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FEDERVINI: IL VINO ITALIANO VINCE GRAZIE ALL’EXPORT ANCHE NEL 2011, REGISTRANDO UN CONFORTANTE +12% SUL 2010 E IL COMPARTO PUÒ GUARDARE CON FIDUCIA AL FUTURO NONOSTANTE LA CRISI MA LE ISTITUZIONI DEVONO ESSERE PIÙ VICINE AL MADE IN ITALY ENOICO

Italia
Lamberto Gancia

Il mondo del vino italiano ha affrontato il 2011 riuscendo a mantenersi pressoché esente dai contraccolpi devastanti della crisi, grazie, soprattutto, all’export. Certo, le preoccupazioni rimangono, lo scenario economico europeo è ancora fortemente instabile, in particolare il fronte dell’euro, e questo fatto aumenta le preoccupazioni di ritardi nell’avvio di una ripresa più robusta, da tutti attesa. La conferma che quello del vino italiano è un settore in salute arriva, però, dall’assemblea generale Federvini (organizzazione di Confindustria), di scena oggi a Roma, ed è contenuta nella relazione del presidente Lamberto Vallarino Gancia, che, tuttavia, non nasconde le possibili ulteriori criticità.
Se in Italia la recente scossa, necessaria in termini di riforme e revisioni del bilancio dello Stato, fatta di manovre fiscali e di bilancio pubblico hanno permesso di raggiungere immediatamente alcuni primi obiettivi fondamentali per la tenuta economica del Paese negli scenari mondiali, “non sono state un toccasana per i consumi e la relativa loro domanda - afferma Gancia - Una ulteriore compressione dei consumi a causa degli aumenti di prezzo allontanerebbe ancora di più i consumatori dai nostri prodotti”. Quello che il mercato nazionale ci ha negato in termini di soddisfazione sul livello dei consumi, si sono ulteriormente contratti nel 2011, lo abbiamo trovato invece sui mercati esteri - continua il presidente Federvini - e le nostre esportazioni sono cresciute rispetto al 2010, sia in termini di quantità che di valori”.
Certe le posizioni vanno consolidate e è necessario crescere ancora, soprattutto nel valore medio dell’esportato, gli spazi non mancano ma “dobbiamo considerare il settore vitivinicolo come una vera e propria attività economica nazionale - sottolinea Gancia - che interviene in maniera identica su tutto il territorio nazionale; e con questa filosofia deve essere accompagnata tanto sul mercato interno quanto all’esportazione”.
Nonostante la difficile congiuntura internazionale, le variazioni in percentuale rispetto all’anno precedente sono positive: i vini e i mosti registrano un incremento del 12%. In Europa la Germania ed il Regno Unito sono i principali importatori dei vini tricolore. La Germania ha importato vini e mosti per una quantità di poco superiore ai 7 milioni di ettolitri. Nel Regno Unito l’Italia ha esportato vini e mosti in quantità poco superiore ai 3 milioni di ettolitri. Fuori dall’Unione europea le esportazioni sono concentrate negli Stati Uniti, dove gli spumanti continuano ad essere apprezzati con una variazione percentuale molto brillante in valore (+36,5%) ed in quantità (+24,30%) sul 2010, con promettenti performance in Cina, dove i vini e i mosti hanno raggiunto una quota in valore pari a 66 milioni di Euro. Anche in Giappone, che pur ha attraversato un 2011 sconvolgente, si evidenzia un tasso di crescita delle importazioni in quantità di vini e mosti (+17,4%), e degli spumanti (+17,7%).
Ma “vorremmo vedere le Istituzioni più attente alle esigenze delle imprese che intendono accedere ai mercati esteri - prosegue Gancia - È arrivato il momento di scommettere seriamente sul made in Italy, visto il peso indiscusso che ha nell’economia nazionale, soprattutto, considerando l’impulso che può determinare sullo sviluppo. Gli operatori non hanno modo di dare altre prove della loro volontà di esportare, e di investire sulla internazionalizzazione, ma devono sapere con certezza e senza battute d’arresto che il proprio Paese, con l’attività di Governo, li sostiene, li rappresenta, li difende di fronte ai tantissimi ostacoli tecnici, fiscali, doganali, che incidono sulle correnti di esportazione”.
