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Con la Pasqua alle porte, viaggio di Winenews tra i vigneti italiani dei vini “da messa”, tra i filari di Vinsanto e del Sagrantino, il “vino di San Francesco”, alla scoperta dei monasteri dove ancora si produce vino e della “Vigna di Papa Bergoglio”

Italia
Il vino da Messa con il sigillo della Curia

Dai vigneti di Moscato delle Langhe ai filari di Marsala in Sicilia, da quelli di Moscato della Puglia a quelli di Chardonnay del Trentino, c’è una piccola ma attiva schiera di produttori italiani impegnati “fedelmente” a produrre un vino rigorosamente “naturale” e puro, frutto della vite e genuino: è il “vino da messa” usato dai sacerdoti nella funzione eucaristica e certificato dalla Curia con il suo sigillo. E se, dalla Toscana all’Umbria, dalle Marche al Lazio, dal Trentino al Veneto, il vino da messa per antonomasia, è il Vin Santo, citato sin dagli inizi del Cristianesimo e così chiamato per l’usanza di farne appassire le uve fino alla settimana Santa, tra i vigneti dell’Italia centrale nasce anche il vino di San Francesco: il Sagrantino di Montefalco, creato nel Medioevo come vino da messa dai seguaci del Santo. Con la Pasqua alle porte, ecco le tappe di un viaggio con WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, alla riscoperta della “sacralità” del vino italiano. Un viaggio che passa tra le mura di alcuni dei più importanti monasteri del Belpaese, dove, proseguendo una tradizione antichissima, ancora oggi si continua a produrre vino, e conduce fino al vigneto “sacro” più famoso d’Italia: la “vigna del Papa” nel Piemonte delle origini di Papa Francesco, tra i filari di Grignolino.

Se anticamente era imposto esclusivamente l’uso del vino rosso, simbolo del sangue di Cristo, oggi il “vino da messa” prediletto dai sacerdoti sull’altare è soprattutto quello bianco per motivi per lo più pratici (non macchia i paramenti), e nella tipologia di vino liquoroso, per la più lunga conservazione, in perfetto stato. Ma su tutte, c’è una regola “sacra” che i conventi, le istituzioni religiose e le cantine selezionate dalla Curia che oggi lo producono, devono seguire fedelmente, sancita dal Codice di Diritto Canonico: “Vinum debet esse naturale ex genimine vitis et non corruptum”, ovvero deve essere prodotto da uva pura, con la genuinità come requisito fondamentale, senza alterazione o l’aggiunta di sostanze estranee, sottoposto a controlli della Diocesi che ne certificano la idoneità e sicura provenienza.

Ma il più celebre vino da messa è il più famoso tra i vini dolci italiani: il Vin Santo, che tradizionalmente conduce tra i filari di Trebbiano e Malvasia in Toscana (con l’uva Sangiovese nasce la pregiata varietà Occhio di Pernice), ma la cui produzione abbraccia tutte le Regioni dell’Italia centrale, dai vigneti dell’Umbria a quelli delle Marche e del Lazio. Ma che conduce anche tra i vigneti di Nosiola, in Trentino, o in Veneto dove si produce con l’uva Garganega. E nel cuore dell’Italia nasce anche il Sagrantino, vino dalla storia antichissima, creato nel Medioevo come vino da messa dai seguaci di San Francesco, raffigurato anche da Benozzo Gozzoli, tra i più importanti artisti del Rinascimento negli affreschi del Convento di San Francesco nella sua Montefalco, e la cui rinascita è iniziata proprio da un Convento, quello di Santa Chiara, con il recupero e la selezione clonale delle antiche barbatelle.

E per quanto è ricco il Belpaese di storici monasteri, tra le bellezze dell’Italia, molti sono quelli in cui non si è mai smesso di produrre vino o se n’è riscoperta la produzione. Come all’antica Abbazia di Praglia, nei Colli Euganei, dove i monaci-vignerons producono vini come “Decanus”, “Hora Prima”, “Sollemnis” e “Domnus abbas”. O nelle Langhe, dove il celebre Monastero “del Moscato” di Santo Stefano Belbo, abbandonato dalle suore per mancanza di vocazioni, è tornato a produrre vino grazie ai produttori locali. In Trentino il Teroldego si coltiva anche nel Convento dei Frati Francescani di Mezzolombardo, mentre una delle cantine più famose dell’Alto Adige è l’Abbazia di Novacella con i suoi pregiati vigneti di Sylvaner e non solo. I Padri Benedettini del Santuario di Montevergine in Irpinia producono Fiano di Avellino, Aglianico e Greco di Tufo, senza dimenticare vigneti e cantine della storica Badia a Passignano in Toscana, o i filari che circondano l’Abbazia di Nervesa, in Veneto, celebre per aver ospitato Giovanni Della Casa che vi compose il “Galateo”. Ma tra le mura di conventi, sono anche alcuni dei più famosi vigneti di città, da Venezia dove il più noto è quello del Convento dei Carmelitani Scalzi, a Roma nel Convento francese del Sacro Cuore in Piazza di Spagna. E solo per citare alcuni esempi.

Ma se c’è un vigneto in Italia che riconduce al rapporto spirituale tra uomo e natura e alla simbologia religiosa della vite e del vino, quello è la “vigna del Papa” nel Piemonte delle origini di Papa Francesco, il celebre vigneto di Grignolino a Portacomaro d’Asti, di proprietà del Comune dove nacque la famiglia Bergoglio, omaggio alle radici del Pontefice.

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