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Modena celebra il Lambrusco, che da oltre 40 anni il vino italiano più esportato nel mondo. Il 13 e 14 maggio, una serie di eventi percorreranno la produzione e il consumo del vino nel territorio, dall’antichità della preistoria ai giorni nostri

Italia
Le bollicine di Lambrusco

Il Lambrusco è, da oltre 40 anni, il vino italiano più esportato nel mondo, con 400 milioni di bottiglie all’anno e un ricavo di 500 milioni di euro; e, quest’anno, la sua città, Modena, lo festeggia il 13 e il 14 maggio, con l’evento “Lambrusco Mio”, che coincide anche con l’anno delle celebrazioni per i 2.200 anni dalla fondazione della città.
Il Lambrusco sarà celebrato nel centro della città, al Palazzo dei Musei: un’occasione per conoscere le testimonianze della produzione e del consumo del vino nel territorio modenese in età romana, ma anche di percorrere la storia di questa secolare tradizione, dalle origini preistoriche fino alle soglie della contemporaneità. Verranno allestiti oltre 20 punti di degustazione, dove le principali cantine emiliane produttrici di Lambrusco proporranno al pubblico assaggi delle loro bollicine. È sul territorio modenese che avvengono tutte le fasi di produzione di quattro tipologie di Lambrusco Dop: il “Lambrusco di Sorbara”, il “Lambrusco Salamino di Santa Croce”, il “Lambrusco Grasparossa di Castelvetro” e il “Lambrusco di Modena”, prodotto utilizzando un uvaggio, ovvero una mescolanza di diversi tipi di uve.
Una celebrazione, quindi, del vino come tassello fondamentale della tradizione, dato che i disciplinari di produzione delle Denominazioni d’Origine Protetta sottolineano una curiosità e un primato che forse in pochi conoscono: “il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione genetica diretta della vitis vinifera silvestris occidentalis, la cui domesticazione ha avuto luogo nel territorio modenese”.
Il Lambrusco ha una storia antichissima, che già i letterati dell’epoca romana come Catone, Virgilio e Varrone descrissero nelle loro opere.
Diversi autori classici portano la testimonianza dell’esistenza, nel territorio emiliano, di un vitigno selvatico denominato “Labrusca vitis”, che cresceva negli ambienti più marginali delle campagne coltivate e che aveva la particolarità di produrre un’uva dal gusto spiccatamente aspro.

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