Ma al di là delle criticità, il comparto vino sembra quasi viaggiare ad un’altra velocità. Almeno stando ai numeri dell’Osservatorio Federvini che legge i dati Istat del trionfale 2011. Il Bel Paese enoico ha esportato vini e mosti per 22.857.411 ettolitri nel 2010 che sono arrivati, nel 2011 a 24.965.020 (+9,2%), generando un valore di 4.557.452 milioni di euro (nel 2010 erano 4.068.759, +12%). Il podio delle mete principali dell’export tricolore è composto dalla Germania (che tocca nel 2011 i 7.246.137 ettolitri contro i 7.057.600 del 2010 (+2,7%), per un valore di 943,188 milioni di euro contro gli 871,180 del 2010 (+8,3%)), dal Regno Unito (3.142.157 ettolitri dai 2.781.683 del 2010 (+13%) e valgono 517,358 milioni di euro contro i 480,29 (+7,7%)) e dagli Stati Uniti (che passano a 3.058.847 ettolitri contro i 2.732.350 (+11,9%), con un valore di 956,015 milioni di euro sugli 835,630 del 2010 (+14,4%)).
Nel quadro generale dell’esportazioni dell’intero comparto rappresentato da Federvini, vini e mosti incidono per l’85,7%, i liquori e le altre bevande alcoliche per il 6,4%, gli aceti per il 4%, le acquaviti per il 3,9%.
I dati disaggregati della produzione viticola mostrano che le esportazioni dei vini frizzanti (escluso spumanti) sono arrivati, nel 2011, a 2.008.800 ettolitri (nel 2010 erano 1.782.700) con un incremento del 12,7%. Il loro valore ha raggiunto i 362,06 milioni di euro contro i 294,94 del 2010 (+22,8%). I vini Dop bianchi (vol. <15°) sono passati da 1.501.420 a 1.570.120 ettolitri (+4,6%), per un valore che si è incrementato da 391,19 milioni di euro a 432,25 (+10,5%). I vini Dop rossi e rosati (vol. <15°) hanno a loro volta incrementato le quantità passando da 3.087.570 ettolitri del 2010 ai 3.218.790 del 2011 (+4,3%), innalzando il loro valore a 1.166,63 milioni di euro contro i 1.252,11 (+7,3%). I vini Dop (vol. <15°) passano a 4.788.910 ettolitri contro i 4.589.680 del 2010 (+4,3%), con un valore di 1.684,36 milioni di euro dai 1.557,98 (+8,1%). I vini bianchi a Igp (vol.<15°) toccano i 3.042.610 ettolitri dai 2.812.520 (+8,2%) e valgono 514,53 milioni di euro contro i 470,91 del 2010 (+9,3%). I vini Igp rossi e rosati (vol.<15°) erano 2.615.680 ettolitri nel 2010, arrivando nel 2011 a 2.871.830 (+9,8%), passando in valore da 586,10 milioni di euro a 679,66 (+16%). I vini Igp (vol. <15°) sfiorano nel 2011 i 6 milioni di ettolitri (5.914.440) contro i 5.429.000 del 2010 (+8,9), portando il loro valore a 1.194,19 milioni di euro contro i 1.057,19 del 2010 (+13%). Anche gli altri vini bianchi crescono: dai 4.215.880 ettolitri del 2010 ai 4.830.840 del 2011 (+14,6%), incrementando il valore dai 206,06 milioni di euro ai 234,33 (+13,7%). Stesso trend positivo per gli altri vini rossi e rosati che passano dai 3.256.350 ettolitri ai 3.442.040 (+5,7%), per un valore che era di 263,55 milioni di euro nel 2010 a quello di 279,07 del 20110 (+5,9%).
