02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2025 (175x100)

“STUPORE E INCREDULITÀ”: IL CONSORZIO DEL BARDOLINO RISPONDE ALLA FIVI, CHE ERA PARTITA DALLA DECISIONE SULL’ABBASSAMENTO DELLE RESE DELLA DOC PER UNA RIFLESSIONE PIÙ AMPIA SUL PESO DELLA RAPPRESENTANZA NEI CONSORZI

“Stupore e incredulità: sono questi i sentimenti del Consorzio di tutela del Bardolino dopo la lettura del comunicato con il quale la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti (Fivi) prende posizione contro la decisione di abbassare da 130 a 115 quintali per ettaro la quantità della uve idonee a ottenere vini della Doc Bardolino nella prossima vendemmia”. Così il presidente del Consorzio del Bardolino (www.ilbardolino.com), Giorgio Tommasi, sull’intervento della Fivi dei giorni scorsi che, come scritto da WineNews, in realtà chiamava in causa il “caso Bardolino” come esempio per una riflessione più ampia, visto che per i Vignaioli Indipendenti “è necessario rimettere in discussione gli equilibri nei poteri decisionali, nella rappresentatività e nel voto, degli organi collegiali dei consorzi. Occorre superare gli automatismi (ettari/bottiglie/teste)”, e dare più peso, al di là delle dimensioni, a chi va dalla produzione di uva alla commercializzazione della bottiglia, che non può contare quanto (o meno) di chi semplicemente imbottiglia e vende, per esempio.
“Francamente - dice il presidente del Consorzio del Bardolino, Giorgio Tommasi - non riusciamo a capire i motivi delle considerazioni espresse dalla Fivi. Stando all’elenco dei soci che compare nel sito della federazione, i vignaioli del Bardolino aderenti alla Fivi sono sette, e cinque di questi dichiarano sui siti aziendali le loro rese per ettaro riferite al Bardolino, indicandole da un minimo di 86 e un massimo di 112 quintali. Non volendo neppure lontanamente credere che le notizie che compaiono sulle loro pagine web non siano veritiere, appare del tutto incomprensibile come possano definire lesiva dei loro interessi la scelta di abbassare le rese a 115 quintali, considerato che, essendo per loro stessa dichiarazione già al di sotto di questo valore, non sono minimamente toccati dalla decisione del Consorzio”.
“L’aspirazione dei piccoli produttori a trovare espressione nei consorzi è legittima - aggiunge Tommasi - ma nel caso del Bardolino la Fivi ha decisamente sbagliato obiettivo, sollevando inspiegabili dubbi su un consorzio che proprio per i più piccoli ha fatto molto in questi ultimi cinque anni, arrivando a raddoppiare il prezzo delle uve, pur in un contesto economico molto difficile. Si tratta di risultati eccezionali, che è stato possibile conseguire proprio perché nel consiglio del consorzio siedono tutte le componenti della filiera, dalle più piccole alle più grandi, e non può essere altrimenti, visto che sono circa settanta le aziende di ogni dimensione che producono e vendono con loro etichetta il Bardolino nel nostro territorio. Più di metà dei consiglieri sono vignaioli che coltivano vigneti, vinificano direttamente la loro uva e commercializzano in proprio il vino che ne traggono, due di loro possiedono appena sei ettari di vigna. Quanto alla Fivi, non risulta che come associazione abbia avanzato alcuna candidatura al recente rinnovo del consiglio consortile: forse era il caso di farlo. Non che questo intacchi il significato delle idee che esprimono - prosegue Tommasi - ma rammento che i sette colleghi aderenti alla Fivi rappresentano l’1,02% del totale dei nostri vigneti e l’1,25% del Bardolino imbottigliato: non ritengono forse che sia democratico ascoltare anche chi rappresenta il restante 99%, soprattutto quando le decisioni, come in questo caso, trovano il consenso pressoché unanime, salvo un unico astenuto, di tutte le diverse ed articolate anime rappresentate in consiglio? Nel caso del Bardolino è poi totalmente inaccettabile, perché del tutto falsa, l’affermazione della Fivi secondo la quale in seno al consiglio i delegati delle cantine sociali esercitino una posizione egemone e monopolista: pur essendo rilevanti come dimensione, le tre cooperative del Bardolino esprimono, insieme, solo cinque consiglieri su quindici. Ma a prescindere da questo, forse le centinaia di soci delle cantine sociali non coltivano vigneti, non vinificano uva attraverso la loro cooperativa e non commercializzano vino?”
“Ovviamente - conclude il presidente del Consorzio del Bardolino - tutti i suggerimenti sono preziosi per una più efficace gestione della denominazione, però occorre tener giusto conto delle opinioni di tutti, perché tutti hanno fornito un contributo significativo alla recente rinascita del Bardolino, anche a costo di grandi sacrifici. La determinazione di abbassare la quantità di uva ammessa alla doc ne è un ulteriore esempio, visto che sono soprattutto le cooperative e le aziende di maggior dimensione, e non i piccoli produttori che dichiarano pubblicamente di essere sotto i 115 quintali per ettaro, a essere chiamate a ridimensionare il loro gettito nell’interesse di tutta la denominazione del Bardolino”.

Copyright © 2000/2025


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2025

Altri articoli