Non c’è pace per il vino che, dopo l’attacco frontale della Commissione Beca, che tra i capisaldi della relazione finale dello “Europe’s Beating Cancer Plan” ha inserito l’impossibilità di definire una quantità minima sicura di alcol che si può assumere senza correre rischi, adesso finisce anche nel mirino della “World Heart Federation”, organizzazione ombrello che rappresenta la comunità cardiovascolare globale, e che riunisce oltre 200 fondazioni cardiache, società scientifiche, e organizzazioni di pazienti in più di 100 Paesi, che sostiene la salute del cuore e lavora per ridurre l’impatto delle malattie cardiache e degli ictus, che ogni anno riguardano 18,5 milioni di persone), secondo cui non esiste alcuna quantità di alcol che possa far bene al cuore, mettendo così in discussione l’idea, molto diffusa, e sostenuta ad esempio dalla Dieta Mediterranea, che bere quantità moderate di alcol possa ridurre il rischio di malattie cardiache, e chiedendo anzi un’azione urgente e decisiva per affrontare un problema senza precedenti, e che riguarda l’aumento di decessi e disabilità legate all’alcol in tutto il mondo.
Come riporta il “The Impact of Alcohol Consumption on Cardiovascular Health: Myths and Measures” by “World Heart Federation”, nel 2019, oltre 2,4 milioni di persone sono morte a causa dell’alcol, rappresentando il 4,3% di tutti i decessi a livello globale e il 12,6% dei decessi negli uomini di età compresa tra 15 e 49 anni. L’alcol è una sostanza psicoattiva e nociva, che può causare danni significativi al corpo umano. Il suo consumo è un importante fattore di rischio, evitabile per malattie non trasmissibili, comprese malattie cardiovascolari, cancro, malattie dell’apparato digerente e lesioni intenzionali e non, e per diverse malattie infettive.
L’evidenza - continua il documento - è chiara: qualsiasi livello di consumo di alcol può portare alla perdita di una vita sana. Gli studi hanno dimostrato che anche piccole quantità di alcol possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, tra cui malattie coronariche, ictus, insufficienza cardiaca, cardiopatia ipertensiva, cardiomiopatia, fibrillazione atriale e aneurisma. Gli studi che affermano il contrario sono in gran parte basati su ricerche puramente osservazionali, che non tengono conto di altri fattori, come condizioni preesistenti e una storia di alcolismo in quelli considerati “astinenti”. Ad oggi, non è stata trovata alcuna correlazione affidabile tra il consumo moderato di alcol e un minor rischio di malattie cardiache.
“La rappresentazione dell’alcol come necessario per una vita sociale vivace ha distolto l’attenzione dai danni legati al suo consumo, così come le affermazioni frequenti e ampiamente pubblicizzate secondo cui il consumo moderato, come un bicchiere di vino rosso al giorno, può offrire protezione contro le malattie cardiovascolari”, commenta Monika Arora, membro del Comitato della “World Heart Federation” e co-autrice del brief. “Queste affermazioni sono nel migliore dei casi disinformate, e nel peggiore dei casi un tentativo dell’industria dell’alcol di fuorviare il pubblico sul pericolo del loro prodotto”.
Anche i costi economici e sociali dell’alcol sono significativi: includono il costo per i sistemi sanitari, le spese vive e le perdite di produttività, nonché l’aumento del rischio di violenza sociale, criminalità e senzatetto. L’alcol ha un impatto maggiore sulle persone di estrazione socioeconomica bassa, che hanno maggiori probabilità di subire i suoi effetti negativi rispetto alle persone di estrazione socioeconomica più elevata, anche quando ne consumano quantità simili o inferiori. “The Impact of Alcohol Consumption on Cardiovascular Health: Myths & Measures”, al suo interno, riepiloga le prove disponibili sugli impatti negativi sulla salute del consumo di alcol, risolve il dibattito “danni vs benefici”, con raccomandazioni sia per gli individui che per i responsabili politici per contribuire a contrastare l’impatto dell’alcol a livello globale. Interventi utili per ridurre il consumo di alcol includono il rafforzamento delle restrizioni sulla disponibilità di alcol, l’applicazione di divieti alla pubblicità di alcolici e l’agevolazione dell’accesso allo screening e ai trattamenti medici. Considerata anche la pressione dell’Oms sui Governi affinché decidano per accise più alte sugli alcolici, sul vino il pericolo di una stretta si fa sempre più concreto. E gli effetti, come anticipato qualche settimana fa in ottica Ue, rischiano di essere nefasti, a partire dall’assegnazione dei fondi di promozione orizzontale dei prodotti agricoli europei (per un valore complessivo di oltre 176 milioni di euro), che dovrebbero essere allineati a documenti strategici, come il “Farm to Fork” e il piano comunitario di lotta anticancro.
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