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Valpolicella Negrar, Tollo e Valpantena: ecco le tre cooperative del vino “più buone” d’Italia secondo la classifica della rivista tedesca Weinwirtschaft. Al netto del Sud Tirolo, che ha una classifica ad hoc, dove primeggia Terlano

La cooperazione, in Italia, vale oltre la metà della produzione del vino. Ma quali sono le migliori del Belpaese, dal punto di vista qualitativo? A metterle in fila ci ha pensato la rivista enoica tedesca Weinwirtschaft, pubblicata da Meininger (www.meininger.de/en/weinwirtschaft), degustando un panel di 6 etichette per cantina. E così, al netto delle cantine del Sud Tirolo, giudicate a parte (al top Terlano, Merano, Tramin, San Paolo, Andriano, Bolzano, Erste + Neue Caldaro, Nals Margreid, Colterenzio e Cortaccia), al primo posto c’è la veneta Cantina Valpolicella Negrar, seguita da Cantina Tollo, in Abruzzo, da Cantina Valpantena, ancora in Veneto. Ai piedi del podio Terre Cortesi Moncaro, dalle Marche, poi la trentina Cavit, la siciliana Canicattì, l’abruzzese Citra, poi Vivallis, ancora dal Trentino, La Marca, di nuovo dal Veneto, e Vinchio Vaglio Serra, dal Piemonte, a completare la “Top 10”. E poi, a seguire, dalla posizione n. 11 alla 20, nell’ordine, vengono Cantina Colli del Soligo (Veneto), Mezzacorona (Trentino), Cantina Clavesana (Piemonte), Cantine Colomba Bianca (Sicilia), Cantine Vitevis (Veneto), Cantine Settesoli (Sicilia), La Vis (Trentino), Cantina di Soave (Veneto), Cantine Leonardo Da Vinci (Toscana) e Riunite & Civ (Emilia Romagna).
“Siamo molto orgogliosi del riconoscimento - commenta Renzo Bighignoli, presidente della Cantina Valpolicella Negrar - che premia un lavoro di squadra costruito su forti basi produttive di qualità e condotto ogni giorno in vigna ed in cantina dai nostri 230 soci, insieme a un team di professionisti che ne valorizza le potenzialità. Tutto ciò nella consapevolezza di portare avanti un modello cooperativistico imprenditoriale e innovativo fin dalla nascita, avvenuta 83 anni fa il 23 agosto, quando sei imprenditori della Valpolicella scesero in campo per difendere il territorio da investimenti speculativi, pensando fin da subito di arrivare direttamente al consumatore con il prodotto imbottigliato, cinquant’anni prima di quanto fecero le altre cantine sociali d’Italia. Negli anni ‘30 del secolo scorso, poi, coniammo il nome Amarone, e fummo gli unici, per trent’anni, a venderlo con il nome Amarone Extra della Valpolicella”.

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