Aumenta anche l’importazione: i vini e i mosti arrivati nel nostro paese sono passati dai 1.689.897 ettolitri nel 2010 ai 2.468.409 nel 2011 (+46,1%), per un valore che è passato dai 261,694 milioni di euro del 2010 ai 299,476 milioni di euro del 2011 (+14,4%).
L’Osservatorio Federvini rileva il boom degli spumanti italiani, capaci di crescere in modo deciso sia in volume che in valore pressoché in ogni mercato del globo. Nell’Unione europea la quantità si attesta sui 956.570 ettolitri di prodotto esportato con una variazione tra 2010 e 2011 di +13,60%, equivalenti a 270, 62 milioni di euro per un +15,5%. I Paesi Ue che assorbono i maggiori quantitativi sono la Germania (332.180 ettolitri, +11% sul 2010), il Regno Unito (207.200 ettolitri + 24%) e l’Austria (60.970 ettolitri +7,20%). Dati che si riverberano anche sul valore: il mercato tedesco vale 99,80 milioni di euro (+12,10 sul 2010), quello del Regno Unito 61,69 milioni di euro (+22,90%) e quello austriaco 21,41 milioni di euro (+15,80% sul 2010.
Bilancio altrettanto positivo, guardando fuori dal mercato dell’Unione europea. Nel resto del mondo sono 1.954.970 gli ettolitri di bollicine made in Italy esportate per un +20,40% sui risultati del 2010, pari ad un valore di 536,16 milioni di euro (+24,10%). Il podio dei Paesi più “assetati” delle nostre bollicine sono gli Usa che ne assorbono 348.440 ettolitri (+24,30 sul 2010), per un valore di 100,48 milioni di euro (+24,10); la Russia che ne assorbe 256.860 ettolitri (+31%) per un valore pari a 52,30 milioni di euro (+46,70%) e la Svizzera che consuma 85.030 ettolitri (+21%) che valgono 34,43 milioni di euro (+27,60%).

Focus - Il mercato nazionale
I consumi nel canale horeca, nel 2011, confermano un dato negativo rilevante e neanche nel periodo delle festività di fine d’anno si è riusciti ad invertire la tendenza. Ad accompagnare questo scenario non brillante i soliti commenti che confondono il consumo attento e responsabile con quello sbagliato nei tempi e nei modi. I dati, ancora una volta, confermano come il consumo prevalente sia un consumo responsabile, come l’impostazione della nostra alimentazione sia un’impostazione basata sulla varietà e sui tanti apporti ed in questo scenario un aperitivo, il vino, un distillato dopo cena continuano a restare un complemento corretto, un complemento possibile che non deve essere messo in crisi da definizioni o affermazioni non corrispondenti e da azioni proibizionistiche che hanno esattamente l’effetto opposto. Il modello italiano conferma la sua correttezza di fondo e la sua coerenza con lo stile e la qualità di vita che ci sono riconosciuti da chiunque scrive dei nostri consumi agroalimentari.
Questa continua diminuzione dei consumi di bevande alcoliche, frutto di una congiuntura economica pesante ma anche di un innegabile, progressivo cambiamento degli stili di vita e di alimentazione della popolazione italiana, ha visto l’indice sintetico, che rappresenta il consumo pro capite nazionale di alcol puro, posizionare l’Italia ormai agli ultimi posti tra i Paesi Ue, ampiamente sotto la media europea e seguiti solo da Turchia, Macedonia, Islanda e Cipro (dati O.M.S. 2009), mentre per il 2010 le prime elaborazioni indicano un ulteriore calo, che porterebbe l’Italia al terzultimo posto dopo Turchia e Macedonia. Un quadro difficile dunque, che mette a dura prova le pur notevoli capacità delle nostre Imprese.
Eppure, nonostante l’evidenza dei numeri, ancora si continua a puntare il dito contro i vini, utilizzando nella comunicazione toni e contenuti che sono più appropriati per descrivere stili di consumo e modalità di approccio al mondo delle bevande alcoliche tipici di altri Paesi e culture, completamente differenti da quelli italiani.
