Se il controllo del potenziale produttivo del vitigno Europa, dopo il 2015, non potrà basarsi sui diritti di autorizzazione di impianti di vigneti e neanche sulla tanto temuta liberalizzazione tout court, come ha annunciato pochi giorni fa il Commissario Europeo all’Agricoltura, Dacian Ciolos, qual è il modello da seguire a partire dal 2015? Potrebbe essere quello sperimentato dalla Regione Veneto, “un modello - spiega l’assessore all’agricoltura Franco Manzato - partecipato ed efficace di programmazione viticola, vinicola e di mercato. Con le filiere e l’interprofessione possiamo e vogliamo proporlo all’Europa, come contributo alla nuova politica vitivinicola sui diritti d’impianto dopo il 2015, che non andrà verso una liberalizzazione “selvaggia” ed ideologica, che avrebbe risultati micidiali, ma che non può nemmeno rimanere ingessata sulla pura e semplice difesa ad oltranza dell’esistente”.
Importante, come per tutto il mondo del vino, sarà mettere al centro delle decisioni innanzitutto i Paesi produttori, quindi gli attori principali della filiera, come ricorda lo stesso Manzato: “dovranno avere sicuramente peso il mondo dell’interprofessione e la filiera vitivinicola, anche per non lasciare decisioni finali di questa importanza nelle mani di Paesi non produttori. Questo mondo dovrà essere coinvolto ed essere l’elemento fondante della programmazione del potenziale vitivinicolo. Noi abbiamo già dato più esempi che hanno ottenuto ottimi risultati nei mercati interni, europei e mondiale e, assieme all’interprofessione intendiamo appunto elaborare un modello - proposta fondato non su ipotesi e mediazioni teoriche ma sulla realtà e sui risultati”.
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