Le trattative per la Brexit vanno avanti spedite, il processo che porterà la Gran Bretagna, a tutti gli effetti, fuori dall’Unione Europea, pare ormai incontrovertibile, ed ogni settore economico e commerciale dovrà necessariamente fare i conti con la più grossa, e drammatica, novità che la Vecchia Europa abbia vissuto negli ultimi 25 anni. Compreso, ovviamente, il vino, forse il prodotto che più di ogni altro dipende dalle importazioni. Ovvio allora che il focus di wine2wine, il business forum di Veronafiere e Vinitaly, di scena fino a domani a Verona, verta proprio sul mercato Uk, con “Esplora le opportunità: the Uk Market”, con la Master of Wine Lynne Sheriff che ricorda come quello britannico sia “un mercato dinamico, aperto a decine di possibilità, capace di mettere insieme vini da ogni parte del mondo”.
Nonostante le cose rischino di mettersi male per le spedizioni dalla Vecchia Europa, è bene ricordare qualche dato: negli ultimi 12 mesi (dati a giugno 2018, ndr) sono stati venduti 7,222 milioni di ettolitri di vini fermi (-2% sui 12 mesi precedenti), per un giro d’affari di 6,234 miliardi di euro (+2%), 913.000 ettolitri di spumanti (+2%), per 984 milioni di euro, e 99.000 ettolitri di Champagne (-16%), per 336 milioni di euro (-7%). Specularmente a quanto accade Oltreoceano, anche in Gran Bretagna, quindi, calano i volumi e crescono i valori, e questo si riverbera ovviamente sulle fasce di prezzo più rappresentative: la fascia di prezzo 4-5 sterline a bottiglia è passata da un giro d’affari di 1,424 miliardi di sterline nel 2017 a 1,263 miliardi di sterline del 2018, mentre quella 5-6 sterline è diventata la più rappresentativa del mercato, passando da 1,278 ad 1,432 miliardi di sterline. E crescono, in generale, praticamente tutte le fasce di prezzo: 6-7 sterline da 818 a 933 milioni di sterline, 7-8 sterline da 398 a 501 milioni di sterline, 8-9 sterline da 192 a 232 milioni di sterline, 9-10 da 144 a 141 milioni di sterline e quella sopra le 10 sterline da 264 a 313 milioni di sterline. Pesano, senza dubbio, le tasse, che gravano per 2,23 sterline sulla bottiglia di vino fermo e per 2,86 sterline sugli spumanti.
Guardando ai principali esportatori verso il mercato britannico,in testa c’è l’Australia, davanti a Francia e Italia. “Ma non si creda, come sento dire da più parti - mette in guardia Lynne Sheriff - che il motivo sia il rapporto secolare che lega i due Paesi, non è così. C’è una differenza di approccio enorme: quando un produttore australiano viene in Uk, si presenta con una bottiglia spesso e volentieri tappata a vite, con un’etichetta attraente e l’apertura mentale di chi sa di dover conquistare un mercato; il suo omologo francese, al contrario, porta il suo vino, forte della propria storia, con un’etichetta spesso poco esaustiva, un tappo rigorosamente in sughero e un prezzo troppe volte fuori mercato, su cui non è disposto a cedere, forte solo del proprio passato”.
Un monito, quello della Master of Wine, da tenere a mente. “Chi vuole crescere in Gran Bretagna - aggiunge Lynne Sheriff - deve avere ben chiara la concorrenza, ossia cosa c’è già sugli scaffali, sia dall’Italia che dal resto del mondo. E poi bisogna fare un’attività importante di benchmarking, perché è dal confronto con i migliori che si cresce, senza dimenticare mai di studiare ed analizzare le dinamiche e le tendenze di mercato, come ad esempio il tappo a vite su praticamente ogni bottiglia che va sullo scaffale sotto le 10 sterline, che poi sarebbero la maggior parte di bottiglie di vino italiano, che rispetto allo screwcap mostra ancora una certa ritrosia. Infine - conclude la Master of Wine - bisogna tenere conto degli stili e delle tipologie che vanno per la maggiore”.
A proposito di tipologie, il giro d’affari dei rossi è cresciuto di 55 milioni di sterline, quello dei bianchi di 40 milioni di sterline, mentre i vini rosati perdono un milione di sterline. Tra i varietali, il più amato tra i rossi dai wine lover è lo Shiraz, seguito dal Merlot e dal Malbec, che scalza dal terzo posto del podio il Cabernet Sauvignon. Tra i bianchi, continua il lento declino del Sauvignon Blanc, cui fa da contraltare la crescita di Pinot Grigio e Chardonnay, ma da segnalare c’è anche la crescita di vitigni autoctoni come Albariňo, Verdejo, Torrentes e Fiano.
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