L’agricoltura è, da sempre, nel suo complesso, settore anticiclico. Base della vita e dell’alimentazione, scrigno di saperi e sapori antichi, ma anche “terreno fertile”, attraverso ogni epoca, di innovazione. Attività che è ad un tempo produzione ma anche custodia dei territori, industria e sostenibilità. Un settore fatto da tante agricolture e da tante filiere agroalimentari, da quelle a maggior valore aggiunto, come quella che dà origine al vino, o da quella pur preziosa della zootecnia e ad altre meno blasonate ma altrettanto fondamentali come quella dell’ortofrutta e dei cereali, per esempio. Il vino, in particolare, soprattutto nei suoi territori più blasonati, è quello che calamita investimenti e registra tante iniziative che legano agricoltura e finanza (dalle tante banche che insieme ad enti certificatori come Valoritalia hanno stretto accordi per il pegno rotativo che mette il vino a garanzia del credito, con consorzi come quello del Barolo e del Barbaresco, del Brunello di Montalcino, del Chianti Classico, del Nobile di Montepulciano, del Morellino di Scansano o dell’Oltrepò Pavese, ad investimenti come quelli di Cassa Depositi e Prestiti che, in partnership con Unicredit è partita dal vino e da cantine leader come Pasqua, Feudi San Gregorio e Masi per lanciare il “Basket Bond di Filiera”, con 21 milioni di euro complessivi in minibond emessi dalle aziende, mentre con Sace ha sottoscritto 25 milioni di euro di obbligazioni di Italian Wine Brand, passando per l’attività di Renzo Rosso, patron di Diesel, che già produttore in proprio con Diesel Farm, è salito al 7,5% del capitale della stessa Masi, o per il fondo Clessidra, che ha acquisito la maggioranza di Botter Spa, solo per rimanere alle notizie più recenti, ndr).
Ma è l’agricoltura tutta, nel suo complesso, anche grazie a valori fondiari stabili (anche perchè le terre coltivabili diminuiscono) o con incrementi importanti negli anni, soprattutto nei territori enoici di maggior successo, e sulla scorta di un made in Italy agroalimentare che, nel 2020 della pandemia, ha toccato il suo record dell’export, a 46,1 miliardi di euro, secondo l’Istat, e con un’industria alimentare che ha generato un valore aggiunto di 64,1 miliardi di euro, secondo The European House - Ambrosetti, ad essere tornata al centro dell’interesse delle grandi banche, come raccontano i responsabili dei settori “agricoli” di realtà di primo piano come Intesa San Paolo, UniCredit e Credit Agricole.;
“L’agroalimentare è senz’altro un comparto strategico per l’Italia - commenta Renzo Simonato, responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo, la prima banca italiana per capitalizzazione - rappresenta l’11% del nostro Pil e occupa 1,5 milioni di persone. Ha dimostrato di essere in grado di crescere anche nei periodi di crisi, grazie alle stesse caratteristiche strutturali che ne hanno determinato il successo sui mercati mondiali. Con il maggior numero di prodotti Dop e Igp, è al vertice nella classifica internazionale per quote di mercato nella fascia top di gamma. Un altro elemento di forza è dato dalle nostre filiere dove importanti realtà dell’industria agroalimentare vogliono mantenere il controllo della qualità attraverso le forniture dei piccoli produttori del territorio. L’impegno di Intesa Sanpaolo a supporto del mondo agricolo e agroalimentare è radicato nel Gruppo e nelle banche via via in esso confluite. La nuova Direzione Agribusiness, nata a seguito del rafforzamento della Banca dei Territori, è un centro di eccellenza che punta a cogliere le enormi opportunità di questo settore. Ha sede a Pavia e può contare su 1.000 specialisti a servizio di 80.000 clienti e 250 punti operativi di cui 85 filiali, concentrate in particolare nelle aree a maggior vocazione agricola del Paese al fine di valorizzarne le peculiarità e le eccellenze. La pandemia ha indotto molti cambiamenti, dall’attenzione alla sostenibilità alla digitalizzazione. Penso all’enorme crescita del commercio online, che impone scelte strategiche ben precise e mi riferisco anche all’importanza per le aziende di fare investimenti che siano sostenibili, in un’ottica Esg (Environmental, social and corporate governance. Il nostro ruolo è anche quello di favorire questi passaggi attraverso una consulenza professionale e credito ad hoc. Solo un esempio, abbiamo ai finanziamenti s-loan per gli investimenti sostenibili per le aziende che adottano azioni e pratiche che migliorano l’ambiente, la società e il buon governo dell’azienda. Questi sono gli anni decisivi per la transizione ecologica e digitale”.
