Tanto lavoro per tutelare l’origine dei prodotti italiani (e non solo) che vanno nel mondo, e poi l’Europa, a quanto pare, “abbassa” le difese su quelli (a volte concorrenti diretti, anche in campo agroalimentare), che dal resto del mondo arrivano nel Belpaese e nei “cugini” dell’Unione Europea. La Commissione Europea ha stralciato, infatti, malgrado l’approvazione a larghissima maggioranza del Parlamento già nel 2010, la proposta di regolamento per l’obbligo di etichettatura delle merci extra-Ue. “Un sonoro schiaffo dato al made in Italy, agli imprenditori che producono beni di indiscussa qualità, in assoluta sicurezza e in completa osservanza della legge, ed infine ai consumatori che si vedono negato il diritto ad un’informazione trasparente sulla provenienza delle merci acquistate”, è il duro commento della deputata italiana Catia Polidori (Popolo e Territorio). “Con motivazioni che francamente non convincono - spiega Polidori - va a farsi benedire il complesso lavoro bipartisan condotto per quasi dieci anni dai nostri colleghi in Europa. Se non ci sarà un ravvedimento o quantomeno una correzione in corso d’opera, la decisione della Commissione finirà per avvantaggiare chi fa affari d’oro spacciando per “made in Italy” prodotti lavorati senza il minimo rispetto delle normative vigenti in materia ambientale e del costo del lavoro”, ha concluso l’ex vice Ministro al Commercio Estero, auspicando “una forte quanto repentina presa di posizione dal Governo”. E non finisce qui, perché, come spiega a WineNews uno degli imprenditori storici del vino italiano, Jacopo Biondi Santi, a questo già difficile panorama si aggiunge il fatto che il “made in Italy” “rischia di scomparire per far posto ad un ben poco utile marchio “made in Europe” se il nostro Governo non si muoverà per tempo per difendere e salvare il nostro unico punto di forza”.
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