L’enoturista contemporaneo? Ricerca sì il vino, ma in un’“experience” ben più ampia, oltre le classiche visite in cantina e degustazioni, personalizzata e, soprattutto, unica. Con il “nuovo” enoturismo che, al di là dell’emergenza Covid (che può in qualche caso aver aiutato a farle emergere più chiaramente), registra delle tendenze di fondo che vanno consolidandosi: dal contatto con la natura alla riscoperta dei ritmi slow e di un turismo consapevole, dalla percezione della campagna da contesto abbandonato e disagiato ad ambiente idilliaco, sostenibile e lontano dalle masse, al desiderio di contatto con le comunità locali, come dimostrano i viaggi la cui meta sono i piccoli borghi, in cerca di autenticità ed “atmosfera” ed in cui cibo e vino sono lo strumento più immediato e diretto per stabilire una relazione culturale. Parola di “Enoturismo: i Consorzi del vino e i territori”, studio dell’Università Bocconi per il “Premio Gavi La Buona Italia 2020” che, all’edizione n. 6 promossa dal Consorzio Tutela del Gavi, va al Consorzio Tutela del Vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, con Menzioni Speciali al Consorzio Volontario di Tutela Vini Alto Adige, al Consorzio Vino Chianti Classico ed al Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, le Denominazioni più accoglienti, nella realtà ma anche a “distanza virtuale”, modelli di comunicazione e di un’attività turistica integrata dei propri territori. Che sono la conferma di come, perché l’esperienza funzioni, ci vogliono consapevolezza del valore del proprio patrimonio enogastronomico e cooperazione tra tutti i diversi attori del territorio, con un soggetto forte alla regia. Perché se a livello individuale, ogni azienda deve lavorare sulla propria identità e trasformarla in offerta caratterizzante e distinguibile, a livello di comunicazione e promozione verso l’esterno, e soprattutto l’estero, “da soli si è invisibili” ed è solo grazie alla forza del network che si riesce a far conoscere il proprio prodotto, vinicolo e turistico, sui mercati, italiano e del mondo.
Secondo lo studio, condotto dal Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi in collaborazione con il Consorzio e The Round Table e curato dalla professoressa Magda Antonioli, se c’è un’ambasciatrice dell’Italian way of living, nella sua accezione di bello, buono e ben fatto, è l’offerta enogastronomica italiana, asset di primaria importanza per il turismo del Belpaese (con l’enoturismo che oggi ha una sua Legge quadro ed è considerato “il Turismo della ripartenza” nel dopo Covid), capace di decongestionare le mete più note, destagionalizzare, favorire una fruizione più lenta e consapevole del territorio, attraendo, all’insegna della qualità, fasce più alte di mercato, e valorizzando, all’insegna della sostenibilità, della cultura e del contatto con l’ambiente, i centri minori e le aree rurali. Con numeri che, negli ultimi anni, hanno raggiunto 14 milioni di turisti e un fatturato di 2,5 miliardi di euro, con una capacità di spesa tra 80 e 160 euro, e con la quasi totalità degli italiani (92%) che, in questo particolare 2020, preferisce l’Italia per questo tipo di turismo, con Toscana, Piemonte, Trentino-Alto Adige e Campania Regioni più visitate, e dove il 70% acquista prodotti enogastronomici, continuando a comprarli anche una volta tornato a casa. Guardando al fatturato delle cantine visitate, gli enoturisti vi incidono per circa il 27% - con l’enoturismo che, al di là dell’incrementare le vendite dirette, che possono valere fino al 50% del fatturato nei territori a maggiore vocazione turistica, supporta le vendite in generale - mentre per il 36% su quello delle aziende della filiera, dai ristoranti all’hôtellerie ai produttori tipici. E se l’esperienza
sul luogo di produzione aiuta la conoscenza diretta del prodotto e, se ad alto impatto emozionale, anche il suo ricordo, anche il web, oltre l’e-commerce, è fondamentale nel costruire una community per coltivare relazioni anche a distanza.
Di tutto questo, ne è una sintesi (e una strada da seguire per competere sui mercati) l’enoturismo promosso dai Consorzi di Tutela incoronati dal Premio Gavi - selezionati da una giuria di rappresentanti delle istituzioni, protagonisti e osservatori dell’agroalimentare, della tecnologia, dell’informazione, del marketing e della comunicazione d’impresa e del turismo (tra cui anche WineNews con il direttore Alessandro Regoli, ndr) tra i 124 Consorzi indicati dal Ministero delle Politiche Agricole - a partire dal Consorzio del Prosecco Docg, orientato all’estero, per il ruolo che svolge di aggregazione territoriale, abile nel coinvolgere sui social la community di chi ama il Prosecco e il suo territorio, fornendo informazioni chiare e coerenti per chi desidera esplorare le colline Patrimonio Unesco delle bollicine più famose d’Italia. “La promozione del nostro territorio è una scelta dovuta da decenni. Oggi, considerandone il successo e l’attenzione dei consumatori ai terroir di origine ed alle comunità locali, è ancora più fondamentale. Con la voce enoturismo e le sue ricadute nel territorio che vale 40 milioni di euro l’anno, grazie a 460.000 visitatori per un +13% di presenze nel 2019, e +45% negli ultimi 10 anni”, secondo il presidente Innocente Nardi. Ma anche, il Consorzio Vini Alto Adige (per la particolare “connessione” con la promozione dell’intero Südtirol), del Chianti Classico (con anche Casa Chianti Classico) e dei Vini d’Abruzzo (con anche Discoverabruzzo.wine), con il loro ruolo centrale nel promuovere i propri territori, favorendo produzione enologica e marketing territoriale, e per i quali la comunicazione su web e social e la professionalizzazione delle competenze nell’accoglienza, sono determinanti. “Perché l’accoglienza, fatta di cultura, esperienza, valori e contatto umano, accanto ai nostri vini, è fondamentale”, ha detto Eduard Bernhart , direttore Vini Alto Adige, “e i nostri territori hanno la peculiarità di essere custodi di tutto questo”, ha sottolineato il direttore del Chianti Classico Carlotta Gori, “mettendo a sistema tutte le nostre bellezze, rendendole accessibili a tutti”, ha spiegato Valentino Di Campli, presidente Vini d’Abruzzo. “La competitività enoturistica delle aziende è frutto anche del gioco di squadra tra Denominazioni e territorio - sottolinea Roberto Ghio, presidente del Consorzio del Gavi - i Consorzi contribuiscono a creare e rafforzare la peculiare reputazione, insieme di elementi quali natura, vino, personaggi, storia, tradizioni, innovazione. Questo lavoro integrato ricade positivamente sulle singole aziende che possono così concentrare i loro sforzi sull’ottimizzazione dell’accoglienza, oltre naturalmente sulla produzione”.
