E’ tra le 10 parole più conosciute al mondo, come ricorda il Consorzio Vino Chianti, e se a promuovere il territorio del Chianti fossero l’immaginario, le emozioni, le esperienze, i racconti ed i ricordi di quei turisti che, da ogni parte del mondo, si sono messi in viaggio verso il Belpaese per visitarlo e lo considerano un vero e proprio mito? Succedeva all’epoca dei famosi Grand Tour e può succedere ancora oggi, che il marketing territoriale anzichè partire dal territorio stesso, compia il percorso inverso, e siano gli stessi destinatari della comunicazione a farlo conoscere ad altri. Che il marketing “esperienziale” sia la formula del futuro si sa, e ora, a metterla in pratica, arriva il progetto di ricerca “Wine Experiences. Social mapping wine tourism” di Chiara Certomà, borsista post-dottorato della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, settore di Filosofia Politica e Diritto Agro-Ambientale, vincitore dell’“International Research Grant 2013”, il premio assegnato dalla “Great Wine Capitals Global Network”, la rete mondiale delle capitali del vino che riunisce le più importanti regioni vitivinicole del mondo. Che ruota attorno ad un’idea ben precisa: “analizzare l’immaginario che i turisti hanno del Chianti - spiega a WineNews Chiara Certomà - con la tecnica del “social mapping”, per creare una piattaforma informatica Gis (sistema informativo geografico) con flag “emozionali”, ovvero l’indicazione di quei luoghi che hanno lasciato il segno in chi c’è stato”.
Chianti, un nome che, allargato, oltre la denominazione di un buon vino e di una meta di vacanza, potrebbe essere molto di più: una strategia di marketing territoriale proprio grazie ai racconti (i miti) degli stessi turisti. “La ricerca si focalizza sull’area di produzione del Chianti e cerca di analizzare l’immaginario dei turisti legato a questo territorio, che cosa si aspettano, che cosa provano, che cosa vedono, quali precognizioni portano con sé quando si approcciano al territorio e che cosa il territorio assorbe di tutto ciò - sottolinea Chiara Certomà - il territorio è sicuramente il prodotto di chi ci vive, ma anche di quella serie di presenze temporanee che incidono sul suo assetto ed orientamento futuro. E la ricerca vuol cercare di mappare questo immaginario, attraverso la tecnica del “social mapping”, molto utilizzata nell’ambito della geografia culturale e degli studi territoriali e sociali più in generale, utilizzando una piattaforma Gis e su questa base cartografica raccogliere quelle informazioni cruciali da parte dei turisti, attraverso agenzie e portali specializzati, e tradurle in flag, ovvero luoghi di particolare intensità emotiva, piaciuti o non piaciuti, che si vuole segnalare, che evocano immagini di letture o storie sentite su quel territorio, cercando di capire come si muove nel Chianti il turismo e che cosa porta con sé”. E partire da qui, per creare diverse mappe tematiche per analizzare le strutture materiali e immaginarie che contribuiscono a costruire l’identità del Chianti, fornendo spunti per l’elaborazione di strategie di marketing innovative.
La base teorica da cui parte lo studio, spiega la ricercatrice, “è quella di dimostrare ed analizzare il modo in cui i luoghi, e in particolare quelli più tradizionalmente considerati autentici e che hanno un fascino nell’immaginario collettivo, come il Chianti, sono un complesso di flussi materiali, economici, finanziari, culturali, molto più ampio di quello che si può intuire quando si parla di marketing territoriale. Nel momento in cui si “vende” la Toscana con l’immagine delle colline, dei cipressi, dei vigneti, assolutamente corrispondenti alla realtà, quella “tuscan way of life” che piace ed è giusto far conoscere, capita che chi “acquista” e chi “vende” non abbiano la percezione di quelle dinamiche globali che costituiscono materialmente il territorio stesso per quello che è. Con il risultato che la Toscana, così come noi la apprezziamo e la conserviamo, è il prodotto di quell’immaginario collettivo che parte dall’epoca romantica del Gran Tour nel 1700, da parte dei Paesi prevalentemente del Nord d’Europa, tedeschi, inglesi e così via. E tutto questo ha fatto sì che il paesaggio si mantenesse così, anche attraverso investimenti economici ed orientamenti nella pianificazione”.
