Dopo dieci anni di ininterrotta crescita, la Dop Economy del Belpaese, leader mondiale di prodotti agroalimentari certificati con 841 tra Dop, Igp e Stg, ha fermato la corsa nel 2020 con l’irrompere della pandemia, ha visto calare del 2% il valore alla produzione, attestandosi a 16,6 miliardi di euro. Una frenata, tuttavia, contenuta, considerato i risultati pesantemente negativi per tutti i comparti economici nell’anno più duro del Covid, a conferma della capacità di tenuta dell’eccellenza Dop e Igp tricolore anche nelle situazioni più difficili, e della valenza del suo peso economico, tanto che 1 euro su 5 dell’agroalimentare italiano viene da prodotti a Indicazione Geografica. Nel 2020 ha tenuto anche l’export della Dop Economy, a 9,5 miliardi di euro (-0,1%), per un peso del 20% sul totale dell’export agroalimentare italiano. I dati arrivano dal XIX Rapporto Ismea-Qualivita, illustrato, oggi, a Roma, al Ministero delle Politiche Agricole, alla presenza, tra gli altri, del Ministro Stefano Patuanelli.
Come evidenziato dal rapporto, sul risultato delle esportazioni, che soffre in prima battuta del calo sui mercati extra Ue collegato alla pandemia, si registra un andamento in altalena per il comparto cibo e per quello del vino: il primo, che coinvolge 86.000 operatori, 165 Consorzi autorizzati e 46 organismi di controllo, e registra un aumento del valore esportato dell’1,6%, a 3,92 miliardi di euro, con un dato che, dal 2010, risulta più che raddoppiato (+104%). Il secondo, il vino, che coinvolge oltre 113.000 operatori, 121 Consorzi autorizzati e 12 organismi di controllo, mostra un aumento della produzione destinata all’export che supera i 15,4 milioni di ettolitri (+1,8%) ma in termini di valore l’export si attesta a 5,57 miliardi di euro, in calo dell’1,3% su base annua. Una leggera frenata in un trend, peraltro brillante, che registra +71% dal 2010 (e che, comunque, ha ripreso la corsa nel 2021, in attesa dei dati di fine anno che dovrebbero confermare un record di 7 miliardi di euro di export, ndr). Hanno perso terreno soprattutto gli spumanti (-6,6% per i vini spumanti Dop, a 1,2 miliardi e -8,3, a 26 milioni, per i vini spumanti Igp) e i vini fermi Dop (-1%, a 2,6 miliardi). Sui mercati extraeuropei il calo dell’export vinicolo Dop Igp è stato del 4,3%, mentre è cresciuto l’export in Ue (+4,1%), con incrementi a doppia cifra nei Paesi scandinavi e Nord Europa.
Nel 2020 - come illustrato nel rapporto Ismea-Qualivita - si registra una buona tenuta del valore della produzione del cibo Dop, Igp e Stg che raggiunge i 7,3 miliardi di euro di valore alla produzione, per un -3,8% in un anno e con un trend del +29% dal 2010. Stabile il valore al consumo, a 15,2 miliardi di euro, per un andamento del +34% sul 2010. I formaggi, con un valore alla produzione di 4,2 miliardi di euro, sono la categoria che ha il peso economico più importante, pari al 57% sull’intero paniere del Cibo Dop Igp, seguiti dai prodotti a base di carne con 1,9 miliardi di euro e un peso del 26%, e quindi dagli ortofrutticoli (404 milioni), grazie all’aumento dei listini medie e alle mele che trascinano la categoria assieme alla frutta a guscio e agli agrumi siciliani.
Per il cibo ad Indicazione Geografica, con gli italiani costretti a stare più a casa per la pandemia, si segnala una forte crescita delle vendite in Gdo (+5,3%), come avvenuto per il vino Dop e Igp (+8,5%) che nel 2020 registra 24,3 milioni di ettolitri di vino a denominazione e indicazione imbottigliato (+1,7%), con le Dop che rappresentano il 68% della produzione e le Igp il 32%. Il valore della produzione sfusa di vini ad Indicazione Geografica è di 3,2 miliardi di euro, mentre all’imbottigliato è di 9,3 miliardi (-0,6%), con le Dop che ricoprono un peso economico pari all’81%.