Il consumatore moderato, attento, responsabile e rispettoso delle regole, insomma quello che ha aiutato i settori, in particolare l’enologia italiana, a crescere proponendosi sul mercato con una percezione ed una realtà di qualità estremamente importante, ha continuato anche nel 2011 ad allontanarsi, spaventato e confuso, inseguito da spettri di possibili sanzioni anche per comportamenti che certamente non lo espongono ad alcun rischio.
Eppure i dati ci raccontano una realtà differente. Una realtà sociale fatta per la stragrande maggioranza di consumatori e consumi corretti, responsabili e moderati, che nulla hanno a che fare, sotto alcun profilo, con i fenomeni di abuso e/o uso scorretto che in Italia, come già detto, sono i più bassi rispetto all’Europa nella sua più ampia accezione, ben lontani da quelli che si registrano in altri Paesi, anche dove sussiste, ad esempio, indifendibile rispetto ai principi comunitari, un anacronistico monopolio statale giustificato da improbabili ragioni di salute pubblica.
In Italia lo stile di consumo largamente dominante è improntato ad un approccio verso le bevande alcoliche maturo e responsabile, socialmente positivo, conviviale. In una parola “mediterraneo”. Di questi dati, che fotografano una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ci danno testimonianza le ricerche che Federvini, ormai da anni, commissiona.
Uno stile di consumo vincente insomma, lo “Stile Mediterraneo”, che varrebbe la pena di adottare a riferimento anche da parte di molti altri Paesi Ue ed extra Ue, consapevoli che la qualità delle nostre produzioni, riflette ed è a sua volta riflessa nella qualità dello stile di consumo cui il nostro Paese, e le nostre Imprese, fanno riferimento per tradizione, cultura, storia e scelta consapevole ed attuale.
Prodotti di qualità, modalità di consumo corrette e cionondimeno appaganti, un settore produttivo che incarna le doti e le qualità migliori del nostro Paese. Non si vuole sottovalutare la gravità di alcuni fenomeni, al contrario l’obiettivo è chiedere maggiore equilibrio ed oggettività, proprio per meglio focalizzare le aree di intervento che necessitano di una collaborazione trasparente e corretta tra tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nella prevenzione e nel contrasto dei fenomeni di consumo scorretti, soprattutto nelle fasce di età più giovani.
In questo contesto, caratterizzato da forti difficoltà economiche interne e consumi costantemente in calo, il settore ha continuato a dare prove concrete di grande attenzione per i profili “sociali” delle proprie produzioni, mantenendo alta l’attenzione rispetto alla correttezza delle proprie comunicazioni commerciali all’interno della cornice disegnata dal codice di autodisciplina pubblicitaria, spesso in accordo con Istituzioni pubbliche ed enti privati, campagne di informazione ed educazione dei consumatori, soprattutto i più giovani, al corretto consumo di bevande alcoliche. Un settore consapevole e responsabile insomma, che non ha smesso di investire in studi e ricerche finalizzate alla miglior comprensione, e quindi prevenzione, dei fenomeni di uso scorretto o di abuso.

Focus - Il comparto del vino in Italia by Nielsen per Federvini
Secondo la ricerca Nielsen, il vino in Italia sta contraendosi sia in volume che in valore. I dati del raffronto tra mese di aprile 2011 e 2012 indicano un calo del valore dello 0,9% (da 1,639 milioni di euro a 1,624), con un prezzo medio al litro di 2,34 euro, che si riverbera sui volumi che passano da 7,19 milioni di ettolitri a 6,94 (-3,6%).
I canali di vendita privilegiati sono, su un valore di 1,624 milioni di euro, gli iper+super mercati con il 66%, il libero servizio 16%, i discount 9,9%, le grocery 7,7%, una tendenza che si riproduce quasi identica sul volume (6,94 milioni di ettolitri), ripartiti per il 59,6% negli iper+super, per il 17,1% nei discount, nei liberi servizi 15,3% e 8% nelle grocery.