Focus - Il Chianti nel mondo
La denominazione che porta uno dei nomi più noti del made in Italy, attualmente, vede esportare i suoi vini in Germania (32%), Usa (17%), altri Paesi (13%), Regno Unito (12%), Svizzera (6%), Austria (5%), Francia (4%), Canada (4%), Paesi Scandinavi (2%) e Danimarca (1%). Una distribuzione dell’export che vede gli il mercato Usa fra i protagonisti e che il Consorzio analizzerà nel dettaglio con la presentazione, all’Osteria Grand Hotel a Milano il 28 novembre, dei risultati della ricerca di mercato “Chianti in U.s.a. Il potenziale del vino Chianti nel mercato statunitense” a cura della professoressa Renée Bernhard della Bernhard Company, e, dove interverranno Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti, Carlo Casati, fiduciario Slow Food Italia e la giornalista firma de “Il Mondo” Anna Di Martino nelle vesti di moderatrice (info: www.consorziovinochianti.it).
“Questa ricerca - spiega il presidente Busi - nasce dall’esigenza di interpretare al meglio uno dei nostri due principali mercati. Su questo fronte, negli ultimi due anni, il Consorzio si è impegnato a fondo nel cercare di presentare un programma promozionale allettante sia per l’azienda che ci segue e che cerca un buon canale per la vendita e quindi, con il preciso obiettivo di individuare le piazze migliori ove andare a proporsi, sia per il consumatore che all’interno dei nostri eventi ha sempre un ruolo fondamentale: è colui il quale cerca la bottiglia di Chianti, al ristorante, al bar, ecc. Il nostro prodotto ha una forte tratto distintivo: rappresenta il meglio del made in Italy che il mondo ci invidia. Tutto ciò che può ruotare attorno all’Italia, alla Toscana ed alla sua tradizione culinaria segna necessariamente un legame assoluto con il Chianti. In più, il Chianti ben si unisce a moltissime delle altre ricette della cucina italiana, e se vogliamo anche del panorama internazionale. Si potrebbe parlare di un sistema di territorio - aggiunge Busi - che va ben oltre l’aspetto enologico: si potrebbe parlare di valle del Chianti, per far sì che il Chianti diventi la denominazione dell’Italia nel mondo, un brand riconoscile in cui lo stile del Chianti possa emergere”.
La presentazione della ricerca, sottolinea Busi “servirà come strumento, come nuova chiave di lettura per parlare del nostro territorio all’estero. Ricordiamoci che la parola Chianti è tra le dieci parole italiane più conosciute al mondo: dobbiamo certamente esserne fieri. E’ nostro preciso dovere, infatti, essere il portavoce di questa idea a sostegno e a tutela del nostro territorio che copre gran parte della Toscana: azioni di questo genere certamente possono rafforzare ed aiutare il nostro settore”.
E a proposito delle strategie future del Consorzio del Chianti rispetto alle sfide del mercato globale, “stiamo cercando di contribuire nel modo migliore alla promozione del territorio del Chianti e dei nostri associati nel mondo - spiega Giovanni Busi - e l’attività di promozione negli Stati Uniti, dove già da qualche anno siamo presenti con eventi targati Chianti, ci ha incoraggiato a raggiungere altre mete. La Russia - il primo approccio lo abbiamo avuto il giugno scorso, mercato difficile ma altrettanto interessante - la Svizzera, una piccola realtà ma dove il consumo di vino italiano si fa sentire e l’Asia, l’ultima nostra trasferta oltre oceano del 2012”.
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