“Il mantenimento di un supervisione degli impianti di vigneto nell’Unione europea, un dispositivo applicabile alle tre tipologie dei vini (Dop, Igp, Vsig - Vini senza indicazione geografica), l’armonizzazione di alcune regole di gestione della produzione enoica a livello comunitario” e, infine, “il mantenimento dell’attuale dispositivo di esenzione dalla normativa sui diritti di impianto (“de minimis”) per gli Stati membri interessati”, ovvero Paesi che producono quantità marginali di vino. Ecco i contenuti salienti del documento (che WineNews è in grado di anticipare) con le proposte per la gestione futura del “vigneto Europa”, presentato oggi a Palermo nella riunione del “Gruppo di alto livello” voluto dal Commissario Ue Dacian Ciolos, dopo la “marcia indietro” sulla liberalizzazione dei diritti di reimpianto annunciata qualche giorno fa da Ciolos stesso, firmato dalle delegazioni francese, tedesca, italiana, portoghese, spagnola, ungherese, ceca, slovena, bulgara, austriaca e greca, e già sulla scrivania del Commissario. Con le proposte dei Paesi Ue che contano di più in fatto di produzione vitivinicola e che hanno già, in maggioranza, espresso i propri dubbi sulla deregulation totale degli impianti dei vigneti europei.
Un documento che ha l’obbiettivo “che le raccomandazioni operative e concrete del Gruppo di alto livello, rispondano alle preoccupazioni espresse in Europa sulle conseguenze della totale soppressione dei diritti di impianto”, prevista dall’attuale Ocm per il 2015.
La proposta delle delegazioni degli undici Paesi membri per risolvere questa annosa questione, in vista della “scomparsa” dell’Ocm che sarà di fatto inglobato dalla Pac, si muove su quattro punti fondamentali: “Il mantenimento di un supervisione degli impianti di vigneto nell’Unione europea”, “Un dispositivo applicabile alle tre tipologie dei vini (Dop, Igp, Vsig)”, “Una armonizzazione di alcune regole di gestione a livello comunitario” e, infine, “Il mantenimento dell’attuale dispositivo di esenzione (“de minimis”) per gli Stati membri interessati”.
Si tratta di una soluzione che, partendo dall’attuale modello basato sui diritti di impianto, ritenuto nel documento strumento necessario “per garantire un equilibrio di lungo periodo al settore europeo”, dovrebbe continuare a “fare affidamento sulle riserve (nazionali e/o regionali) e dovrebbe applicarsi a tutti i vini (Dop, denominazione di origine protetta, Igp, Indicazione Geografica Protetta, Vsig, vini senza indicazione geografica) fornendo al contempo la flessibilità necessaria per la sua attuazione”. Una flessibilità capace di comprendere nuovi impianti, governati “da un limite fissato a livello comunitario” e con gli Stati membri protagonisti, in base al principio di sussidiarietà (per cui se un ente che sta “più in basso” è capace di fare qualcosa, l’ente che sta “più in alto” deve lasciargli questo compito), nel “determinare le priorità per l’assegnazione dei diritti di nuovo impianto: per nuovi produttori (giovani agricoltori), per categorie di vini (Dop, Igp, Vsig), per specifiche aree”, mantenendo una rete di sicurezza e controllo a lungo termine, insieme ad sviluppo controllato del “vigneto Europa” per soddisfare alla domanda futura.
Focus - Il testo della proposta delle delegazioni francese, tedesca, italiana, portoghese, spagnola, ungherese, ceca, slovena, bulgara, austriaca e greca
Il mantenimento di un supervisione degli impianti di vigneto nell’Unione Europea.
Una supervisione del potenziale produttivo viticolo a partire dai diritti di impianto è necessaria per garantire un equilibrio di lungo periodo al settore europeo.
