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Dalle Langhe, eccellenza del vino mondiale, riflessioni tra passato e futuro, tra etica e mercato, tra opportunità e rischi: dalla nuova cantina de “La Ciau Del Tornavento” parlano Carlin Petrini, Angelo Gaja, Giorgio Rivetti e chef Maurilio Garola

Italia
Da Langhe eccellenza del vino mondiale: riflessioni di Petrini, Garola, Rivetti e Gaja nel vernissage della cantina del Ristorante La Ciau del Tornavento

Quel che fa oggi un territorio, come la Langa o il Monferrato, è anche e soprattutto una questione di etica. Il rispetto per la natura e la conservazione della biodiversità. La remunerazione giusta per chi lavora nella vigna. Il dire no al caporalato e qualsiasi altra forma di sfruttamento dei lavoratori. Il non chiudersi in se stessi ma anzi investire per far crescere i territori vicini. “Altrimenti offendiamo i nostri vecchi e chi ci ha preceduto facendo grande questo territorio”. Lo ha detto ieri Carlin Petrini, patron di Slow Food, al vernissage della nuova cantina de La Ciau del Tornavento, il ristorante stellato di Treiso, con Award di Wine Spectator e de La Revue du Vin de France, guidato dallo chef Maurilio Garola (con la moglie Cecilia Monte, Nadia Benech e il cuoco Marco Lombardo), accanto a loro i produttori Angelo Gaja e Giorgio Rivetti, animati, in una brillante riflessione, da uno degli migliori comunicatori del wine & food italiani, Maurizio Di Dio.
“Nel ‘90 quando Slow Food organizzò la Convention dei Vini di Langa ad Alba - ha ricordato Petrini - non c’era un ristorante con la carta dei vini in tutto il Piemonte. Si vendeva più caro il Dolcetto del Barbaresco e del Barolo e c’erano ancora stalle, frutteti, la biodiversità delle culture. Ho conosciuto Rivetti quando faceva ancora i salumi. Aveva la stalla in casa. Non fermiamoci al passato, ma chiediamoci come sarà il futuro? I macedoni, gli albanesi, gli stranieri che oggi lavorano le nostre vigne sono diecimila famiglie, una comunità importante. Gestiscono le nostre vigne, le nostre cantine, parlano già piemontese. Non possiamo pensare di fare spazio alcuno al caporalato. Offendiamo i nostri vecchi”. Ha aggiunto Carlin: “le Langhe non sono a rischio crisi. Sono a rischio di comportamenti che possono far perdere prestigio, come una crescita indiscriminata del numero delle bottiglie dei suoi vini. Ed occorre controllare che per mettere le vigne, non vengano tagliati altri boschi. Non si può solo fare il vino bisogna anche trovare la frutta, i polli, le nocciole ... Dobbiamo concepire un’area più ampia. Ma il Piemonte non è solo la Langa: nel Monferrato non c’è più valore, chiudono le cantine. La Langa deve fare da apripista e non da asso pigliatutto. Bisogna guardare al Monferrato come una nuova zona da far crescere per altre colture. I produttori devono investire anche qui. Abbiamo compromesso tutti i fondovalle. Le periferie delle nostre città sono anonime. Dove una volta c’era il bosco ora c’è la vigna. La brama del troppo riduce il prestigio”. Cita il caso di Albano Carrisi che vende il suo vino a 2/3 euro: “non siamo radical-chic, ma il vino a 2/3 euro non esiste. Educare i consumatori al prezzo giusto è un lavoro enorme. Ho dedicato tutta la vita. Non si può svendere il Barolo o un alimento perché gli togli il valore. I giovani così non tornano alla terra ...”.
Angelo Gaja, uno dei produttori più importanti del territorio, d’Italia e del mondo, ha ricordato che “il Piemonte è una terra di personaggi straordinari che hanno trasmesso energia positiva. Il monferrino Andrea Desana, il padre della legge sulle Doc, i langhetti Renato Ratti e Terenzio Ravotto, uomo della Coldiretti. All’epoca c’era una frode commerciale che faceva paura. Quando Ratti tornò dal Brasile e vide il Barolo a 300 lire, decise che non si poteva svalutare così quel vino. Lo mise a 1.000 lire. Fu uno scandalo. Noi godiamo oggi grazie a loro”. Si citano anche Veronelli, Soldati, il senatore astigiano Oddino Bo, il ristoratore Guido di Costigliole. “Personaggi che devono stare nel Pantheon della Langa e del Monferrato. I langhetti - ha continuato Gaja - hanno una capacità imprenditoriale che arriva da Cavour e dalle idee liberali. Da Michele Ferrero a Oscar Farinetti. Tutti qui hanno sempre avuto due lavori: lavoravano alla Miroglio o alla Ferrero e poi lavoravano la terra. Amavano il gioco. Andavano a Nizza, ad Acqui, a giocare. Qualcuno si giocava la vigna, la cascina, persino la moglie. Quell’amore per l’azzardo che a un certo punto è stato trasferito nel lavoro, nelle aziende. Gli albesi sono stati capaci di fare marketing, quello buono. Vi ricordo Giacomo Morra quando inviò un tartufo bianco d’Alba al Presidente degli Stati Uniti”. Ed ancora: “c’è un genius loci antico in questa zona. C’è un Dna con dei valori. Dobbiamo anche insegnare ai macedoni e ai lori figli i valori profondi di questa terra”.
Gaja parla anche di turismo: “gli stranieri arrivano in Langa attirati da vino, tartufo e paesaggio Unesco. Un’area del genere è destinata ad attirare sempre di più. Dobbiamo capire che in un posto di 700 anime non puoi portare 100.000 persone. Abbiamo luoghi fragili da tutelare non dobbiamo darli in mano a gente che vuole sfruttarli”. Il riferimento è a Collisioni, festival musicale estivo che porta migliaia di persone a Barolo.
“Il cambiamento - ha spiegato Giorgio Rivetti - è successo recentemente. Quando l’energia è diventata sinergia tra i produttori. Il successo del Barolo erano quelle valigie dei produttori piene di bottiglie che viaggiavano per il mondo. È una zona che non può “sputtanarsi”, e non deve entrare in certe logiche, come quelle del caporalato”.
“Abbiamo dedicato la nostra forza al vino. Ci crediamo da 18 anni - ha detto il “padrone di casa”, lo chef Maurilio Garola - da quando Giorgio Rivetti mi fece venire in Langa. Spostai il ristorante da San Secondo di Pinerolo a Treiso. Non fu facile farsi accettare dai langhetti. Ci sono riuscito grazie all’aiuto e all’incoraggiamento dei produttori, su tutti Angelo Gaja”. Del resto qui arrivano solo per il vino, non come in Toscana con le sue città d’arte, ma il 70% dei turisti è comunque straniero”.
Oggi quel ristorante è uno dei più frequentati del Piemonte e forse d’Italia, basa tutto sull’origine delle materie prime (in carta c’è la massima trasparenza) e il menù spesso varie con le stagione e con la disponibilità dei prodotti. La cantina una delle più straordinarie con le sue 60.000 bottiglie (20.000 le bottiglie vendute ogni anno, grazie sicuramente al buon rapporto qualità/prezzo, al vino al bicchiere in abbinamento ai piatti, alla condivisione tra i tavoli delle grandi bottiglie e ad un giusto ricarico). Maurilio Garola ha fatto il suo grande teatro, dove si dà spettacolo. Ed è un uomo capace di far fare “oh” agli stranieri. Da lui bisogna copiare.

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