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L’Europa arretra, il Nord America no, i vini fermi calano, le bollicine crescono, in un 2015 piuttosto piatto, in cui i trend più rilevanti sono la premiumizzazione dei consumi ed il successo del Prosecco: ecco il “Global Trends Report 2016” by Iwsr

Italia
Iwsr, i trend più rilevanti sono la premiumizzazione dei consumi ed il successo del Prosecco

Il mercato globale del vino fermo, nel 2015, è rimasto sostanzialmente stabile, a quota 2,4 miliardi di casse da 12 bottiglie, in calo dello 0,3% sul 2014, una perdita che equivale, complessivamente, a 7,5 milioni di casse. Male, come raccontano i dati del “Global Trends Report 2016” dell’Iwsr - International Wine & Spirit Research (www.theiwsr.com), i Paesi chiave dell’Europa enoica, che perdono in volume 15,7 milioni di casse, riducendo la quota europea del commercio enoico al 48,4%, risultato del declino che dura da anni di mercati fondamentali come Italia e Francia. Allo stesso tempo, il calo percentuale peggiore arriva dal blocco di Paesi ex sovietici, come conseguenza delle difficoltà economiche della Russia. A crescere, al contrario, è il Nord America, che guadagna 3,8 milioni di casse, con il resto dell’Europa che mostra una crescita di 2,9 milioni di casse, ed Asia ed Africa a +2 milioni di casse.

Tra i trend più rilevanti, la premiumizzazione, sempre più evidente, con i vini di basso prezzo che lasciano il posto a quelli di livello più alto, non solo in Europa e Nord America, ma anche nei Caraibi, in America Latina, in Australia ed in parte dell’Africa. Bene anche le vendite di rosé, dall’Europa ai Paesi dell’ex blocco sovietico, dal Nord America all’Africa.
Una crescita sostenuta da quattro fattori principali: la crescente domanda di vini più leggeri che arriva dai consumatori più giovani, in particolare dalle donne, specie in Europa; la crescente domanda di vini asciutti e semplici da parte dei consumatori più esperti di Stati Uniti, Belgio, Paesi Bassi e Svezia; l’appeal che il rosé ha tra i consumatori dei Paesi che si affacciano oggi al mondo del vino, come l’India; infine, la crescita dei brand lanciati dai produttori su mercati di riferimento come Spagna e Sudafrica. C’è da registrare, quindi, la partecipazione sempre più attiva di nuovi consumatori, sintetizzabili in tre gruppi fondamentali per il futuro del commercio enoico, anche se la divisione non è così netta ed è di natura prettamente geografica: si tratta, ovviamente, dei Millennials, che nei Paesi chiave dell’Europa e in Nord America stanno guadagnando sempre maggior peso, guidando la crescita di vini fruttati ed in lattina, ma anche quella dei blend e di alcuni brand diventati ormai simboli del lifestyle del wine lover.

Ma c’è anche da fare i conti con un andamento economico che ha messo in seria difficoltà, nell’ultimo anno, diverse economie del mercato latinoamericano, caraibico, dell’ex blocco sovietico ed africane, che hanno risposto cercando vini dal prezzo medio inferiore, e quindi di minore qualità, o rifugiandosi nell’offerta dei grandi brand, o ancora puntando sulle proprie produzioni, e persino tagliando nettamente i consumi. Altra tendenza importante, rimanendo tra i vini fermi, una sempre maggiore consapevolezza per la salvaguardia della salute, che si traduce, ovviamente, in una crescita dei consumi di vini a bassa gradazione alcolica, con performance di rilievo in Australia e Nuova Zelanda, che hanno fatto da apripista anche ai Paesi chiave europei, specie in Spagna, dove le aziende sembrano puntarci davvero, con vini dolci e frizzanti. Infine, ci sono trend appena accennati, che promettono di diventare importanti nei prossimi anni, come una rinnovata popolarità di vini varietali leggeri e floreali, il successo dei nuovi formati, come le lattine (di cui in realtà si parla da anni, senza che si sia assistito a grandi cambiamenti, ndr), ed il ritorno degli amanti dello Spritz (sempre che sia mai passato di moda, ndr).

Passando al commercio mondiale di bollicine, il 2015 si è rivelato, come nel caso dei vini fermi, particolarmente piatto: c’è stata una crescita, ma di poco conto, pari allo 0,3%, ossia 750.000 casse in più, per un totale di 215,6 milioni di casse. In pratica, la crescita registrata in tutte le regioni del mondo è stata azzerata dall’enorme calo dei Paesi del blocco sovietico, che ha lasciato sul campo il 7%, perdendo 2,2 milioni di casse sul 2014, a causa delle difficili condizioni economiche e del cambio sfavorevole. Stessi motivi alla base del calo dell’Africa, percentualmente simile (-6,1%), ma dall’impatto sensibilmente inferiore in termini assoluti (-212.000 casse). A raddrizzare la rottaci hanno pensato Europa e Nord America, dove il commercio degli spumanti ha guadagnato 1,1 milioni di casse.

A reggere la crescita, seppur limitata degli sparkling è, manco a dirlo, il Prosecco, una tendenza che non accenna proprio a spegnersi, anzi. Come sottolinea il report dell’International Wine & Spirit Research, le bollicine venete mostrano segnali di crescita dappertutto, dall’Asia all’Europa fino ai Caraibi: merito della sua accessibilità in termini di prezzo, che ha fatto uscire lo spumante dalla nicchia celebrativa per diventare vino di tutti i giorni, in una tendenza che accomuna il Nord America, avvantaggiato dal dollaro forte, alla Russia e all’Australia, dove il Prosecco è stato capace nell’ardua impresa di conquistare i consumatori di altre categorie, come Champagne e sidro. Anche i cocktail, come l’Aperol Spritz, hanno avuto una certa importanza nell’affermazione del Prosecco, mentre lo Champagne sta attraversando un periodo di fortune alterne nei diversi mercati, dove la competizione si rivela sempre più dura e difficile.

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