Nel dibattito deflagrato da giorni, che ha portato alla ribalta - sui media e nell’arena politica - la proposta arrivata dall’ultimo trilogo dell’Ocm Vino, di ammettere la pratica della dealcolazione del vino in tutti i Paesi dell’Unione Europea, anche per le produzioni a Denominazione d’Origine è andata persa la cornice, quella del dibattito sulla prossima Politica Agricola Comune (Pac), fondamentale per regole e risorse che normeranno il settore vino dal 2023. È in quel contesto che Commissione Agricoltura, Consiglio e Parlamento Ue, dopo anni di confronto, hanno trovato la quadra sul vino dealcolato. Che, a differenza di quanto scritto e riportato da più parti, non ha proprio nulla a che vedere con il vino annacquato. È una pratica enologica ben conosciuta, già ammessa in molti Paesi, che ha per questo bisogno di un quadro normativo comunitario, che ne fissi limiti e possibilità.
Ed è qui, nei limiti - ma anche nel merito - di una definizione destinata a dividere le opinioni ed i punti di vista, che la posizione dell’Italia, o almeno del Governo, si radicalizza. Prevedibilmente, a Bruxelles passerà la linea di Francia, Spagna e Germania, favorevoli alla possibilità di produrre vini parzialmente o totalmente dealcolati, con un obiettivo molto semplice: rispondere alle necessità di un mercato che vive un lungo trend di calo dei consumi di alcolici, ed una crescita speculare di bevande analcoliche o a basso contenuto di alcol. Compreso, appunto, il vino. Una nicchia che, senza una normativa ad hoc, l’Europa rischia di consegnare integralmente nelle mani dei colossi del vino dei Paesi emergenti.
A tornare sul tema, in Commissione Politiche dell’Unione Europea al Senato “Prospettive del settore del vino nell’ambito del negoziato sulla riforma della Pac 2021-2027”, è il Ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli. “Dal 2018, anno di presentazione da parte della Commissione degli schemi di regolamento per la riforma della Pac, è in atto un acceso dibattito in merito alla proposta di introdurre una nuova categoria di prodotti “dealcolati”, da usare congiuntamente al termine “vino”. In base alle argomentazioni della Commissione, l’inserimento di tale disposizione nasce dalla necessità di armonizzare un settore in cui già esistono normative nazionali (ad esempio in Francia, Spagna, Portogallo, Germania), che potrebbero provocare una disparità di trattamento tra gli operatori, nonché possibili ostacoli alla libera circolazione dei prodotti. L’Italia si è sempre dichiarata contraria a tale proposta, dal momento che i trattamenti di dealcolazione privano il prodotto vino di gran parte delle sue caratteristiche organolettiche e ne modificano la composizione, compromettendo, tra l’altro, il legame con il territorio”, spiega Patuanelli.
“Il prodotto finale così trattato, inoltre, non è più conforme alla definizione di “vino”, stabilita dal regolamento di base, con la seguente formulazione: “prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica di uve o mosti avente un titolo alcolometrico non inferiore a 8,5% di volume”. La Commissione ha introdotto ulteriori specifiche, proponendo una definizione di “parzialmente dealcolati” per i prodotti con un grado alcolico compreso tra 0,5% e 8,5% di volume. Nello stesso ambito, è stata inserita la possibilità di modificare le attuali pratiche enologiche, introducendo il reintegro dell’acqua persa nei prodotti a seguito del processo di dealcolazione”, continua il Ministro delle Politiche Agricole.
Patuanelli, poi, torna proprio sulla specificità di quanto previsto dalla proposta dell’Unione Europea. “Tale processo non va confuso, come erroneamente riportato nei giorni scorsi da alcuni organi di stampa, con il processo di annacquamento che, lo ricordo, è sempre vietato. Durante il Comitato Speciale Agricoltura del mese di aprile è stato proposto un compromesso, in base al quale il vino potrà essere etichettato come “dealcolato” o “parzialmente dealcolato” mentre i vini con indicazioni geografiche (Dop e Igp) potranno utilizzare solo il termine “parzialmente dealcolato”. L’Italia continua ad opporsi all’utilizzo del termine “parzialmente dealcolato” per i vini Dop e Igp e personalmente ho anche ribadito la contrarietà del nostro Governo all’utilizzo dell’acqua per il ripristino dei volumi. “Sono, tuttavia, consapevole della difficoltà della nostra battaglia politica, poiché gli altri grandi produttori vitivinicoli, e nostri principali competitor, quali Spagna e Francia, si sono dichiarati d’accordo con la proposta di riforma”.
Passando all’Ocm Vino e al Piano Nazionale di Sostegno (Pns), come sottolinea il Ministro delle Politiche Agricole, “l’elemento più rilevante da mettere in luce è che il settore vitivinicolo continuerà a beneficiare di una Organizzazione comune di mercato anche nella prossima programmazione Pac, inserita nella cornice del nuovo Piano Strategico nazionale. Dal punto di vista finanziario, l’Italia è riuscita ad ottenere il mantenimento di un budget, seppur leggermente ridimensionato, in linea con l’attuale programmazione. Per l’Italia saranno, infatti, disponibili fino al 2027, circa 323 milioni di euro annui di fondi europei per sostenere lo sviluppo del settore. Il nostro Paese si conferma così primo beneficiario dei fondi Ue per il settore vitivinicolo europeo. Il Programma Nazionale di Sostegno (Pns) sarà così in grado di offrire, anche in futuro, ai vitivinicoltori gli strumenti e le risorse necessari per il miglioramento della competitività delle proprie aziende, utilizzando i relativi contributi comunitari. Si tratta di un grande risultato per il settore vitivinicolo e, considerata la rilevanza del comparto nell’economia del Paese, per tutta l’Italia”.
