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Nessuna intesa sul prezzo del latte: il tavolo ristretto tra produttori e industriali convocato dal Ministero delle Politiche Agricole si chiude con il “no” degli allevatori. Dura reazione di Coldiretti: “35 centesimi al litro proposta provocatoria”

Non Solo Vino
LA protesta degli allevatori del settore del latte a Roma

Nessuna intesa sul prezzo del latte: il tavolo ristretto tra produttori e industriali, convocato dal Ministero delle Politiche Agricole per individuare possibili soluzioni alle difficoltà del comparto, si è chiuso con il no degli allevatori alla proposta di Assolatte. L’industria, incluso il gruppo Lactalis, ha portato a 35 centesimi l’offerta di acquisto, e proposto di far decadere l’indicizzazione al prezzo tedesco previsto in alcuni contratti. Un’offerta giudicata insufficiente dalle organizzazioni agricole se confrontata con le richieste ed i costi medi di produzione. “L’industria, per la forza e la responsabilità che esercita, poteva e doveva dare un segnale più forte e concreto - commenta il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina - ma noi vogliamo andare avanti con determinazione a sostegno innanzitutto degli allevatori che devono poter vedere remunerato equamente il lavoro che fanno”. Il Ministro, del resto, si aspettava un accordo, perché c’erano segnali “che potevano portare a una intesa con uno sforzo di trattativa ulteriore, che tuttavia non c’è stato”.

Dal mondo della politica gli allevatori incassano la solidarietà del segretario della Lega Matteo Salvini, che si offre di salire “sul trattore e andare anche a Roma”. “La Lega più che marciare su Roma dovrebbe marciare a Via Bellerio”, gli risponde il vicesegretario del Pd, Debora Serracchiani, aggiungendo che “gli allevatori, ancora oggi, pagano le loro bugie sulle quote latte”. Dura la reazione di Coldiretti che, da cinque giorni, con assedi di trattori e mucche davanti allo stabilimento lombardo della Lactalis ed alcuni supermercati, chiede un compenso per gli allevatori commisurato ai costi di produzione, che variano dai 38 ai 41 centesimi, contro l’attuale quotazione di 33-34 centesimi al litro. “È provocatoria l’offerta di un centesimo in più per litro di latte che umilia il lavoro quotidiano degli allevatori italiani - tuona l’organizzazione agricola - la guerra continua. Sembrano prevalere le ragioni di un patto scellerato tra Lactalis, quota parte dell’industria e i grandi trader del latte, per puntare sulla produzione straniera da rivendere ai consumatori italiani a prezzi maggiorati fino al 50% rispetto a quelli di altri Paesi Europei”. Anche per il presidente della Confagricoltura Mario Guidi “l’accordo sul prezzo del latte, a queste condizioni, è impossibile. È importante che Lactalis abbia deciso di abbandonare il riferimento alle quotazioni della Germania ma, nell’attesa di capire anche l’atteggiamento della grande distribuzione, riprenderà lo stato di agitazione”. Meno forte la reazione del presidente della Cia Dino Scanavino, che “prende atto dei passi avanti mostrati dalla parte industriale per rispondere alle esigenze del settore, ma sono insufficienti, ora serve un piano strategico per superare la crisi del latte”.

Fonte: Ansa(Graziella Marino)

Focus - Coldiretti: 1/3 mercato italiano in mano a francese Lactalis

La multinazionale francese Lactalis, che negli anni si è comperata i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cadermartori, detiene il 33% del mercato italiano del latte a lunga conservazione, ma la quota sale al 34% nella mozzarella, al 37% nei formaggi freschi e arriva addirittura la 49,8% nella ricotta solo per citare alcuni esempi. È quanto emerge dal Dossier della Coldiretti sul potere di mercato conquistato in Italia dal gruppo d’oltralpe, sulla base dei dati di Italiainprimapagina, divulgato in occasione della mobilitazione degli allevatori italiani giunti, con cagliate e sacchi di polvere di latte e caseina, davanti alla sede dell’Antitrust in Piazza Verdi 6/a Roma. Un’iniziativa per far luce sull’evidente squilibrio contrattuale tra le parti che, secondo la Coldiretti, determina un abuso, da parte dell’industria, dovuto alla maggiore forza economica sul mercato, con imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose agli allevatori. I prezzi praticati dagli operatori a valle della filiera del latte fresco, sottolinea la Coldiretti, sono iniqui e gli allevatori sono costretti a chiudere perché non riescono a coprire neanche i costi di produzione.

“Nel passaggio dalla stalla allo scaffale i prezzi del latte fresco moltiplicano fino a quattro e la differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è la più alta d’Europa - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - in altre parole in Italia l’industria e distribuzione hanno margini molto più elevati degli altri Paesi, dalla Francia alla Germania. E questo significa - precisa Moncalvo - che all’interno della filiera ci sono margini da recuperare per garantire un giusto prezzo agli allevatori senza aumenti per i consumatori”.

In Italia occorre dunque verificare l’esistenza di comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna e anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale. In Francia l’Antitrust, come ricorda la Coldiretti, ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andros’s Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era precedentemente intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni).