Sarebbe necessario supervisionare i nuovi impianti e i reimpianti per la gestione dei diritti con gli Stati membri interessati. Tale gestione dovrebbe continuare a fare affidamento sulle riserve (nazionali e/o regionali) e dovrebbe applicarsi a tutti i vini (Dop, denominazione di origine protetta, Igp, Indicazione Geografica Protetta, Vsig, vini senza indicazione geografica) fornendo al contempo la flessibilità necessaria per la sua attuazione. Questa flessibilità arriverebbe dai seguenti elementi:
- Un aumento limitato del potenziale produttivo per ciascuno Stato membro, questo aumento rafforzerebbe il potenziale produttivo sarebbe governato da un limite fissato a livello comunitario nel regolamento unico Ocm;
- Le regole di gestione di tale aumento dovrebbero permettere nuovi impianti. E questo fatto permetterebbe lo sviluppo della produzione europea oltre l’attuale capacità produttiva degli Stati membri, rispondendo alle opportunità di mercato e consentendo, se necessario, un aumento della superficie vitata, con il rispetto degli equilibri economici;
- Gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di determinare le priorità per l’assegnazione dei diritti di nuovo impianto: per nuovi produttori (giovani agricoltori), per categorie di vini (Dop, Igp, Vsig), per specifiche aree. Lo scopo è quello di autorizzare, se del caso, un graduale aumento del potenziale produttivo a livello di Unione europea e suoi Stati membri, entro i limiti fissati a livello comunitario. Tale dispositivo consentirà, pur mantenendo una rete di sicurezza e controllo a lungo termine, lo sviluppo del vigneto per soddisfare alla domanda futura.
Un dispositivo applicabile alle tre tipologie dei vini (Dop, Igp, Vsig)
La regolamentazione del potenziale dovrebbe essere applicata in base al principio di sussidiarietà a tutte le tipologie dei vini offerti dalla comunità, per accompagnare lo sviluppo della loro produzione.
Garantire il controllo del potenziale produttivo dell’Unione europea per tutti i segmenti (Dop, Igp, Vsig) e le condizioni di equità tra i produttori è necessario per i seguenti motivi:
- evitare di aumentare il rischio di appropriazione indebita o di indebolimento della reputazione delle Dop e Igp, prodotti principalmente nelle aree con costi di produzione più elevati. Questa concorrenza fra Dop/Igp e Svig avrà conseguenze gravi in zone che non offrono alternative;
- lo sviluppo dei Vsig non dovrebbe pregiudicare a lungo termine, il valore creato nell’Unione europea dalle Dop e Igp, che rappresentano una quota importante dei mercati di esportazione.
Una armonizzazione di alcune regole di gestione a livello comunitario
Le disposizioni nazionali dovranno obbedire a principi comuni definiti per garantire un’applicazione armonizzata in ciascuno Stato membro. A tal fine, le seguenti regole dovrebbero essere fissati a livello comunitario:
- i diritti di impianto dovranno essere gestiti dagli Stati membri a livello nazionale e/o regionale;
- per assegnare i diritti di impianto, ogni Stato membro potrà disporre di una riserva nazionale, pur avendo la possibilità di disporre delle riserve regionali. La durata temporale della validità dei diritti di impianto non utilizzati dai produttori dovrebbe essere ridotta. L’uso dei diritti di impianto da parte dei produttori dovrebbe essere controllato da parte degli Stati membri. L’elenco dei criteri che possono essere utilizzati dagli Stati membri per la concessione dei diritti di impianto dovrebbero essere definiti a livello comunitario.
La possibilità attuale per gli Stati membri di definire e attuare regole di gestione più rigorosa a livello nazionale (riserve, nuovi impianti, criteri di aggiudicazione) dovrebbe essere adattata a questo contesto.
Tuttavia, in virtù del principio di sussidiarietà, occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di determinare le loro scelte di organizzazione nazionale per la gestione dei diritti di impianto e delle riserve (nazionali e/o regionali).
Il mantenimento dell’attuale dispositivo di esenzione (“de minimis”) per gli Stati membri interessati.
Fra le disposizioni dell’attuale Ocm, da mantenere quella che prevede l’esenzione dai diritti di impianto per gli Stati membri che non hanno fino ad oggi l’obbligo di disporne. Questi Stati membri la cui produzione è stata inferiore a ...
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