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Wine2Wine - In un mercato globalizzato e digitale l’affermazione di un brand passa anche dal raccontare l’unicità dei prodotti raccontandone la storia. Lo storytelling nuova frontiera per il vino italiano che di storie da raccontare ne ha tante

Nell’era dell’e-commerce, dell’acquisto d’impulso, della produzione e dei consumi di massa, le aziende del vino possono rafforzare il proprio brand se riusciranno a dimostrare la propria unicità attraverso la loro storia ed offrire così al consumatore una motivazione in più. E’ il “segreto”, alla base del cosiddetto storytelling, rinnovata frontiera del marketing, oggi al centro di un incontro “Wine2Wine” di Verona.
Lo storytelling, è stato detto, “dà vita al vostro marchio, piuttosto che pubblicizzarlo, e genera le vendite attraverso una vera e propria connessione con il consumatore. Questa connessione, sia emotiva che cognitiva, è ancora più importante nel mondo ad alta velocità in cui viviamo, dove la capacità di attenzione è sempre più bassa”. Dare la possibilità al consumatore di conoscere la storia dell’azienda e dei suoi prodotti è, dunque, il mezzo per diventare unici in un mercato gloalizzato. E in questa ottica, ha osservato Timothy O’Connell (Vinitaly Wine Club), “il mondo del vino ha storie infinite da raccontare, ma facciamo spesso fatica a comunicarle. Per questo continuiamo a parlare dei vini solo attraverso le schede tecniche. Anche Steve Jobs aveva capito che per far diventare un oggetto una cosa altra rispetto a una scheda tecnica, bisognava raccontare qualcosa in più”.
Nello storytelling sta, dunque, la trasformazione “di un prodotto da bene consumo a life style. E’ necessario raccontare l’unicità di prodotto per dare un’emozione al consumatore. E il vino è pieno di emozione”. Secondo Luca La Mesa (Publisoftweb, a cui fa capo Vinocult), “prima dell’e-commerce occorre creare cultura del vino nel consumatore, non solo italiano ma soprattutto internazionale: ad esempio, dobbiamo educare il consumatore Usa ad abbinare il vino giusto ai loro piatti. In questo modo possiamo esportare il modello italiano con qualità e unicità”. Non a caso, ha ricordato, in America, “oggi c’è ricerca boutique winery da parte dei consumatori più attenti. Si cerca emozione, unicità e tradizione”.
Nicole Poggi, consulente di branding, ha osservato che “il vino racchiude un territorio ma anche dei sogni. L’emozionalità che sta dietro a un prodotto va raccontata per permettere a un consumatore dall’altra parte del mondo di conoscere l’unicità del vino che è necessariamente collegato a un territorio, a delle storie e delle persone. Abbiamo inventato un format in Romagna nel quale raccontiamo e mostriamo il life style che c’era dietro. In questo format, insegniamo, ad esempio, a fare cappelletti e passatelli”. Anche questo è storytelling.
Fabrizio Grea (Banzai Media, a cui fa capo il portale Giallo Zafferano) ha esortato i produttori di vino “a lavorare ogni giorno su tutte le possibili declinazioni dello storytelling della vostra azienda. Deve essere parte della vostra cultura. E’ complesso ma è l’unica chiave di successo e di differenziazione. Allo stesso tempo è importante usare i device giusti che oggi sono gli smartphone. Ormai le persone accedono a internet dal telefonino e il browser del computer sta diventando obsoleto. I vostri contenuti devono essere liquidi, sapersi adattare e arrivare su futuri social network. In Usa ad esempio c’è una forte crescita di Instagram mentre da noi si preferisce ancora Facebook”. Molto importante, ha aggiunto, “è anche lo sharing visto che il target di riferimento oggi sono i cosiddetti millenials, che postano tutto on line. La pubblicità ormai non è più credibile e oggi i giovani si fidano degli amici o della famiglia, con i quali condividono anche le scelte di prodotto”.

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