Dallo studio Bocconi emerge infatti che “i Consorzi riconoscono all’unisono un proprio ruolo strategico, oltre a quello sulle fasi di qualità della produzione, anche sugli aspetti turistici della filiera - spiega Magda Antonioli, direttore del Master - in primis (45%) “facendo da collante” tra gli associati, ma anche verso gli stakeholder esterni, pubblici e privati. In seconda battuta, dedicandosi alla promozione “diretta” (35%) oltre che del prodotto-bottiglia, dei luoghi e della cultura del territorio”. Per la totalità l’enoturismo è un’opportunità importante per il settore, elemento strategico in ottica di promozione e diversificazione delle entrate, sia per il mercato domestico (79%) che per i mercati esteri (77%) in primis Usa e Germania, tra i principali importatori e bacini di domanda per l’incoming turistico italiano. Ma resta ancora lunga la strada per rendere il prodotto enoturistico Italia appetibile, soprattutto a stranieri e ai millennials, che si informano per l’80% in rete prima di scegliere una meta. Navigando nei siti e social dei vincitori, c’è grande interazione di contenuti, e tra arte, natura, storia, protagonisti, enogastronomia, nel definire l’autenticità e l’unicità del proprio terroir. Ma ci sono anche spazio dedicato all’e-commerce dei produttori, e una facile ed intuitiva fruizione dei diversi servizi offerti dalle cantine e link diretti e networking con le principali organizzazioni che promuovono il territorio. Oltre al prodotto vino, il 78% dei Consorzi dichiara di promuovere già l’attività enoturistica delle aziende e, più in generale, il territorio. I canali più utilizzati sono i propri profili social (82%) ed il proprio sito (71%), l’attività di ufficio stampa con media, guide ed “influencer” (63%), la partecipazione ad eventi trade (60%), materiale informativo cartaceo in italiano (60%) o in altre lingue (51%), l’organizzazione o la partecipazione ad eventi consumer (49%). Il 50% ha un sito in doppia lingua (italiano/inglese), il 66% una pagina o una sezione dedicata alla promozione del territorio, e una percentuale analoga pubblica post sull’appeal della destinazione. Il 56% utilizza il web per promuovere gli eventi che organizza o a cui partecipa. Tuttavia, vi sono ancora Consorzi sprovvisti di un proprio sito e un 39% il cui portale ha difficoltà di funzionamento. E scende anche la percentuale dei Consorzi che promuove online l’attività enoturistica delle aziende o che consente di prenotarle direttamente, e difficilmente si riscontrano informazioni utili all’organizzazione di una visita. Risultati che, conclude Antonioli, “rappresentano l’occasione per mettere mano alla comunicazione e alla promozione. Ma quando si parla di un’offerta di turismo enogastronomico lungo tutta la filiera, si affronta non solo la comunicazione del prodotto-vino, ma anche gli aspetti di accrescimento del valore e della redditività del territorio, delle terre e, in primis, delle aziende coinvolte”.
In questo scenario, a fine febbraio 2020, è arrivato lo tsunami Covid-19. Ma se la crisi che ne è conseguita ha colpito/sta colpendo tutte le principali economie a livello globale, è sul “quando” e sul “come” si riparte che ci si gioca la vera e decisiva partita. Secondo il 64% dei Consorzi, l’attuale situazione avrà influenze, positive e negative, anche sul medio-lungo periodo, mentre solo il 18% pensa che non ve ne saranno (l’indagine è stata condotta nella fase 2). L’emergenza ha contribuito a colmare i gap di molte realtà, ma il confronto con i competitor stranieri impone ancora riflessioni. Dall’analisi emerge infatti come il potenziale sia di rilievo, ma anche come, allo stato attuale, la maggioranza dei Consorzi non sia ancora del tutto turisticamente performante. E tra aspetti positivi - dall’attività in vigna che non si è fernata assicurando l’annata 2020 alla crescita dell’importanza dei piccoli borghi, dall’exploit del digitale a cibo e vino come elementi di gratificazione nel lockdown - e negativi - dal calo delle vendite al distanziamento sociale che limita l’accoglienza in cantina e gli eventi, dal ridimensionamento dell’horeca e dell’export alla chiusura delle frontiere - del mondo del vino italiano, che l’emergenza non ha fatto che evidenziare, secondo l’Università Bocconi, sono tre le carte da giocare, tra loro correlate: ripensamento dell’offerta, con una sua maggiore strutturazione e personalizzazione, connessione - che vuol dire anche web - tra gli attori del territorio perché le forze del singolo spesso non bastano, il ruolo giocato dalla formazione, di tutti gli operatori della filiera.
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