Continua da settimane, incessante, l’allarme del mondo agricolo sul caro energia, che sta mettendo in grave difficoltà il settore, molto di più di quanto ha fatto la pandemia. E nessun comparto dell’agroalimentare è immune. Neanche il vino. Come sottolineano la Borsa Merci Telematica Italiana ed Unioncamere, l’aumento dei costi delle materie prime, in particolare vetro (per la produzione di bottiglie), carta (per la produzione di etichette) ed energia elettrica, sta impattando in maniera rilevante, tra gli altri, anche sul settore vinicolo. Secondo l’indice dei prezzi del vino sfuso Bmti-Unioncamere, infatti, si registra un aumento annuo del +18,7% (+1,1% su dicembre 2021). Questo rialzo, però, oltre all’aumento dei costi di produzione, spiega una nota, è da attribuire alla scarsa quantità di uve raccolte nella scorsa vendemmia e alla riapertura della ristorazione dei mesi scorsi, dopo le chiusure che si erano verificate nel 2020 a causa della pandemia. Tra le diverse tipologie, spicca il rialzo dei prezzi dei vini spumanti-frizzanti, superiore alla crescita media del settore (+22,7%), grazie all’incremento del +26,7% ottenuto dai vini Charmat.
Ma è tutta la produzione agricola ad essere sotto pressione, e gli effetti si vedono sui prezzi alimentari al consumo, mentre i produttori di materia prima vedono margini sempre più ridotti. Secondo la Coldiretti, per esempio, solo per il latte, tre litri vengono pagati alla stalla poche decine di centesimi a fronte di costi di produzione saliti negli ultimi mesi del 70% per l’energia e del 40% per i mangimi. In queste condizioni, che riguardano allevamenti e colture, quasi un agricoltore su tre è già costretto a ridurre la produzione di cibo, con rischi per le forniture alimentari del made in Italy. Sono molti i fattori che incidono sull’incremento dei prezzi dovuto all’energia. Per esempio, della filiera fanno parte gli imballaggi, le plastiche e i metalli per i barattoli, la carta per le etichette, le confezioni e le bottiglie per olio, succhi e passate. Per non parlare del riscaldamento che serve per le serre, o del gas dai cui dipende anche la produzione di fertilizzanti, con il fosfato biammonico passato in un anno da 350 a 700 euro la tonnellata, e il rincaro del 60% di concimi a base di azoto, potassio e fosforo.
“La situazione insostenibile espone le imprese del comparto agroalimentare al rischio paralisi”, denunciano Federalimentare e l’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. I produttori puntano il dito contro le speculazioni degli intermediari e la gdo, che sta opponendo resistenza alle richieste dei produttori per evitare rincari al dettaglio. Ma per i consumatori gli aumenti dei beni alimentari sono già percepiti, come certifica l’Istat nelle stime preliminari dell’indice nazionale dei prezzi al consumo a gennaio, passati in un mese dal + 2% al +2,4 per gli alimentari lavorati, e dal +3,6 al +5,4% per i non lavorati (con la peculiare eccezione del vino, però, il cui prezzo, come detto, aumenta alla produzione e all’ingrosso, ma non al dettaglio, dove i prezzi secondo i dati Istat analizzati da Coldiretti sono in calo del -1,2%).
Qualcosa, sul fronte dei provvedimenti di contrasto al caro-pressi, si è mosso nei giorni scorsi, ma non basta, come sottolineato dal presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Secondo cui, i 6 miliardi di aiuti diretti i bolletta previsti dal decreto licenziato venerdì dal Governo, è solo un inizio. “Si tratta di un primo segnale, ma che di sicuro da solo non è sufficiente a far fronte alla situazione” lo ha dichiarato il presidente Confagricoltura Massimiliano Giansanti, sottolineando come ci siano aumenti che vanno oltre il 200% in molti dei fattori di produzione, con un sistema agricolo è prossimo al collasso. “Molti produttori hanno smesso di produrre alcune cose per produrne altre che richiedono minor utilizzo di energia; altri stanno seriamente pensando di fermarsi”. A questo, precisa Giansanti, si aggiunge il fatto che le risorse che arrivano da Bruxelles per sostenere gli agricoltori sono diminuite del 15%.
Zootecnia, ortofrutta e florovivaismo sono i comparti che oggi più di altri stanno soffrendo. “Servono interventi significativi - ha rimarcato Giansanti, sottolineando anche il ruolo delle energie rinnovabili - bisogna andare incontro alle famiglie per consentire loro di affrontare il caro materie prime, ma serve anche una ridefinizione del costo del lavoro, per mettere in mano ai nostri collaboratori maggiori risorse economiche attraverso il cuneo fiscale”.
Intanto, però, i conti sono impietosi, come sottolineato da Confagricoltura Asti, secondo cui il gasolio, pur con l’accisa agevolata per il settore primario, negli ultimi 12 mesi, è aumentato del 40%, passando da 65 a oltre 90 centesimi al litro, mentre il costo dei fertilizzanti è salito di circa il 300%. Con un esempio pratico: per concimare un ettaro coltivato a mais, in un anno, si è passati da un costo stimato di 226 euro, a 655 euro di oggi, il 290% in più.
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