Le dimensioni, nel mercato del vino, non sempre contano, come dimostra il peso specifico di Paesi piccoli ma fondamentali, Svizzera, Belgio e Svezia su tutti, ma di certo è in quelli grandi che le opportunità si moltiplicano. La Cina è in rampa di lancio per diventare il primo importatore mondiale, ma qualche anno fa la vera promessa, anche per una certa affinità culturale, era il Brasile. Che, in effetti, non è ancora “esploso” del tutto. Parliamo di un Paese, come ricorda da wine2wine, il business forum del vino firmato Veronafiere e Vinitaly, il focus “Il Brasile fa sul serio: opportunità e insidie di un Paese delle grandi opportunità”, con l’importatore Zahil, Winext, Ideal Consulting e Wine Intelligence, con 153,4 milioni di adulti, e quindi potenziali consumatori, che consumano 306,48 milioni di litri di vino l’anno, di cui appena il 25% (76,87 milioni di litri) importato. Il motivo è presto detto: l’economia brasiliana, ottava al mondo, è in difficoltà, e la tanto attesa crescita della classe media è ancora di là da venire. Così, la metà dei lavoratori, guadagna in media 172 euro al mese, ed il reddito familiare medio è di appena 287 euro. Appare chiaro, allora, come i 7-10 euro di una bottiglia di vino acquistata al supermercato, rappresentino, per molti, un vero e proprio lusso. Prezzo medio su sui, almeno quando si parla di vino importato dall’Europa, e quindi dall’Italia, pesano tantissimo le tasse, capaci di triplicare il prezzo dal Paese di provenienza allo scaffale brasiliano.
A diradare la nebbia, ci sono però anche dei dati incoraggianti. In Brasile, ad esempio, ci sono 29,7 milioni di bevitori di vino regolari, di cui 23,8 milioni scelgono regolarmente vino importato, la metà dei quali (12,1 milioni) lo sceglie settimanalmente. Interessante anche il tasso di coinvolgimento dei consumatori, con il 58% di loro che, secondo i dati di Wine Intelligence, si sentono veri e propri wine lovers, dato confermato anche dal discreto numero di corsisti iscritti al Wset, 8.000 negli ultimi dieci anni. Un altro aspetto che potrebbe rivelarsi decisivo per il vino italiano, è il gran numero di italiani residenti in Brasile: sono 520.000, ma i brasiliani di discendenza italiana sono molti di più, la Fondazione Migrantes stima tra i 25 ed i 30 milioni. Ma veniamo ai numeri, che meglio di qualsiasi altro aspetto riescono a fotografare la situazione: nel 2017 il Brasile ha importato vino dall’estero per 335,56 milioni di dollari, con il Cile che fa la parte del leone, a 146 milioni di dollari ed una quota di mercato del 43,7%, davanti ad Argentina (51,1 milioni di dollari ed il 15,2% del mercato) e Portogallo (43,9 milioni di dollari ed il 13,1% dell’import), mentre ai piedi del podio c’è proprio l’Italia, con 12,18 milioni di litri per un giro d’affari di 33,8 milioni di dollari ed una quota di mercato del 10,1%, in forte crescita dagli 8 milioni di litri, per 22 milioni di dollari, del 2016.
A spingere all’acquisto il consumatore brasiliano sono, principalmente, il marchio (85%), il vitigno (82%), i consigli di familiari e amici (80%), la Regione d’origine (77%), il Paese d’origine (76%), la scontistica (70%), il contenuto alcolico (64%), i premi (58%), i consigli del venditore (58%) ed l design dell’etichetta (57%). Motivazioni che si traducono, all’atto pratico, nell’82% di acquisti di vino rosso, 15% di bianco e 3% di rosé, nel 37% dei casi in negozi specializzati, nel 29% al supermercato, nel 19% in negozi generici e nel 15% online. Tra le tipologie più acquistate, Cabernet Sauvignon (18,8%), Carmenère (9,2%), Malbec (8,3%), Merlot (4,6%), Sauvignon Blanc (4,3%), Chardonnay (3,8%), Pinot Noir (2,4%), Syrah (2,1%), Lambrusco (2,1%), Tempranillo (1,8%), ma sta crescendo molto anche il Pinot Grigio, ancora allo 0,5%.
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