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ASSEMBLEA COLDIRETTI - LA POLITICA ITALIA “LUMACA” PENALIZZA L’AGRICOLTURA. SU 233 INIZIATIVE DI LEGGE SOLO 3 APPROVATE, MA 2 SONO RIMASTE INAPPLICATE. CON IL PARLAMENTO ITALIANO TRA I PIÙ LENTI E IMPRODUTTIVI DELL’UNIONE EUROPEA

Su 233 iniziative di legge parlamentare assegnate alle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato nell’ultima legislatura solo 3 sono state approvate, ma di queste 2 sono rimaste del tutto inapplicate. A dirlo la prima analisi sull’efficacia della politica italiana e comunitaria nell’ultima legislatura, illustrata dal presidente della Coldiretti Sergio Marini nell’Assemblea annuale dell’organizzazione degli imprenditori agricoli a Roma. “Se la situazione è preoccupante a livello generale per il settore agricolo - ha sottolineato Marini - siamo di fronte ad un quadro insostenibile per la mancata attuazione di norme fortemente attese dalle imprese agricole e dai consumatori che hanno peraltro trovato una positiva convergenza tra tutte le forze politiche, come la legge sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle materie prime impiegate negli alimenti. Ad essere approvata ad inizio legislatura, nel novembre 2008, e parzialmente applicata, è stata solo la legge (le norme) sul “Rilancio competitivo del settore agroalimentare” mentre ferme al palo sono - ha precisato Marini - sia quella sulla regolamentazione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma che quella sull’etichettatura di origine degli alimenti. Se per la legge sull’etichettatura approvata nel febbraio 2011, con il consenso unanime di tutti i gruppi parlamentari, mancano i decreti applicativi, per la legge del maggio 2011 recante disposizioni concernenti la preparazione, il confezionamento e la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli di quarta gamma manca il decreto attuativo che deve essere emanato di concerto tra Ministero delle Politiche Agricole, Ministero della Salute e Ministero dello Sviluppo Economico e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Il rinvio a decreti applicativi hanno bloccato di fatto - ha denunciato Marini - qualsiasi tentativo di innovazione legislativa nel settore. La disattenzione nei confronti dell’agricoltura è stata peraltro resa evidente dall’incredibile turnover che si è verificato alla guida del dicastero dell’Agricoltura dove nel corso della legislatura - ha concluso Marini - si sono alternati ben quattro Ministri, alcuni dei quali sembravano addirittura disinteressati o in parcheggio”.
Sono scaduti il 30 giugno, per esempio, i termini per l’emanazione del decreto con l’elenco dei terreni demaniali da dismettere con urgenza per rendere disponibili risorse per lo sviluppo, ma soprattutto per calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l’occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante per la crescita del Paese. E Mentre si fanno i conti per recuperare risorse per la spending review, manca ancora l’applicazione del provvedimento, approvato nella legge di stabilità lo scorso novembre 2011 (e successivamente modificato da Governo e Parlamento) che può produrre entrate allo Stato, occupazione e reddito alle imprese. “Ci auguriamo che questa legge non si aggiunga alla lunga lista delle norme inapplicate per l’importanza che riveste - ha sottolineato Marini - per garantire nuove risorse e per sostenere la competitività delle imprese, soprattutto guidate dai giovani ai quali spetta il diritto di prelazione”. E sul tema è arrivata la risposta del Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania: “stiamo mettendo a punto i provvedimenti applicativi, il demanio ci ha mandato la lista di Terreni. Devo dire che i terreni sono molto meno di quanto pensavamo ma non sono preoccupato perché abbiamo previsto nella legge un meccanismo che consente agli agricoltori stessi di indicare i terreni a cui sono interessati anche se non sono presenti nella lista comunicata dal demanio. Non c’é ancora una valutazione fatta sulle risorse che si recupereranno dalle dismissioni - conclude Catania - molto dipenderà dalla domanda degli agricoltori. I tempi di attuazione sono nell’arco