La qualità di una vendemmia è sempre un tema molto dibattuto, specialmente di questi tempi in forma di previsione e quindi nella sua forma meno attendibile. Eppure resta argomento di discussione molto vivace. A maggior ragione quest’anno, con un’annata decisamente imprevedibile, ma, a ben guardare, fino ad un certo punto. L’attuale raccolta, appena cominciata, già, da più parti, viene incensata come una grande vendemmia. Un giudizio, evidentemente, prematuro e peraltro poco suffragato dai fatti, anzi dagli antefatti che andranno a costituire il giudizio definitivo su questo millesimo.
Tutto sta, verrebbe da dire, nel modo in cui si declina e s’intende l’aggettivo “grande”. Per adesso, di grande nell’annata 2017 c’è la sanità delle uve, favorita dalla grande calura, il che non necessariamente è una premessa sufficiente perché un’annata diventi grande. Un millesimo caldo, che presenta l’aggravante di una siccità molto forte causata da una penuria di precipitazioni invernali e soprattutto primaverili, che avrà certamente dei lati positivi (pochi interventi contro le malattie della vite, per esempio, oppure abbondanza di zuccheri). Ma questi parametri bastano per far parlare di grande annata, servono a far ottenere vini di livello assoluto? Se nel caso della sanità delle uve, possiamo concordare che un uva meno “trattata” è sicuramente migliore, cioè è più sana (ma solo più sana), non per questo, se è anche dotata di un grande carico zuccherino, darà vini più buoni.
La viticoltura è una pratica agricola incerta, perché dipendente dai capricci meteorologici e, attualmente, sempre di più da quelli climatici. Le condizioni atmosferiche possono regalare millesimi straordinari o distruggere l’intero raccolto. In mezzo a queste situazioni limite, evidentemente, ci sono una serie di annate “intermedie” che, a seconda dei casi, sono da rubricare tra quelle più o meno buone o più o meno cattive. La questione di quando una vendemmia può essere giudicata in modo significativo, purtroppo o per fortuna, passa da precisi momenti che non sono quelli o non sono solo quelli rappresentati dai vari step fisiologici della maturazione dell’uva (germogliamento, fioritura, allegazione, invaiatura, che però determinano il periodo di raccolta anticipato o tardivo). Un primo giudizio può essere dato solo dopo aver portato le uve in cantina. In generale, le tre settimane che precedono la raccolta sono decisive e possono decretare la grandezza o meno di un’annata. Di più, si deve per forza attendere la fermentazione per capire se tutte le premesse (buone o cattive) verranno poi mantenute (o potranno essere corrette) nel vino. Inoltre, una grande bottiglia ha bisogno di tempo, bisogna aspettare e aver pazienza per capire la sua evoluzione.
A questo vanno poi aggiunte le evidenti e fondamentali differenze dei vari territori e degli altrettanto diversi areali più o meno vocati. L’obbiettivo da raggiungere per la produzione di un grande vino è quello dell’equilibrio. Purtroppo, questo elemento, oltre ad essere legato all’umano saper fare (e in parte non secondaria alla tecnologia a disposizione in cantina), dipende in gran parte proprio dall’interazione vitigno-suolo-clima. Di luoghi vocati alla produzione di grandi vini, come nel resto del mondo peraltro, in Italia non ce ne sono a migliaia. È, infatti, rara la combinazione tra caratteristiche chimiche del terreno, che sappiamo quanto influenzi le qualità organolettiche di un vino, il clima, capace di influenzare temporaneamente o strutturalmente la qualità di un prodotto, l’esposizione dei vigneti e la loro età (più sono vecchi e più sono in grado di resistere alle sollecitazioni climatiche nonché di produrre grappoli più equilibrati).
E quando l’uva è matura veramente? La maturità è data dal rapporto zuccheri/acidi nella polpa. Un acino è maturo, fisiologicamente, quando il seme è maturo ed è in grado di germinare. I semi dell’uva, dal punto di vista fisiologico, maturano durante l’invaiatura, ma se guardiamo la maturazione tecnologica del frutto, bacca e vinaccioli saranno sfasati (quando per la pianta sono maturi, per noi non lo sono). La maturità tecnologica corrisponde, infatti, dal punto di vista fisiologico, alla senescenza dell’uva in cui avviene un’alterazione del frutto che ne facilita l’estrazione dalla buccia e dalla polpa, luoghi in cui avvengono gli accumuli di varie sostanze, fondamentali per la qualità di un vino.
Si tratta, evidentemente, di un quadro complesso, che necessita di una qualche semplificazione, che, molto spesso, porta a veri e propri fraintendimenti. Alla fine, per non sbagliare e per non fare danni si dà la patente di grande annata a tutte o quasi. Il risultato, quindi, è una tendenza che omogeneizza la consistenza delle diverse annate e non fa più vedere nella sua diversità, nel bene e nel male, questo tratto così importante della magia del vino.
Guardando al panorama delle ultime 10 vendemmie (2007-2017) si potrebbe dire che di annate molto buone ce ne sono soltanto 2: 2010 e 2015 (peraltro per motivi diversi). Il resto è rubricabile tra le annate discrete, forse con la 2013 su un gradino più alto, con la 2014 che, probabilmente, è quella meno buona tra tutte (ma, magia dell’imprevedibilità dei millesimi, grande, per esempio, in Sicilia). Assente un’annata veramente grande. Un giudizio, per quanto opinabile, fondato sui tempi che abbiamo indicato come necessari per capire l’esito qualitativo di un millesimo.