Fondamentale, sarà “la conferma di un budget dedicato, così come la conferma delle misure tipiche di sostegno sono la prova dell’importanza per l’Italia di “fare sistema” al fine di raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Stiamo ancora lavorando, insieme a Francia e Spagna, affinché, nel passaggio dalla vecchia alla nuova Ocm, siano previsti i meccanismi di flessibilità necessari a consentire ai produttori di completare gli investimenti programmati, senza soluzione di continuità”.
Uno dei punti principali riguarda la “regolamentazione delle autorizzazioni viticole di nuovo impianto. A tale riguardo, nella fase iniziale del negoziato, la Commissione ha accolto numerose proposte italiane legate alla semplificazione e ad una maggiore efficacia del rilascio delle autorizzazioni e dei criteri di priorità utilizzabili. L’ultimo testo di compromesso relativo all’Ocm prevede, inoltre, l’estensione del regime delle autorizzazioni per l’impianto dei vigneti fino al 2045 - con 2 revisioni intermedie nel 2028 e nel 2040 - confermando l’aumento massimo annuo dell’1% del potenziale viticolo”.
Viste le difficoltà di questo ultimo anno, “l’accordo - continua Stefano Patuanelli - include anche la nostra richiesta di poter riallocare dall’1 gennaio 2026 al 31 dicembre 2027 i “vecchi” diritti d’impianto non utilizzati dai viticoltori entro il 31 dicembre 2025. Sul fronte emergenziale, ricordo che l’Italia è riuscita ad ottenere una proroga fino al 2021 delle autorizzazioni di impianto in scadenza nel 2020, tenuto conto delle difficoltà connesse all’emergenza pandemica. Il perdurare della situazione di crisi ci ha indotto a richiedere un’ulteriore proroga di un anno per le autorizzazioni in scadenza nel 2021, attualmente oggetto di confronto con gli uffici tecnici della Commissione”.
E ancora, sul piatto della nuova Pac c’è anche la possibilità di utilizzare le varietà ibride. “L’ultimo testo relativo al regolamento Ocm - riprende il Ministro delle Politiche Agricole - consente l’utilizzo di varietà ibride per la produzione di vini Dop. Anche su questo versante ci siamo opposti per il negativo impatto che questa innovazione regolamentare avrebbe sulla tipicità e qualità dei nostri prodotti e sul legame con il territorio, elementi che da sempre contraddistinguono il vino italiano. Sottolineo che, a livello nazionale, le predette varietà ibride non potranno comunque entrare nella produzione di un vino Dop, se non a seguito di una modifica del disciplinare di produzione, e quindi su richiesta degli stessi produttori”.
Nell’intervento di Stefano Patuanelli c’è quindi spazio per l’etichettatura. “L’ultimo testo di compromesso contiene l’etichettatura nutrizionale obbligatoria, con l’indicazione in etichetta del solo valore energetico e con la possibilità di rinviare a collegamenti internet per le informazioni di dettaglio relative ai valori nutrizionali e alla lista degli ingredienti. Quest’ultima forma di etichettatura elettronica costituisce una semplificazione funzionale all’attività delle imprese e salvaguarda al tempo stesso la trasparenza nei confronti del consumatore, da sempre valori essenziali per il sistema italiano”.
Infine, il grande tema della transizione ecologica, “che oltre a rappresentare uno dei cardini del Green Deal e della Strategia Farm to Fork , caratterizza fortemente anche la riforma della Pac. Non voglio dilungarmi sul cammino già effettuato dal settore agricolo, filiera vitivinicola inclusa, in termini di sostenibilità. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da progressi enormi, su temi rilevanti quali la riduzione delle emissioni e la diffusione delle pratiche agricole più sostenibili, fino ad arrivare alla progressiva diminuzione dell’uso di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Un progresso costante, sostenuto dall’innovazione tecnologica che, sempre di più, trova spazio nelle nostre imprese agricole”, dice il Ministro delle Politiche Agricole.
“La nuova Pac sosterrà gli ulteriori impegni richiesti agli agricoltori, sia attraverso il primo pilastro che con le misure dello sviluppo rurale. Parliamo della cosiddetta “architettura verde”, che include anche le regole di condizionalità rafforzata. A livello europeo si stanno definendo percentuali minime importanti da destinare agli ecoschemi e alle misure agro-climatiche-ambientali. Il 19 aprile, come noto, ho avviato i lavori del Tavolo di Partenariato che dovrà essere protagonista del processo di attuazione della riforma della Pac a livello nazionale. Sono certo che la filiera vitivinicola troverà ampio spazio nel nuovo Piano Strategico, con misure che andranno a sostenere, ancora una volta la competitività delle imprese, privilegiando, al tempo stesso, gli imprenditori in grado di attuare i modelli più avanzati in termini di sostenibilità. Ribadisco la ferma volontà mia e del Governo di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione del nostro Paese al fine di garantire uno dei nostri patrimoni più importanti e conosciuti, segno distintivo del made in Italy nel Mondo. Il settore, che è stato già oggetto di specifiche misure di sostegno nel periodo di crisi, lo sarà ancora in occasione delle prossime iniziative che punteranno ad ottenere un rilancio duraturo del settore agricolo. La filiera vitivinicola - conclude Stefano Patuanelli - dovrà essere protagonista di un’azione di promozione dell’agroalimentare di qualità sia sul mercato interno che su quello internazionale, alimentata in maniera sinergica sia dai fondi europei che da quelli nazionali”.
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