Tra i grandi territori del vino di Francia, Bordeaux, il più noto nel mondo, è anche quello più complesso. Gigantesco, con i suoi 120.000 ettari vitati, sulla Gironda insistono sia le eccellenze dei grands cru, sia i grandi gruppi vinicoli da milioni di bottiglie. Una eterogeneità che si traduce anche in una gestione ben diversa del vigneto. Tanto che, per quanto sia comunque territorio di grandi eccellenze, Bordeaux negli ultimi anni è finita più e più volte nel mirino degli ambientalisti e degli amministratori locali per gli alti livelli di residui chimici riscontrati nell’aria e nella terra, lascito di un uso massiccio di fitofarmaci. Insomma, la rivoluzione green, qui non sembra attecchire. O meglio, non sembrava, perché come racconta al portale francese “Vitisphere” Patrick Vasseur, vicepresidente della Camera dell’agricoltura della Gironda, “si parla di 300 conversioni al biologico quest’anno”. Una buona notizia, specie dopo un anno difficile come il 2020, chiuso con un giro di affari di 3,5 miliardi di euro (-12% sul 2019) a fronte di 522 milioni di bottiglie vendute, per u totale di 392 milioni di ettolitri a volume (-5% sul 2019).
Per Gwénaëlle le Guillou, alla guida dell’organizzazione dei produttori di vino biologico della Nuova Aquitania (Svbna), la svolta green di Bordeaux è addirittura “un motivo di gioia”. Anche in virtù dell’enorme ritardo di Bordeaux, “dove solo l’11% delle superfici vitate sono in biologico, contro una media nazionale del 14%. Del resto, l’alto tasso di conversione di questo periodo è anche teso a soddisfare una domanda sempre più sostenuta sul mercato di Bordeaux”. Come spiega Philippe Cazaux, direttore del gruppo cooperativo Bordeaux Families, “attualmente ci sono differenze di prezzo significative tra biologico e convenzionale, ma non durerà. Rimarrà però il meritato valore aggiunto, conseguenza dell’impegno maggiore che richiede, e del rischio sostenuto dal lato dell’offerta. Noi siamo partiti dalle parcelle più piccole, ma poi gradualmente le aree vitate più estese hanno seguito l’esempio”, continua Cazaux, che mira a convertire il 20% della superficie in biologico entro cinque anni, con un obiettivo a lungo termine di 1.000 ettari entro il 2027.
Éric Hénaux, direttore del gruppo cooperativo Tutiac, sta adottando un approccio più cauto, e attende il 2022, quando saranno convertiti i primi 620 ettari, prima di fare qualsiasi piano. “Vedremo come il mercato si stabilizzerà. L’esperienza è come una lanterna che teniamo appesa alle spalle: illumina solo la strada che abbiamo già percorso”, dice Hénaux, che ricorda gli squilibri nel mercato sfuso di Bordeaux nel 2009: “molti vini biologici sono entrati in produzione e i prezzi sono scesi. Dobbiamo stare attenti a non produrre più volumi di quelli che abbiamo la capacità di vendere”. Nel 2020, come rivela il “Bilan 2020 de commercialisation”, le bottiglie di Bordeaux bio vendute nella grande distribuzione sono state 7,9 milioni (-3%) per un giro d’affari di 44,9 milioni di euro (-2%), pari al 5,6% delle vendite.
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