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Vino, da gennaio 2017 obbligatorio il “registro dematerializzato”. Federvini: “nel complesso è un bene, anche se avremo oltre 31.500 codici da comunicare”. Fregolent (Icqrf): “vero, ma per molte cantine non saranno più di 50-100. Serve trasparenza”

Italia
Indicazioni geografiche, tipologie, colori, menzioni e così via ... sono venuti fuori più 31.500 codici

Quella in corso, vada come vada, sarà l’ultima vendemmia “cartacea”. O almeno, quella in cui non ci sarà l’obbligo, per le aziende, di digitalizzare i registri di cantina. Dopo la sperimentazione iniziata in aprile il nuovo regime doveva entrare in vigore da giugno, ma dopo le richieste e le perplessità della filiera, il termine è stato spostato al 1 gennaio 2017. “E da quella data partiremo, non ci saranno passi indietro, almeno da parte dell’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi - spiega a WineNews Gianluca Fregolent, che ha coordinato il gruppo di lavoro del Ministero per questa riforma - perchè non ci sono più situazioni ostative”.

Il nuovo sistema digitalizzato, secondo Fregolent, mettendo i dati anche i rete “sicuramente ci dovrà permettere di migliorare il sistema dei controlli con minore impatto sulle aziende, di tutelare meglio e con più forza quello che è il prodotto di qualità, e una volta che disporremo dei dati andremo a semplificare ed informatizzare tutti gli adempimenti connessi. Compresa la produzione delle istanze e dichiarazioni di spumantizzazione o arricchimento, per esempio. Il tutto semplificherà la vita e l’operatività delle aziende e abbasserà i costi”.
La via è tracciata, dunque. Ed è una strada positiva, nel suo complesso, anche se c’è da tenere conto che ci saranno alcune difficoltà da affrontare, come sottolinea Federvini, con il direttore Ottavio Cagiano: “trasformare le annotazioni che si fanno oggi nei registri cartacei in sistema elettronico vuol dire dare dei codici. E nell’andare ad istituire questi codici è uscito fuori che andando a combinare i vari elementi tra cui denominazioni, indicazioni geografiche, tipologie, colori, menzioni e così via, ne sono venuti fuori più 31.500. Cosa che, in buona parte, deriva anche dalla complessità del sistema produttivo del vino italiano. Ma se per le aziende, tutto sommato, c’è da immaginare che molte si limiteranno a 50-100 codici, e quindi non sarà un dramma, qualche preoccupazione si ponte dal punto di vista di chi gestisce la logistica del vino, che facilmente si ritroverà ad avere a che fare con migliaia di codici. Ed è facile che nascano errori, complicazioni, anche incomunicabilità, perché se non sono capace di dare indicazioni sul mio codice, difficilmente posso operare. Speriamo che in fase iniziale non ci sia troppa rigidità nell’applicazione”.
“Che i codici saranno tantissimi, è vero - conferma Fregolent, che aggiunge - nei registri attualmente non è previsto l’elenco dei clienti fornitori, così come non ci sono alcune voci che noi invece andremo a chiedere. Ma in realtà i codici sono già presenti, solo che molte aziende non li hanno mai utilizzati perchè non erano mai stati messi in rete. Ora succede che il data base del Ministero connette un codice alla designazione di ogni prodotto ad oggi rivendicabile sul mercato. E ci saranno più di 30.000, li abbiamo anche aggiornati perché ne mancavano parecchi rispetto a ciò che è indicato nei disciplinari. Ma va detto che, al di là delle grandi cooperative o di pochissime realtà che, magari, hanno 4-500 prodotti diversi, una azienda media del Veneto o del Piemonte, per esempio, ha 10-20 referenze, quindi non avrà grandi difficoltà”.
Insomma, dall’Icqrf non ci si aspettano passi indietro sul questo tema. “Anche perchè oggi, in alcuni casi, non era tanto il registro di cantina che comandava, ma il mercato, che in base alle esigenze chiedeva un prodotto, e in base al prodotto si redigeva il documento. E questo - spiega Fregolent - poteva avvenire perchè il registro cartaceo non era così dettagliato come sarà quello digitalizzato. Oggi vista l’importanza del vino italiano a livello internazionale, la svolta che il Ministero vuole dare al settore in termini di affidabilità e credibilità deve necessariamente passare anche per una maggiore trasparenza, e questo è uno degli strumenti per farlo. Come in tutti i cambiamenti epocali, ci sono dei momenti in cui si deve mettere ordine Non dico che non ci saranno problemi, ne avremo sicuramente, ma abbiamo già fatto una sperimentazione importante e reale, e anche un aggiornamento significativo del progetto iniziale che avevamo definito, lasciando molta libertà operativa alle aziende. Stiamo avendo buoni feed back, e siamo fiduciosi che quando aziende e consulenti avranno imparato ad usare il nuovo strumento non ci saranno grossi problemi. Per agosto del prossimo anno avremo anche implementato tutte le soluzione necessarie a non rendere impossibile vinificazione e commercializzazione dei prodotti”.
Insomma, indietro non si torna. “Siamo partiti il 1 aprile con una fase di sperimentazione, ad oggi hanno aderito 2.500 aziende su una platea di 50.000 registri. Che può sembrare un numero poco significativo - dice Fregolent - ma dobbiamo pensare che siamo in Italia in una fase in cui non è ancora obbligatorio. E mi preme sottolineare che di queste 2.500 realtà ci sono 450 aziende che hanno software privati, e sono aziende importanti, come Mezzocorona, Moncaro, Santa Margherita e così via, che stanno già testando il progetto, per capire l’impatto che ci sarà il prossimo anno.
Un numero limitato di aziende, ma che movimentano il 20% del vino nazionale che si sta gestendo con questo strumento. Dal 1 gennaio 2017 si parte, noi garantiremo tutto il supporto necessario. E chi non si adegua sa che rischia delle sanzioni”.
Ma, secondo Fregolent, in questa fase è emerso anche un dato che può far riflettere: “da molte delle domande che ci arrivano, emerge che in certe aree del Paese non vi era una conoscenza della normativa vitivinicola così chiara, e in 20 anni in cui controllori e controlli si sono concentrati su alcuni temi, trascurandone altri, si sono create consuetudini che non sono in linea con le nuove normative comunitarie. E l’obiettivo del nuovo sistema è anche andare ad uniformare le procedure. Il progetto è ambizioso Noi saremo disponibilissimi a dare supporto tecnico, ma allo stesso tempo non intendiamo fare neanche un passo indietro, per noi è strategico disporre di tutta una serie di informazioni dati per poter prevenire irregolarità e frodi e violazioni che potrebbero compromettere la credibilità del prodotto italiano.
Prendiamo il caso dell’Oltrepò Pavese: oggi quel territorio, dopo 4-5 anni di debacle per cui non si rispettava la corrispondenza tra superfici vitate e prodotto, è distrutto, le aziende, mi dicono, stanno svendendo i terreni perché non hanno più una redditività. La carta “permetteva” tante cose, ma ad oggi il Ministero e lo Stato non possono consentire che accadano fenomeni di “transumanza” di vini da zone meno pregiate a zone vocate, o che ci sia una legge del 1999 che dice che il vigneto deve essere gestito informaticamente, e aree che lamentano che non si può partire con il registro telematico perchè la Regione non ha ancora informatizzato il potenziale viticolo. Non è sufficiente per bloccare un progetto che vuole dare una svolta al settore. Faremo di tutto per partire con il piede giusto, perchè migliore sarà l’avvio del progetto migliori saranno i risultati per il settore”.

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