“L’agricoltura è notoriamente un settore anticiclico rispetto alle crisi economiche. I beni prodotti e trasformati - sottolinea Emanuele Fontana, Responsabile Servizio Agri Agro di Crédit Agricole Italia - sono perlopiù beni di base, commodities, dai quali non si può prescindere. Dal 1993, dopo la despecializzazione prevista dal Tub (Testo Unico Bancario), la sensibilità rispetto al settore dell’agricoltura è andata riducendosi. Le logiche di valutazione del merito creditizio, perlopiù non strutturate, non risultano sempre pienamente efficaci, rendendo talvolta meno agevole l’accesso al credito e complicando il tema del pricing. Le Banche tornano ciclicamente sul tema agricoltura, attratte dalla stabilità e continuità del settore, il meno esposto ai default. In termini di rimuneratività, questo potrebbe però risultare non altrettanto attraente, poiché si basa essenzialmente su interventi di medio termine; al contrario, nel breve termine il settore vede cicli del circolante non particolarmente efficienti. Crédit Agricole Italia, che ha nel Dna un profondo interesse per l’agricoltura, ponendola al centro dei suoi piani di sviluppo. Lo testimonia il nostro sistema di valutazione del merito creditizio, specifico per il settore, con politiche di credito che prevedono premialità relativamente alla presenza di strumenti di mitigazione del rischio sul raccolto, come l’assicurarsi rispetto alla produzione. La logica di gestione del rischio del credito sviluppata da Crédit Agricole Italia è senza dubbio un modello per il settore”.
“Non parlerei di un “ritorno” di interesse per l’agricoltura, perchè come banca - aggiunge Fabio Mucci, Responsabile Small Business & Financing Products di UniCredit - abbiamo guardato al settore con estremo interesse, così come a tutti altri settori. Certo è che l’agricoltura è un comparto particolare che necessita di competenze e conoscenze. UniCredit ha seguito il settore nel corso del tempo anche in virtù dei processi di trasformazione della banca e delle varie acquisizioni, e dal 2017 c’è anche una sezione specialistica sul settore, con una struttura centrale dedicata e specialisti agribusiness territoriali, 140 gestori su tutto il territorio nazionale. Questo non solo per un supporto finanziario ma anche per dare consulenza ad un settore che necessita competenze approfondite. È un settore fondamentale per l’economia, con segmenti che ci rendono orgogliosi nel mondo, come il vino”.
E proprio il vino, ma non solo, è considerato uno dei comparti agricoli più interessanti nel medio termine.
“Più che di settori - osserva ancora Simonato di Intesa San Paolo - parlerei di trend che caratterizzeranno l’agricoltura nei prossimi 5-10 anni. L’anno appena trascorso ha evidenziato da un lato un’accelerazione di processi già in atto, dall’altro nuovi trend imposti anche dalle restrizioni: i consumatori escono dalla crisi pandemica più attenti ai temi delle produzioni made in Italy, della tipicità del territorio, della salute, della tutela dell’ambiente. La filiera agroalimentare italiana è ai primi posti nel mondo per la qualità e sicurezza alimentare, e da tempo gli imprenditori hanno avviato un percorso improntato alla sostenibilità, ma ci sono i margini per rendere le nostre produzioni ancora più green in un’ottica circolare, tramite l’utilizzo razionale delle risorse naturali e la produzione di energia in azienda. L’agricoltura di precisione può svolgere un ruolo molto importante nel migliorare la resa e la qualità della produzione agricola usando meno input (acqua, energia, fertilizzanti), e migliorando la tracciabilità del processo e quindi la produttività. L’e-commerce giocherà un ruolo importante per il futuro: in un contesto in cui la vendita online dei prodotti alimentari è destinata a crescere, questo canale avrà un ruolo centrale nello sviluppo del mercato tipico/locale, purchè sia accompagnato da investimenti nelle infrastrutture e nel digitale”.
“I settori a maggiore potenzialità - aggiunge Fontana di Credit Agricole - sono quello vinicolo, caseario (con i grandi Dop) e dell’allevamento da carne. Al contrario, in una prospettiva di medio-lungo termine, il settore dei cereali e della frutta risultano più delicati, poiché, a causa della marginalità, stentano ad avere prezzi competitivi. Un tema trasversale è quello dell’agricoltura di precisione, che consentirà di ottimizzare le produzioni e ridare marginalità ai settori meno performanti. Crédit Agricole Italia supporta tutti i segmenti di mercato, con particolare attenzione al biologico e all’agricoltura di precisione, regimentazione delle acque e tema idrico inclusi. Le nostre attività si inseriscono in un’ottica Esg, facendo sì che i prodotti e i servizi offerti sul mercato siano concretamente in linea con i valori di sostenibilità ambientale, sociale ed economica”.
