La prima preoccupazione, ovviamente, è per l’ennesima grande perdita di vite umane che si sta perpetrando in queste ore. Ma mentre la Russia avanza militarmente in Ucraina e le notizie si susseguono di ora in ora, e mentre dall’Italia e dal blocco Nato arriva la ferma condanna per quella che è considerata a tutti gli effetti un’invasione da parte di Putin, con sanzioni economiche ormai inevitabili e che saranno decise dai vertici Ue nelle prossime ore, a tremare sono le economie del mondo, e anche quella italiana, legata a doppio filo alla Russia, soprattutto sul fronte energetico. Con il Belpaese, però, che vede tanto nel Cremlino che in Kiev due partner di primaria importanza sul fronte agroalimentare. Mentre le borse mondiali, ovviamente, crollano, la tensione si fa sentire sulla crescita dei prezzi (già alti) del petrolio (il Brent europeo questa mattina era già a 103 dollari al barile, +7% sui valori di ieri, il Wti texano era a quota 98 dollari, a +6%), e soprattutto del gas: ad Amsterdam i future hanno toccato un rialzo massimo del 41%, a 125 euro al megawattora, per poi tornare a quota 113 (+27%). Un problema enorme, questo, per l’Italia, che come ricordato dal Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, il Belpaese acquista in Russia oltre il 40% del gas che importa. E con prezzi già alle stelle, le ricadute economiche saranno pesanti, su tutti i comparti. Poi, viene l’aspetto agricolo e agroalimentare. Secondo i dati Istat (sommando le voci di produttori dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca, e di prodotti alimentari, bevande e tabacco, ndr), l’Italia, nei primi 11 mesi 2021, ha esportato in Russia oltre 613 milioni di euro di prodotti agroalimentari, importandone per 229 milioni di euro. Guardando all’Ucraina, invece, l’export italiano verso il Paese si attesta sui 325 milioni di euro, mentre le importazioni sono sfiorano i 525 milioni di euro. In particolare, la preoccupazione è soprattutto sul fronte del grano, con di cui Russia e Ucraina sono i principali esportatori nel mondo, con l’Italia che, nel 2021, ne ha importate 100.000 tonnellate nel primo caso, e 120.000 nel secondo (fonte Ismea).
Ancora, da sottolineare che il Belpaese acquista dall’Ucraina soprattutto oli grezzi di girasole, mais e frumento tenero. Per il mais, l’Ucraina è il nostro secondo fornitore dopo l’Ungheria, con una quota di poco superiore al 20%, sia in volume che in valore. Una situazione, questa, che suscita qualche preoccupazione vista la consistente riduzione della produzione interna di mais (-30% negli ultimi 10 anni) e la ormai strutturale dipendenza dalle produzioni estere, con un tasso di auto approvvigionamento italiano pari al 53%, contro il 79% nel 2011.
E ovviamente, questo allarma in maniera fortissima la filiera agroalimentare italiana perché, come ricorda la Coldiretti, “sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina i prezzi del grano sono balzati del 5,7% in un solo giorno raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel, sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina”.
E l’aumento delle quotazioni delle materie prime - sottolinea la Coldiretti - ha interessato anche i prodotti base per l’alimentazione degli animali negli allevamenti come la soia che ha raggiunto il massimo dal 2012 e mais che è al massimo da 8 mesi. “L’ Ucraina - continua la Coldiretti - ha un ruolo importante anche sul fronte agricolo con la produzione di 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale (quinto posto nel mondo) e 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane (settimo posto al mondo) mentre la Russia è il principale Paese esportatore di grano a livello mondiale. A preoccupare i mercati è il fatto che le tensioni tra i due Paesi possano frenare le spedizioni dalla Russia e bloccare le spedizioni ucraine dai porti del Mar Nero con un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali con il rischio di inflazioni su beni di consumo primario, carestie e tensioni sociali.
Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano”. Inoltre, sottolinea ancora Coldiretti “lo tsunami del caro energia alimentato dall’invasione Russa in Ucraina con prezzi record per gas e petrolio travolge la coltivazione di piante e fiori made in Italy con 1 azienda florovivaistica su 3 (31,2%) che è costretta a ridurre le produzioni con l’esplosione dei costi delle bollette”. Per una serra di mille metri - evidenzia Coldiretti - la perdita netta è di 1.250 euro e chi non riesce e far fronte agli aumenti è costretto a chiudere o a riconvertire l’attività”. Senza contare il danno diretto, visto che per il florovivaismo italiano, ricorda la Coldiretti Pistoia, territorio di uno dei distretti del settore più importanti, il conflitto in corso mette a rischio un export verso le ex Repubbliche Sovietiche e, più in generale, verso l’Asia, che solo per le piante vive vale 13,5 milioni di euro.