In questo contesto non mancano elementi che confermano il dinamismo del sistema delle Indicazioni Geografiche italiane; si segnala, infatti, l’avanzata del Sud e Isole, l’unica area a mostrare un incremento complessivo del valore rispetto all’anno precedente (+7,5%), con crescite importanti soprattutto per la Puglia, al traino di un +27,6% di crescita del valore del suo vino Ig (per un totale di 597 milioni di euro dai precedenti 468 milioni) e per la Sardegna, con un +27,3% del valore delle sue produzioni di cibo a Indicazione Geografica. Nel 2020 si segnala anche l’affermarsi di categorie come le Paste alimentari, con 240 milioni di euro di valore alla produzione al traino della Pasta di Gragnano Igp (+17%, a 239 milioni) e i Prodotti della panetteria e pasticceria, con 82 milioni di euro spinti dal successo della Piadina Romagnola Igp (50 milioni di euro) e dei Cantuccini Toscani (24 milioni).
Dopo un 2019 che aveva mostrato una crescita per ben 17 regioni su 20, dunque, nel 2020 il calo del 2% del valore complessivo del comparto si spalma su oltre la metà delle regioni. Nella classifica dell’impatto economico territoriale delle Indicazioni Geografiche, si conferma comunque la concentrazione di valore nel Nord Italia. In particolare, il Nord Est resta il traino del settore, rappresentando oltre la metà del valore complessivo nazionale delle Dop e Igp (53%). Il Veneto che resta la regione capoclassifica, soprattutto grazie a “sua maestà” Prosecco, si attesta a quota 3,70 miliardi di euro, con il valore delle sue produzioni vitivinicole che, nel 2020, passa, però, a 3,3 miliardi dai precedenti 3,4, per un calo del 3%. “In questi due anni difficili, segnati fortemente dalla pandemia, questa filiera rappresenta il motore della promozione dei territori e segno distintivo del made in Veneto. Questo ci spinge a dover ragionare in maniera ancora più forte sul tema della tutela delle nostre eccellenze, dal Prosecco agli altri vini, dal Grana Padano all’Asiago, assieme agli altri prodotti espressione della terra veneta”, ha commentato il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.
Dopo il Veneto, nel rapporto Qualivita-Ismea, si segnalano Emilia Romagna, con 3,26 miliardi e una perdita importante del valore della sua Food Valley (-7,3%), e Lombardia con 2,07 miliardi. Subito dopo il podio si classificano Piemonte e Toscana, con oltre 1 miliardo di euro generato dalle indicazioni geografiche. Ed il Piemonte, in particolare, cresce in valore sia nel comparto cibo (da 337 milioni a 361) che in quello vitivinicolo (da 1,014 miliardi a 1,027, con l’avanzata dell’Asti Dop +10,2% a 118 milioni) ) e segna una crescita complessiva su base annua del 2,7%. Buon risultato anche per il sesto classificato Trentino Alto Adige (+8,4%), in crescita di valore sia nel comparto cibo (da 318 a 371 milioni ) che nel vino (da 558 a 578 milioni).
Fra le prime 20 province per valore, ben 11 sono delle regioni del Nord Est, a partire dalle prime tre che registrano un impatto territoriale che supera il miliardo di euro: Treviso (1,6 miliardi ma un calo del 5%), Parma (1,3 miliardi ma un calo dell’8,25%) e Verona (1,2 miliardi e un calo del 2%). Come crescita annuale, fra le prime province i risultati migliori son quelli di Trento (+10,7%) e Bolzano (+6,4%), Asti (+10,2%) e Napoli (+15,8%). La crescita che si registra in alcune province, soprattutto del Sud Italia - ha evidenziato Mauro Rosati, direttore Fondazione Qualivita, illustrando il rapporto - conferma lo sviluppo di alcuni poli economici nati intorno ai Consorzi di tutela che, sebbene non appartenenti ai grandi distretti produttivi, sanno porsi al centro di sistemi territoriali di qualità sostenibile.
“I prodotti Dop e Igp si confermano anche nel 2020 una componente fondamentale nell’affermazione del made in Italy sui mercati globali ed un motore di promozione e tutela delle eccellenze italiane - ha osservato il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli - e l’analisi del XIX Rapporto Ismea-Qualivita dimostra ancora una volta come grazie alla distintività e alla tradizione delle nostre produzioni, la Dop economy tenga sia sul territorio nazionale che all’estero, cresca nelle regioni del Sud e nelle Isole e traini l’intero comparto agroalimentare italiano. A livello comunitario ci aspetta un anno impegnativo, sia per la revisione del quadro normativo dell’etichettatura che per quello del regolamento Dop e Igp. Proprio per questo è necessario salvaguardare e tutelare l’intero sistema produttivo dai rischi che possono generare l’omologazione alimentare, i sistemi di etichettatura fuorvianti come il Nutriscore, le fake news, i tentativi di imitazione sia sui mercati comunitari che su quelli terzi. Il Pnrr, con i Contratti di filiera e di distretto, gli incentivi all’innovazione, la digitalizzazione, rappresenta una grande occasione per la crescita delle filiere Dop e Igp. E come Ministero ci impegniamo già da subito ad accompagnare le imprese in questo delicato momento, con la volontà di metterle nelle migliori condizioni per intercettarne le opportunità e compiere un ulteriore salto di qualità nel mondo e in Europa”.
