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Anche il vino ha il suo indotto, fatto di bottiglie, brik, tappi ed etichette. Un’industria che, nel 2020, varrà 22,8 miliardi di dollari, tenendo conto di un ritmo di crescita del 2,3% annuo e grazie all’aumento continuo della produzione globale

Italia
Nel 2020 il business del packaging del vino varrà oltre 22 miliardi di dollari

Anche il vino, come qualsiasi grande settore economico del mondo, ha il suo indotto, fatto di bottiglie, brik, tappi ed etichette, un’industria parallela che, nel 2020, varrà qualcosa come 22,8 miliardi di dollari, tenendo conto di un ritmo di crescita del 2,3% annuo, grazie all’aumento continuo della produzione enoica globale, nonostante il calo dei consumi pro capite della Vecchia Europa, dove si beve il 60% del vino prodotto in tutto il mondo, e dove si produce il 60% di tutto il nettare di Bacco. I grandi cambiamenti che sta vivendo il comparto, del resto, si traducono in grandi opportunità per l’industria del packaging, presentati nel “World Wine Packaging: Containers, Closures & Accessories”, studio della “The Freedonia Group” di Cleveland (www.freedoniagroup.com).

Da cui emerge che il vetro è e sarà ancora, presumibilmente, il contenitore d’elezione, a cui il vino è indissolubilmente legato: l’85% della produzione complessiva del 2015 è finita proprio nel vetro. Una quota che, nei prossimi anni, è destinata a venire erosa da alternative meno pesanti e quindi costose in termini commerciali, dai bag in box ai container, dalle lattine alle bottiglie di plastica. L’Europa sarà ancora il punto di riferimento, ma perderà quote nei confronti del mercato del Nord America e dell’Asia, che rappresentano le opportunità migliori, a partire, ovviamente, da Stati Uniti e Cina, dove il vino sta diventando sempre più centrale nelle abitudini di consumo, senza dimenticare Australia e Nuova Zelanda.

Proprio l’Australia è il mercato che più plasticamente riesce a rappresentare i cambiamenti in corso: Paese produttore e grande esportatore, sceglie il bag in box per i vini da consumo quotidiano, ma usa ancora tanto vetro per i vini di qualità superiore, pur preferendo spesso e volentieri chiusure alternative al sughero, come il tappo a vite, e formati più leggeri per abbattere i costi di spedizione, specie verso Paesi ricettivi come la Gran Bretagna. Spazio, quindi alle spedizioni di vino sfuso, che riguardano anche altri produttori, dalla Spagna al Sudafrica, dal Cile alla stessa Australia, i cui vini vengono quindi imbottigliati una volta arrivati a destinazione.

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