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“Eresia” o nuovo che avanza? Il vino in lattina macina tassi di crescita impressionanti negli States (+125% in un anno) ed è amatissimo dal segmento chiave dei Millennials, grazie a praticità e a un aspetto “meno pretenzioso” della classica bottiglia

Italia
Il vino in lattina cresce tra i Millennials in Usa

Sarebbe fin troppo facile commentare il fenomeno del vino in lattina con uno “strano ma vero” - o, sulla falsariga dei Galli di Goscinny e Uderzo, con un lapidario “Sono pazzi questi americani” - ma i numeri più recenti relativi a questo comparto, riportati da “Business Insider” (http://uk.businessinsider.com/), sono decisamente degni di uno sguardo meno superficiale.

Le vendite di vino in lattina negli Stati Uniti, infatti, sono cresciute di un astronomico 125,2% nelle 52 settimane comprese tra la metà di giugno 2015 e la metà del giugno 2016 (fonte Nielsen), arrivando a un valore di 6,4 milioni di dollari: cifre senz’altro microscopiche se comparate a quelle del mercato del vino negli States nella sua totalità, se si pensa che il segmento si ferma allo 0,1% del totale, ma che vanno contestualizzate, visto che la medesima industria nel 2012 non arrivava nemmeno a 2 milioni complessivi di fatturato. Inoltre, il settore sta gradualmente mutando pelle, e abbandonando la predominanza degli sparkling come prodotto sinonimo del vino in lattina, che era tipica della sua infanzia. Non a caso, le vendite di vino da tavola in lattina sono cresciute del 1000% anno su anno, passando da 688.000 a 6,7 milioni di dollari, e quest’ultimo ha ora il doppio del mercato degli sparkling confezionati nello stesso modo, che vale sui 3,7 milioni di euro. Con il totale passato dai 6,4 milioni di dollari del “fatturati” dal vino in lattina tra giugno 2014 e giugno 2015, agli oltre 14 tra giugno 2015 e giugno 2016
Uno dei motivi di questo successo, ha puntualizzato Danelle Kosmal, Vice Presidente della sezione beverage & alcohol di Nielsen per il Nord America, “è semplicemente l’aumento della disponibilità di prodotto da parte di una manciata di brand: è più visibile, e dà ai bevitori di vino, e specialmente ai Millennials, qualcosa di nuovo da provare”. E i nomi di peso dell’industria americana del vino non hanno tardato ad adeguarsi a questa musica, visto che aziende come Barefoot sono già entrate nel settore - e quelle che ci hanno scommesso sopra parecchio, come la Union Wine Company, hanno visto le proprie vendite di vini confezionati sia in vetro che in lattina raddoppiare nel giro degli ultimi due anni. Con l’indubbio vantaggio che, in termini di stoccaggio e di prezzo, il vino in lattina è di più facile adozione anche da parte di catene “generaliste” della distribuzione al dettaglio, come Trader Joe’s.

In una parola, sottolinea poi “Business Insider”, il successo del vino in lattina è dettato dai Millennials, per i quali la praticità e la facilità di consumo sono essenziali - e per i quali un vino in bottiglia, più che comunicare lignaggio, tradizione e qualità, trasmette spesso pretenziosità e un’immagine di vecchio. Questo stesso segmento demografico, come dimostrano ormai tutti i dati, è più che disposto a spendere per il vino, e per il vino anche di qualità: il punto dirimente è che desidera farlo alle proprie condizioni, e posto che il mondo del nettare di Bacco parli una lingua a loro congeniale. Il che può anche voler dire gelati al vino, frullati al vino e, per l’appunto, vino in lattina: “La percezione del vino è sempre più alta se è imbottigliato”, ha puntualizzato Kosmal, “ma quando chiediamo ai giovani di età compresa tra i 21 e i 34 anni la loro opinione sulle confezioni, ce ne sono sempre di più che pensano che nelle lattine ci possa anche essere vino di buona o di ottima qualità”.

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