dell’autunno-inverno”. Ma questo, in ogni caso, “purtroppo non è l’unico caso o il piu’ eclatante, perché è accaduto addirittura che importanti provvedimenti già firmati - ha detto Marini - si perdano nel nulla. E’ il caso del decreto “Norme in materia di leggibilità delle informazioni inerenti l’origine dei prodotti alimentari” firmato il 3 agosto 2011 per rendere piu’ leggibili le etichette dell’extravergine e consentire ai consumatori di riconoscere quello ottenuto da olive italiane che, a distanza di quasi un anno - ha denunciato Marini - sembra essere sparito, con la conseguenza che il prezzo dell’olio di oliva pagato ai produttori agricoli italiani è crollato del 30% perché viene spacciato come Made in Italy quello importato da Spagna o Tunisia”.
Ma il titolo di provvedimento lumaca è assegnato: “con quasi nove anni di attesa (3.240 giorni) prima che si realizzi la completa applicazione - dice Marini - il “titolo” spetta al Regolamento (Ue) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, a conferma della pesante e impropria influenza delle lobby sui temi dell’alimentazione e della trasparenza del mercato. “Ci sono voluti 1.392 giorni (46 mesi), dal 31 gennaio 2008 al 22 novembre 2011, per concludere il procedimento di approvazione del regolamento, che è entrato in vigore il 13 dicembre 2011: ma l’odissea non è finita per il consumatore. Dal 13 dicembre 2014 (2.510 giorni dalla presentazione della proposta legislativa) scatta solo l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle carni suine, ovine, caprine e dei volatili. Per le carni diverse come quella di coniglio e per il latte e formaggi tale data - ha continuato Marini - rappresenta solo una scadenza per la presentazione di uno studio di fattibilità. L’entrata in vigore dell’obbligo di fornire ai consumatori maggiori informazioni in etichetta resta di fatto indeterminata. L’etichettatura nutrizionale, infine, si applicherà solo dal 13 dicembre 2016, per un totale appunto di 3.240 giorni. Una latitanza che - ha sostenuto Marini - fa assomigliare molto l’Europa all’Italia quando si tratta di smantellare interessi consolidati che fanno affari sulla mancanza di trasparenza a danno dei consumatori. Si tratta infatti di un arco di tempo intollerabile rispetto alle esigenze delle imprese agricole e dei consumatori che negli ultimi anni hanno dovuto affrontare gravi emergenze alimentari che hanno pesato enormemente con pesanti conseguenze in termini economici e soprattutto di vite umane. Le emergenze alimentari dovute alle sofisticazioni sono costate solo in Italia almeno 5 miliardi negli ultimi dieci anni, dalla mucca pazza all’aviaria, dal latte cinese alla melamina al grano canadese contaminato dall’ocratossina fino alla carne di maiale irlandese alla diossina che è stata trovata nei mangimi e negli allevamenti in Germania. “Si tratta di emergenze che nascono da tentativi fraudolenti di risparmiare sui costi di produzione del cibo per farlo arrivare a prezzi stracciati sugli scaffali”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “i rischi tendono ad aumentare proprio in tempi di crisi con un numero crescente di consumatori che è costretto a risparmiare sul cibo”. E’ quindi paradossale - ha concluso Marini - che occorrano quasi nove anni per rendere operative normative condivise e fortemente attese proprio in un momento di grande difficoltà economica dell’Unione Europea”. Un iter burocratico pazzesco, ma a preoccupare è anche la “burocrazia quotidiana”, quella che, per Coldiretti, “toglie all’attività di impresa vera 100 giorni l’anno. Il vero vantaggio di una spending review “possibile” - ha sottolineato Marini - non è solo nel taglio del personale pubblico che sarà difficile per il costo sociale che ne deriverebbe ma, nel recupero di almeno 100 giornate di lavoro all’anno che gli imprenditori perdono per stare dietro alle carte. Non vanno certo eliminati quegli adempimenti che garantiscono la sicurezza alimentare ed ambientale che qualificano il nostro Made in Italy. ma non c’è dubbio che troppo spesso la burocrazia si inventa pratiche per giustificare se stessa. Basterebbe ridimensionare questa micidiale spinta creativa per recuperare qualche punto di Pil.