È l’intera filiera dell’agroalimentare a risultare interessante - spiega ancora Mucci di UniCredit- poi ci sono eccellenze come il vino, ma anche le filiere del lattiero caseario, del cerearicolo, dell’ortofrutticolo, sono filiere che hanno prodotti che connotano il made in Italy nel mondo. Con grandi prospettive, perchè ci sono tante sfide da affrontare: sulla nuova Pac, sull’innovazione di processo e di prodotto, sull’innalzamento degli standard qualitativi, e anche in questo ci sono tanti strumenti di finanziamento ad hoc”.
Che il settore agricolo e agroalimentare sia al centro dell’attenzione, dunque, non ci sono dubbi, come testimonia la rinnovata specializzazione in materia delle grandi banche. Ma viene da chiedersi se un settore fatto spesso di piccole imprese a guida familiare, abbia gli strumenti e le competenze che oggi servono anche per relazionarsi con l mondo della finanza. “Il rapporto banca-impresa deve essere orientato alla trasparenza, al dialogo - sottolinea Simonato - e al confronto continuo, solo così le imprese possono affrontare momenti importanti della propria storia aziendale con fiducia. Vediamo realtà anche di piccole dimensioni preparate e aperte ad affrontare operazioni importanti, come le aggregazioni, la crescita manageriale e il passaggio generazionale. Con riferimento al settore del vino, abbiamo lanciato di recente il progetto del pegno rotativo per le Doc e Docg, un modo per finanziare le aziende vitivinicole che hanno necessità di invecchiare il vino per un tempo piuttosto lungo, e che quindi possono impegnare le giacenze in cambio di un credito. È un format di finanziamento semplice e adeguato ai tempi, che noi abbiamo sviluppato e perfezionato tecnicamente. In questo settore abbiamo grandi potenzialità a partire dalla presenza delle filiere completamente tracciabili, dalle certificazioni di qualità e dalla grande reputazione delle nostre produzioni. Crediamo fermamente nelle capacità dei nostri produttori e nella qualità dei nostri vini nobili. Ogni azienda ha il proprio modello di business e il nostro ruolo è quello di sostenerle nel raggiungere o consolidare quella che è la dimensione più adatta per il loro mercato di riferimento. Non dimentichiamo che l’agribusiness è fortemente integrato con il turismo e la cultura che insieme rappresentano una quota importantissima del Pil”.
“La preparazione tecnica delle imprese agricole utile per accedere ai diversi strumenti finanziari è fondamentale. Tuttavia, tali competenze vengono talvolta a mancare - osserva Fontana - a causa di carenza documentale dettata dalla normativa (le aziende agricole non devono produrre un bilancio), o limitato approccio strategico verso il controllo di gestione. L’agroalimentare ha una contabilità semplificata o ordinaria; di conseguenza, la carenza è un tema legato ai processi bioeconomici. Nel settore agricolo non vi è un impianto di monitoraggio della contabilità che, se sommato alle esigue competenze tecniche specifiche, può generare una domanda di credito carente e di difficile interpretazione. Alla luce di ciò, da un lato c’è un’offerta di credito sovrabbondante da parte degli istituti, con numerosi prodotti, tassi agevolati e formule all-in, dall’altro una domanda poco chiara da parte del settore agricolo, acerbo in termini di gestione finanziaria. Questa la ragione per cui Crédit Agricole Italia è attiva nel settore con prodotti semplici e specifici, e con un sistema di valutazione del merito creditizio efficace e massimamente digitale. Il Gruppo ha sviluppato un’App che rileva i fabbisogni finanziari dei produttori e ricrea un bilancio con informazioni empiriche fornite dagli stessi. Questi dati sono il punto di partenza per concedere credito e sostenere lo sviluppo del settore”.
“In generale - conclude Mucci - quello che osserviamo è che tutte le imprese stanno compiendo un grosso sforzo per fare un salto di qualità. È fondamentale che le aziende, anche attraverso le nostre consulenze, abbiamo gli strumenti per valutare le varie opportunità, e noi abbiamo strutturato un percorso di assistenza che accompagna sia le imprese che guardano ai mercati internazionali che a quello nazionale. Nel tempo l’offerta al settore si è sofisticata, il pegno rotativo e il basket bond di filiera sono segnali evidenti, ci sono tanti prodotti ad hoc, rispetto alle modalità del vecchio credito agrario”.
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