo”, però, è anche necessario che da parte delle imprese ci sia “un approccio diverso verso il mondo della finanza” e le opportunità che questo può offrire.
La parola è poi passata al presidente del settore vitivinicolo di Fedagri Confcooperative, Adriano Orsi, che ha lamentato una sorta di “discriminazione” nei confronti del mondo agricolo e agroalimentare quando un’azienda si presenta per chiedere un prestito. “Per il mondo del credito - ha ricordato - l’agricoltura e l’agroalimentare rappresentano un universo da 75 miliardi di euro impiegati, pari al 7,5% degli impieghi nazionali e oltre il 31% degli impieghi erogati al solo settore manifatturiero”. Eppure, “a parità di importi e durata di prestiti richiesti, un’azienda agricola deve sostenere quasi il doppio del costo del denaro”.
Secondo Orsi il settore cooperativo “rappresenta il 50% di tutte le uve italiane, produce 18 milioni di ettolitri e fattura 3,8 miliardi di euro grazie alle 415 imprese vitivinicole, di cui 350 cantine”. Ad intervenire anche il presidente di VeronaFiere, Ettore Riello, secondo il quale “il mondo del vino in Italia fattura 10 miliardi di euro e ne esporta quasi il 50%. Tuttavia, sembra che l’attenzione delle banche sia legato solamente ai tassi d’interesse e ai margini, a sigle come l’Eba piuttosto che al fattore umano. Con questi meccanismi stiamo cambiando la geografia di un Paese che produce come l’Italia”.
Copyright © 2000/2025
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025