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“FATTI & MISFATTI” DELL’ITALIA DEL VINO NEL 2012 VISTI DA WINENEWS: TRA CONSUMI, EXPORT, VECCHI E NUOVI MERCATI, CLIMA, LEGGI, INVESTIMENTI, NUOVE CANTINE, CRITICA ITALIANA E INTERNAZIONALE, COMPLEANNI, CURIOSITÀ, ECCO IL “THE BEST” ENOICO DELL’ANNO

Italia
Un 2012 intenso per il vino italiano

Il 2012, nonostante i Maya, al cui errore, come ampiamente previsto, possiamo brindare, visto che il mondo non è finito, è stato un anno quanto meno intenso per l’Italia del vino. Dal punto di vista dei mercati, che pur tra mille difficoltà hanno mandato segnali positivi, degli investimenti, della critica, che ha incoronato tante eccellenze dell’Italia enoica, e non solo, accanto a consumi, climate change, leggi, nuove cantine, compleanni e tante curiosità. E allora, con l’anno che volge alla fine, ecco il “bilancio” stilato da WineNews con il “The best” enoico del 2012. Se guardiamo agli andamenti economici delle esportazioni, per esempio, arrivano confortanti e solidi trend. Il vino italiano, infatti anche per l’anno che sta per finire dovrebbe confermarsi come uno dei comparti più affidabili e in salute, almeno da questo punto di vista. Sui primi 9 mesi dell’anno le esportazioni raggiungono 3,3 miliardi di euro, in crescita del 7,5% sul 2011 (dati Istat). E se il trend continua così a fine anno potremmo avere una chiusura tra 4,6 e 4,7 miliardi di euro in valore (segnando un nuovo record) e con volumi intorno ai 21-21,5 milioni di ettolitri.

Sul fronte dei Paesi più interessati alle etichette tricolori, poi, nonostante la crisi, primeggiano Stati Uniti (+7,2%), Germania (+4,4%) e Regno Unito (quest’ultimo, l’unico Paese ad evidenziare un -2,1% sul 2011 nelle importazioni). Per le esportazioni sui mercati asiatici, indicati ancora una volta come i più promettenti, la Cina continua a rappresentare la meta più ambita. A testimoniarlo il volume di investimenti per la promozione del nostro vino all’ombra della Grande Muraglia: oltre 80 milioni di finanziamenti provenienti dall’Ocm investiti quasi esclusivamente per operazioni tra Pechino e Hong Kong (teatro, tra l’altro, della più grande asta di vini italiani della storia battuta da Gelardini & Romani).

Ma se complessivamente la capacità del vino italiano di “mordere” i mercati più importanti del mondo resta una più che confortante realtà, le cose non vanno altrettanto bene a casa nostra. I consumi interni stanno scendendo progressivamente e, ad oggi, sfiorano la soglia dei 35 litri a testa (erano 48,2 litri procapite nel 2007). Anche dal punto di vista del clima, purtroppo, si segnala nel 2012 una tendenza ormai in atto dall’inizio del nuovo secolo: quella di vendemmie molto calde, almeno alle nostre latitudini, con conseguente crescita delle problematiche nell’allevamento della vite e vini qualitativamente sempre molto buoni, ma meno propensi a reggere il tempo che passa. Una criticità che però non ha intaccato minimamente la discussione in sede comunitaria sulla liberalizzazione dei diritti d’impianto, prevista dalla legislazione europea in materia, a partire dal 2015, ma che, in realtà, non si verificherà, sostituita da un nuovo sistema di regolamentazione, accompagnato da una clausola di revisione e da misure transitorie. Dal punto di vista legislativo, però, il 2012 sarà ricordato soprattutto per la “prima volta” del vino biologico, che, proprio a partire dalla vendemmia 2012, con l’entrata in vigore del regolamento comunitario 203/2012 dell’8 marzo 2012, permette l’uso del termine “vino biologico” in etichetta, oltre al logo biologico dell’Ue (“Euro-leaf”).

Tuttavia, restando “in casa”, se la salute di un settore si misura anche dagli investimenti, nel 2012 ancora di crisi, nel mondo del vino italiano si è continuato ad investire, come Soleya International Corporation di Panama che ha comprato Tenuta Oliveto, o Alejandro Bulgheroni, imprenditore argentino del petrolio, neo proprietario di Poggio Landi, “costola” distaccata della Fattoria dei Barbi, entrambe a Montalcino, nel cuore della denominazione del Brunello, mentre Tenimenti Angelini è invece salita al 100% di Bertani Holding e Tenuta Novare. E poi, gli investimenti in nuove cantine: dal Carapace dei fratelli Lunelli (Ferrari) a Montefalco firmata Arnaldo Pomodoro alla Masseria Altemura di Zonin in Puglia, dal nuovo quartier generale di Antinori nel Chianti Classico alla nuova Cantina di Feudo di Mezzo di Planeta, nel terroir “rivelazione” dell’Etna.
Come ogni anno, poi, ci si è interrogati sul ruolo della critica, spesso e troppo divisa, con solo 4 vini a mettere d’accordo le edizioni 2013 delle guide top italiane: Barolo Cannubi Boschis 2008 di Sandrone, San Leonardo 2007 della Tenuta San Leonardo, Bolgheri Sassicaia 2009 della Tenuta San Guido e Bolgheri Superiore Grattamacco 2009 di Grattamacco. E, ancora una volta, la critica internazionale ha incoronato l’Italia: “Wine Enthusiast”, da un lato, con Caprai “Miglior cantina europea 2012”, il Bolgheri Superiore Guado al Tasso 2008 di Antinori n. 1 della “Top 100 Cellar Selection” (20 gli italiani) e 17 etichette tricolori nella “The Enthusiast 100”, e “Wine Spectator”, dall’altro, meno generosa, nella sua “Top 100” (16 vini italiani), ma dove il Brunello di Montalcino 2007 di Ciacci Piccolomini d’Aragona è n. 9. “Wine Spectator” che, però, ha firmato l’evento 2012 da ricordare: “Opera Wine”, prima degustazione della rivista Usa in Italia con Vinitaly, di cui è stata prologo (e lo sarà anche nel 2013), con le 100 cantine italiane al top.

Infine, un compleanno, quello del “fenomeno” enoturismo con i primi 20 anni dell’evento “Cantine Aperte” del Movimento Turismo del Vino, e le curiosità, tra quelle che hanno fatto più parlare di sé. Come il Brunello di Montalcino di Richard Gere, private label prodotto dalla Tenuta San Filippo, o i nuovi vip “folgorati sulla via di Bacco”, come Bruno Vespa, neo-produttore nella Masseria Cutùri in Puglia. Senza dimenticare, veri e propri cult, come i francobolli celebrativi dei territori dell’Italia del vino di Poste Italiane, e il braccialetto di Cruciani & Caprai con i colori del Sagrantino di Montefalco (7 milioni quelli venduti).

Una su tutte, è stata però la notizia che ha fatto il giro del mondo: lo “sfregio” alla Cantina Case Basse a Montalcino e la distruzione, irrimediabile, di sei annate di Brunello (2007-2012), segno dell’attenzione verso il nostro Paese, e un prodotto, il vino, simbolo della nostra cultura, amato davvero in ogni angolo del pianeta.

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