La multinazionale Lactalis è il primo gruppo lattiero caseario nel mondo con un fatturato complessivo di 16 miliardi che in Italia nel 2014 ha sviluppato un giro d’affari per 1,4 miliardi di euro con una quota di mercato complessiva nel settore lattiero caseario del 23,4% in volume, mentre acquista circa l’8% del latte italiano. Il Gruppo francese ha tagliato i compensi agli allevatori italiani che chiedono soltanto che, sottolinea la Coldiretti, il prezzo a loro riconosciuto sia almeno commisurato ai costi di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro, secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Ismea in attuazione della legge 91 del luglio 2015. La vita o la morte delle stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende da almeno 5 centesimi per litro di latte, che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione e i compensi riconosciuti, scesi a 34 centesimi al litro.

Inoltre, l’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, ma anche di quello impiegato in yogurt, latticini e formaggi, non consente di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative e impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero made in Italy. Il risultato è che nell’ultimo anno più di mille stalle da latte sono state chiuse, il 60% delle quali in montagna e quasi 4.000 posti di lavoro sono andati in fumo per effetto della perdita nei bilanci di circa 550 milioni di euro, perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30% sullo scorso anno, su valori inferiori a quelli di venti anni. A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero, circa il 40%, e c’è il rischio concreto che il latte straniero possa a breve, per la prima volta, superare quello tricolore. Sembrano prevalere, denuncia la Coldiretti, le ragioni di un patto scellerato per puntare sulla produzione straniera da rivendere ai consumatori italiani a prezzi maggiorati fino al 50% su quelli di altri Paesi Europei. Il disegno è quello, secondo la Coldiretti, di far chiudere il maggior numero di stalle per dimezzare la produzione italiana e lucrare sull’importazione di latte da Paesi con meno controlli e bassa qualità.

La Coldiretti, si legge nel comunicato dell’organizzazione agricola, non permetterà che questo accada, e alza il livello della mobilitazione per difendere le stalle, il lavoro, il territorio da coloro che non rispettano la legge e vogliono umiliare il Paese. La situazione drammatica del settore ha provocato la storica mobilitazione nel mese di novembre, che ha già coinvolto 20.000 allevatori che insieme alle principali associazioni dei consumatori (Adiconsum, Federconsumatori, Adusbef, Codacons Movimento consumatori) hanno intercettato centinaia di camion, tir e cisterne, presidiato decine di iper e supermercati in tutte le Regioni, distribuito almeno 300.000 volantini ai consumatori per spiegare i motivi della protesta. La presenza della multinazionale francese Lactalis in Italia inizia nel 2003 con l’acquisizione dell’Invernizzi, continua con quella della Galbani e della Locatelli e poi nel 2011 con la Parmalat e infine all’inizio del 2015 con l’acquisto del Consorzio Cooperativo Latterie Friulane. A ciò si aggiunge la strana storia della Centrale del Latte di Roma, che vede coinvolto sempre il colosso transalpino. Nel marzo del 2010 una Sentenza del Consiglio di Stato ha dichiarato la nullità della vendita della Centrale del Latte di Roma a Cirio da parte del Comune di Roma e tutti gli atti conseguenti, compresa la successiva vendita a Parmalat; pertanto, le azioni della Centrale del Latte sono ritornate al Comune di Roma, il quale però, dopo cinque anni, non ha ancora avviato le procedure di recupero delle proprie azioni.

Focus - Coldiretti: allevatori rovesciano polvere latte davanti antitrust

Davanti alla sede dell’Antitrust a Roma gli allevatori della Coldiretti hanno rovesciato polvere di latte che è il simbolo del ricatto degli industriali che sottopagano il latte italiano al di sotto dei costi di produzione dopo aver tentato il colpo di mano per chiedere il via libera all’uso della polvere di latte nei formaggi e yogurt made in Italy. Ecco la protesta di Coldiretti, nei giorni più duri per la filiera del latte, che sottolinea come ci si trovi di fronte “ad un vero ricatto straniero per la decisione del Governo italiano di confermare il no alla produzione di formaggi senza latte fresco alla scadenza dell’ultimatum da parte della Commissione Europea, fissato il 29 settembre scorso, con l’impegno diretto del presidente del Consiglio Matteo Renzi, davanti ai 30.000 agricoltori della Coldiretti riuniti all’Expo. Una decisione - sottolinea la Coldiretti - supportata anche dalla petizione popolare Coldiretti alla quale hanno aderito decine di migliaia di italiani dopo la mobilitazione degli agricoltori dal Brennero a Bruxelles fino all’Expo”.

Fallito il tentativo di far saltare la legge n .138 dell’11 aprile del 1974, che ha garantito da oltre 40 anni il primato della produzione lattiero casearia italiana, il latte, denuncia la Coldiretti, viene sottopagato a 34 centesimi al litro nonostante i costi di produzione siano in media compresi tra i 38 ed i 41 centesimi al litro in Lombardia, secondo lo studio ufficiale realizzato in riferimento alla legge 91 del luglio che impone che il prezzo del latte alla stalla debba commisurarsi ai costi medi di produzione. Si voleva imporre all’Italia di produrre “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere, con il rischio di far sparire 487 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni italiane ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo da generazioni. Ed oggi, con la chiusura di 1.000 stalle in un solo anno, si rischia, come denuncia la Coldiretti, di arrivare allo stesso drammatico risultato. Con un chilo di polvere di latte, che costa sul mercato internazionale 2 euro, è infatti possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti confezioni di yogurt, e tutto con lo stesso identico sapore perché viene a mancare quella distintività che viene solo dal latte fresco dei diversi territori.

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