Il rallentamento della vendita di vino ha interessato tutti i canali, coinvolgendo anche la commercializzazione delle bottiglie di vetro da 75 cl., che hanno registrato un decremento del 2,4%, nonostante una sostanziale pareggio in termini di valore.
Nel canale di vendita più solido, quello degli iper+super, le bottiglie da 75 cl. hanno fatto registrare una variazione negativa in valore nella fascia di prezzo fino a 1,99 euro (-3,1%) e in quella da 4 a 4,99 euro. Cresce il valore, invece, di quelle da 2 a 2,49 euro (+1,7%), da 2,50 a 2,99 (+1,9%), da 3 a 3,99 (+0,9%), da 5 a 6,99 (+2,6%) e di quelle oltre i 7 euro (+2,3%).
In termini di volume sono le bottiglie da 75 cl. nella fascia di prezzo fino a 1,99 euro a scendere significativamente (-6,8%) mentre quelle nella fascia di prezzo tra 3 e 3,99 euro e in quella dai 4 ai 4,99 euro scendono entrambe dell’1,2%. In positivo i volumi delle bottiglie oltre i 7 euro (+1,2%), quelle tra i 2 e i 2,49 euro (+0,9%), quelle nella fascia di prezzo tra i 5 e i 6,99 euro(+0,7%) e le bottiglie tra i 2,50 e i 2,99 euro (+0,5%).

Focus - Il presidente Federvini, Gancia: “il vino made in Italy continua a crescere all’estero, ma bisogna supportarlo con la giusta promozione e lavorare per liberalizzare i mercati, spesso ostaggio di tassazioni eccessive o safeguard actions”
Il mondo del vino italiano ha affrontato il 2011 riuscendo a mantenersi pressoché esente dai contraccolpi della crisi, grazie, soprattutto, all’export che, nel 2011, ha visto crescere le vendite di vini e mosti del 12% sul 2010. Certo, le preoccupazioni rimangono, lo scenario economico europeo è ancora instabile, in particolare il fronte dell’Euro, e questo aumenta le preoccupazioni di ritardi nell’avvio di una ripresa più robusta. La conferma che quello del vino italiano è un settore in salute arriva, però, dall’assemblea generale Federvini (organizzazione di Confindustria), di scena oggi a Roma, ed è contenuta nella relazione del presidente Lamberto Vallarino Gancia, che, tuttavia, non nasconde le possibili ulteriori criticità, specie all’estero, dove i margini di crescita sono tanti quanti i problemi da risolvere.
“Il vino made in Italy - spiega Gancia a WineNews - continua a crescere all’estero, ma bisogna supportarlo con la giusta promozione e lavorare per liberalizzare i mercati, spesso ostaggio di tassazioni eccessive o “safeguard actions” come quella del Brasile”. Fari puntati, ovviamente, sull’Oriente, dove è necessario crescere, soprattutto nel valore medio, un’esigenza che si scontra con le dinamiche interne della Cina, “dove dobbiamo evitare che si attivino dinamiche di protezionismo per i prodotti in terni”, e dell’India, “dove ci sono accise del 500% che frenano le nostre capacità di crescita”. Con un occhio, come sempre, al mercato più importante, quello Usa, “dove si sta liberalizzando la possibilità di vendere vini varietali, creando nuove opportunità”.
Ma bisogna fare anche i conti con i problemi di casa nostra: “non vorremmo - spiega il presidente di Federvini - che la proposta di una tassa sul junk food e sugli alcolici diventasse realtà, perché insieme all’aumento dell’iva, già in programma, ed ai costi sempre maggiori che le aziende devono sostenere per garantire i controlli, rischia di deperire ancora di più i consumi interni, ulteriormente contratti nel 2011, nonostante da noi, come dimostrano le ricerche di Mannheimer e Nielsen, ci sia molta più educazione al bere consapevole che nel resto d’Europa”.

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