Focus - Coldiretti, parlamento italiano lumaca. 359 giorni per ogni legge. In Spagna meno della metà (163 giorni) mentre l’Ue impiega il 36% di tempo in meno
Nell’ultima legislatura è stato impiegato in media quasi un anno (359 giorni) per approvare ciascuna delle proposte di legge di iniziativa parlamentare. Emerge dalla prima analisi sull’efficacia della politica italiana e comunitaria nell’ultima legislatura illustrata dal presidente della Coldiretti Sergio Marini nell’Assemblea annuale dell’organizzazione. Si tratta di un record negativo a livello comunitario con il parlamento spagnolo che ha impiegato in media 163 giorni per approvare una legge nella IX legislatura (1aprile 2008 - 13 dicembre 2011) e quello francese 271 giorni nella XIII legislatura ( periodo 20 giugno 2007 - 30 settembre 2011) ma che - ha affermato Marini - fa addirittura impallidire la pesante burocrazia dell’Unione Europea dove, nel periodo dall’avvio del Trattato di Lisbona ad oggi, per completare un processo legislativo, tra Commissione, Parlamento e Consiglio dei Ministri a 27, si è impiegato in media “appena” 264 giorni, il 36% di tempo in meno. Il problema è pero’ che in molti casi - ha sostenuto Marini - le procedure di approvazione a livello nazionale e comunitario si intersecano o si sommano e i tempi di attesa per i cittadini e le imprese si moltiplicano. Le risposte delle Istituzioni non sono piu’ compatibili con i cambiamenti rapidi che intervengono nella società e nell’economia e si va avanti a forza di decreti mentre occorre - ha concluso Marini - accelerare le riforme a livello nazionale e comunitario senza perdere piu’ tempo ed arrivare al piu’ presto alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa”.
Ma intanto è sotto esame anche l’efficacia, oltre che la velocità, dell’iniziativa parlamentare italiana. Nell’ultima legislatura, sulle 8.205 proposte e disegni di legge presentati nel corso dell’ultima legislatura appena 205 sono andati in porto ed approvati, con una percentuale di efficacia di appena il 2,5%, che metterebbe in crisi qualsiasi azienda italiana. “Si assiste - ha sottolineato Marini - ad una proliferazione di proposte destinate a rimanere nel vuoto che non ha eguali in Europa. Questo significa una perdita di energie, tempo e risorse, ma anche tante illusioni nei confronti delle aspettative dei cittadini e delle imprese e tante speranze destinate a svanire con la fine della legislatura. In Germania nei cinque anni della XVI legislatura sono state presentate al Parlamento 905 iniziative legislative ma ne sono state complessivamente approvate ben 612 con una percentuale di approvazione di circa il 68% mentre in Spagna su 559 iniziative legislative presentare 203, ben il 36%, sono state approvate nella IX legislatura (1 aprile 2008 - 13 dicembre 2011) e in Francia nella XIII legislatura ( periodo 20 giugno 2007 - 30 settembre 2011) su 5064 presentate sono state approvate 439 (9%). Nell’Unione Europea, dall’attuazione del trattato di Lisbona ad oggi, gli atti legislativi con procedura ordinaria sono stati 315 dei quali 86 già completati, con una percentuale del 27% che - ha concluso Marini - è di oltre dieci volte superiore a quella del parlamento italiano.

I numeri - I tempi di approvazione (in giorni) di una legge nell’unione europea
Italia 359
Francia 271
Spagna 163
Unione Europea 264
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

I numeri - L’efficacia dell’attività parlamentare
Poposte presentate/proposte approvate
Italia 2,5 %
Francia 9 %
Germania 68 %
Spagna 36 %
Unione Europea 27 %
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

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