E dall’analisi climatica di un decennio di vendemmie cosa possiamo dedurre? Intanto e abbastanza banalmente che le annate calde sono in vantaggio su quelle fresche: 6 a 4 (2007, 2008, 2009, 2011, 2012, 2015, 2017 le prime; 2010, 2013, 2014, 2016 le seconde). L’annata 2007 è stata una delle più calde (e anticipate) degli ultimi anni. Ad un aprile siccitoso, è seguito un maggio con qualche precipitazione. Da giugno a settembre il tempo è stato molto soleggiato con temperature molto alte (specialmente nei picchi massimi) che anche nel mese di settembre non sono mai scese al di sotto dei 25 gradi. Ottobre, asciutto e mite. Le varietà precoci sono quelle che hanno sofferto di più, mentre le varietà tardive hanno dato buoni risultati in generale, con qualche eccellenza. Nel 2008, soprattutto le condizioni dei mesi di settembre e di ottobre hanno prolungato il periodo di raccolta e permesso un forte recupero qualitativo al Centro-Nord: sarà ricordata come un’annata eterogenea, ma complessivamente buona con alcune punte di ottimo. Un’annata calda, ma bizzarra, la 2009, con temperature al di sopra della media. Migliore al Centro-Nord, mentre al Sud, il bizzarro andamento climatico e meteorico, caratterizzato prima da temperature elevate, poi da piogge di durata inconsueta, ha mantenuto una certa eterogeneità, determinando una qualità a macchia di leopardo, dove il mediocre si scontra con l’ottimo e il buono con il discreto. Annata di ottimo livello, la 2010, con una primavera ricca di pioggia, un’estate lunga ed abbastanza fresca ed un periodo vendemmiale ideale, secco e con belle escursioni termiche. Dopo un inizio di maggio piovoso, a partire dalla terza decade il tempo si è messo quasi ininterrottamente al bello fino alla vendemmia. Nel 2011, le ultime due settimane di agosto e il mese di settembre per temperature hanno polverizzato tutti i record, ed hanno lasciato il segno, configurando un’annata difficile. Fresca ed abbastanza regolare fino ad agosto, dove le temperature, costantemente intorno ai 35 gradi e accompagnate da venti caldi e secchi, hanno surriscaldato le uve. Vendemmia, quindi, necessariamente anticipata per evitare surmaturazioni. Anche nel 2012 l’annata è stata caratterizzata da una forte eterogeneità e clima tendenzialmente caldo. Nella prima parte della primavera le temperature sono state molto al di sopra della media. Aprile all’insegna del maltempo con precipitazioni che hanno consentito un accumulo di risorse idriche per compensare un’estate molto calda, con temperature fino a 40 gradi, e poca escursione termica. Nel 2013, il clima è stato altalenante, estate meno arida degli anni precedenti, escursioni termiche tra giorno e notte equilibrate, mentre le temperature non eccessivamente bollenti, hanno favorito una maturazione distribuita e graduale, ottima per i vitigni italiani. Estate fresca e piovosa con una breve tregua tra agosto e settembre che ha consentito un recupero non completo nella maturazione delle uve. Il 2014, forse il millesimo più complicato, ha visto pioggia d’estate e freddo in primavera con le stagioni impazzite con uno sconvolgimento vero e proprio delle dinamiche climatiche mediterranee. La pioggia che è arriva tutta in un sol colpo, a volte sotto forma di vere e proprie bombe d’acqua, la grandine che ha colpito a pochi giorni dalla vendemmia, trombe d’aria e sbalzi termici. La grande piovosità di agosto ha inciso soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre nel Meridione non sono mancate delle eccezioni. Nel 2015, invece, le stagioni si sono susseguite con regolarità con un inverno abbastanza rigido seguito da una primavera dolce e un’estate calda con poche punte torride a fine luglio. Una giusta piovosità ha consentito una regolare riserva d’acqua per i momenti di caldo più acuto. Le uve hanno raggiunto una perfetta maturazione con grande equilibrio fra accumulo zuccherino ed acidità. Ritorno di una situazione di instabilità meteorica nel millesimo 2016, dove il tasso di piovosità e di umidità è stato tendenzialmente alto, aumentando soprattutto le malattie della vite (oidio, marciumi, peronospora). Le precipitazioni sono state abbondanti da aprile a giugno, con piogge sopra la media su tutte le Regioni. Estate non particolarmente calda, con condizioni stabili nei momenti fondamentali della raccolta. I vini ancora in divenire, ma sostanzialmente non ci sono particolari picchi qualitativi.
In questo quadro, la 2017 si colloca ovviamente tra le annata calde, con aspetti in comune con le vendemmie 2007, 2009, 2011, 2012 e 2015: è molto anticipata, proprio come la 2007, ma ha analogie anche con la 2003, anche se le escursioni notturne del 2017 erano del tutto assenti 14 anni fa, e con la 2012, specialmente in quanto a siccità, mentre per i picchi di calore è riconducibile alla 2011 o alla 2015. Sono questi i riferimenti, o almeno quelli a noi temporalmente più vicini, per cercare, almeno a grandi linee, che annata dobbiamo aspettarci, al di là dei giudizi di merito e delle previsioni.
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