Il Ministro ha poi spiegato, ai microfoni di WineNews, le linee di intervento in programma contro il caro-energia che sta mettendo in difficoltà anche le imprese agricole. “Sull’energia vanno trovate risorse immediate - ha detto - e, nel prossimo trimestre, dobbiamo mettere a terra rapidamente le risorse che ci sono nel Pnrr per le le autoproduzioni energetiche e rendere indipendenti le aziende agricole. E poi va fatta riforma strutturale per gli organi di sistema che, a mio avviso, vanno ricompresi nella fiscalità generale e non possono ricadere in bolletta perché poi aumentano in modo esponenziale quando sale il costo della materia prima”. Ma non solo: “stiamo lavorando con gli altri Ministeri per chiedere di prorogare la moratoria dei mutui e dei finanziamenti almeno per i produttori dell’agroalimentare”, ha detto Patuanelli.
Il presidente Ismea, Angelo Frascarelli, ha sottolineato come “la differenziazione, insieme a innovazione e organizzazione, è la leva del successo dell’agroalimentare italiano. I dati che il Rapporto Ismea-Qualivita sulle Indicazioni Geografiche monitora con attenzione ci parlano di un modello produttivo fortemente orientato alla qualità, al legame territoriale e a una differenziazione multilivello. Ma in prospettiva è necessario che la filiera agroalimentare affronti la questione con ancora più impegno rispetto al passato, orientando i propri sforzi per uscire dalla logica delle commodity e fare della distintività l’elemento cardine delle strategie produttive e commerciali”. Per il presidente di Fondazione Qualivita, Cesare Mazzetti, “il Rapporto Ismea-Qualivita, che accompagna, ormai da 19 anni l’evoluzione del sistema Dop-Igp italiano, ancora una volta evidenzia come esso rappresenti un modello efficace di sviluppo dei territori. La coesione delle filiere, la garanzia di sicurezza per i consumatori e la capacità di dialogo con le istituzioni hanno rappresentato punti di forza per la tenuta del settore in risposta alle difficoltà emerse durante la prima fase della pandemia. I numeri delle nostre analisi sono il frutto del lavoro congiunto di operatori, Consorzi di tutela, enti e istituzioni in tutta Italia. La Fondazione Qualivita continuerà a supportare il sistema attraverso l’analisi del settore, proponendo elementi utili a definire una nuova visione strategica sulla qualità in risposta ai mutamenti in atto e ai nuovi obiettivi della transizione ecologica”. Secondo Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, il sistema delle Indicazioni Geografiche “deve ora definire una nuova strategia,basata sul progresso” e questo progresso si potrà realizzare andando nella direzione di “filiere sostenibili, iniziative ambientali, turismo di qualità, promozione dei valori della filiera e della cultura e benessere collegati”.
Focus: Coldiretti: “da 100 miliardi di falsi, attacco alla Dop Economy
Sale ad oltre 100 miliardi il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia e mettendo a rischio la tenuta e il futuro della Dop Economy messa già alla prova dalla pandemia. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti per la presentazione del Rapporto Ismea - Qualivita 2020 sui prodotti Dop/Igp, dal quale si evidenzia che il sistema italiano di qualità “Food &Wine” conta su 841 specialità tutelate che sviluppano un valore alla produzione di 16,6 miliardi con un calo del 2% su base annua. Il cosiddetto “Italian Sounding” - sottolinea la Coldiretti - riguarda tutti i continenti e colpisce in misura diversa tutti i prodotti, proprio a partire da quelli a Denominazione di origine, con il paradosso peraltro che i principali taroccatori delle specialità tricolori sono i paesi ricchi, dagli Stati Uniti di Biden alla Russia di Putin, passando per Australia e Germania.
In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tuti i continenti. Ma ci sono anche le imitazioni di Provolone Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore e gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.
Ma tra gli “orrori a tavola” non mancano i vini, dal Chianti al Prosecco - spiega Coldiretti - che non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata. Ne sono un esempio il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur. Una situazione destinata peraltro a peggiorare se l’Ue dovesse dare il via libera al riconoscimento del Prosek croato.
Il risultato è che per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo - stima la Coldiretti - più due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Con la lotta al falso Made in Italy a tavola si possono creare ben 300.000 posti di lavoro in Italia.
“Il contributo della produzione agroalimentare made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma a preoccupare è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta)”.
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