Un ragionamento che, purtroppo, vale per la totalità del sistema produttivo agroalimentare italiano, come sottolinea la Confagricoltura. “Si è aperta una fase nuova piena di rischi che impone a tutti i rappresentanti dei settori produttivi e dei lavoratori di assicurare il massimo contributo alla coesione sociale. Dobbiamo prepararci ad affrontare una situazione di profonda instabilità. La risposta di Mosca alle sanzioni dell’Unione Europea può spingere ancora verso l’alto i prezzi del gas e del petrolio, come già stiamo registrando in queste ore. L’aumento del costo dell’energia, inoltre, impatta su tutti i mezzi di produzione e sui trasporti, ha detto il presidenteConfagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Non è da escludere un’ulteriore stretta, da parte di Mosca, delle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri dell’Unione, attestate a 7 miliardi di euro nel 2020. Rischiamo di non avere a disposizione le quantità necessarie di fertilizzanti per i prossimi raccolti. E il blocco dell’attività nel porto di Odessa potrebbe far collassare il mercato internazionale dei cereali. Le imprese agricole continueranno a fare il massimo sforzo per garantire la continuità dei cicli produttivi e il regolare svolgimento delle consegne - assicura il presidente Confagricoltura - alle istituzioni della Ue e al nostro Governo chiediamo, però, il varo di misure straordinarie di supporto adeguate alla gravità della situazione in atto. Ci aspettiamo una chiara indicazione già dall’odierna riunione straordinaria del Consiglio Europeo”.
“Nessuna impresa può reggere l’aumento dei costi già acquisito e l’ulteriore corsa verso l’alto che potrebbe scattare nelle prossime settimane, se non ripartiranno rapidamente le trattative diplomatiche per la soluzione della crisi”, evidenzia ancora Giansanti. Secondo gli ultimi dati, diffusi dalla Commissione Europea nella riunione del Consiglio Agricoltura (21 febbraio), i prezzi del gas naturale hanno fatto registrare un aumento del 379% sul livello in essere nell’ultimo trimestre del 2020. Dal lato dei fertilizzanti, il prezzo dell’urea è salito nello stesso periodo del 245%.
E poi, c’è anche il vino. Secondo i dati Istat, elaborati da Federvini, la Russia, decimo mercato vino italiano, ha visto un import di vini tricolore, nei primi 11 mesi 2021, a 152,3 milioni di euro, +20,7% sul 2020. E l’Ucraina, nello stesso periodo, ha registrato importazioni per 57,4 milioni di euro. Numeri importanti, tenuto conto che manca il dato di dicembre, che mediamente, per via delle festività di fine anno, vale quasi il doppio degli altri mesi. E la preoccupazione del comparto è alta, come spiega, a WineNews, Vittorio Cino, direttore generale Federvini: “sono mercati, in particolare la Russia, importanti, e cresciuti negli ultimi anni. A fine anno ci sarà stato un interscambio, in termini di export di vini italiani, di 250 milioni di euro, due terzi dalla Russia e un terzo in Ucraina. Mercati significativi, soprattutto per gli spumanti, che in Russia è uno dei prodotti di maggior successo”. A preoccupare, ovviamente, è il quadro economico che, nei due Paesi, ovviamente sarà complesso, ma anche le sanzioni da parte dell’Unione Europea che, come annunciato da tutti i leader dei Paesi Ue e dalla presidente della Commissione, Ursula Von Der Leyen, saranno durissime, e seguite, come sempre accaduto, negli ultimi anni, dalle contro sanzioni da parte di Putin. “Non entro nel merito delle motivazioni, ovviamente, ma che sanzioni e contro sanzioni ci saranno è praticamente certo. E di certo non favoriscono i Paesi che esportano, ed un settore dominato dall’export come quello del vino italiano. Ci aspettiamo ovviamente contraccolpi, e poi incideranno anche i costi di energia e trasporti, che riguarderanno tutti. Quindi ci sarà un doppio svantaggio, che colpirà soprattutto i settori a più alto tasso di importazione”. Ovvio che, in dinamiche così gigantesche, un singolo settore può fare ben poco.
“Difficile ancora fare stime precise sull’impatto di sanzioni e contro sanzioni, ma in Russia non sono una novità, solo a luglio 2021 ci sono state norme sull’etichettatura, per esempio, che hanno complicato non poco la vita dei prodotti vinicoli di importazione. Quello che già tocchiamo con mano è l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia, di cui Ucraina e soprattutto Russia, anche con i suoi “stati-satellite”, dal Kazakistan alla Bielorussia, sono un bacino importante per l’Italia. Come Confindustria (che è la “casa madre” di Federvini, ndr), già da tempo chiediamo al Governo misure compensative per i rincari, che erano già pesanti prima del conflitto. Oggi siamo ancora più preoccupati, ovviamente, e questa richiesta resta sul tappeto”.
E così, mentre tutto il mondo guarda con grande preoccupazione al conflitto tra Russia e Ucraina - che in molti si augurano possa presto ricomporsi, ma che in non pochi temono, invece, possa complicarsi ed estendersi - punta gli occhi verso Est anche il mondo del vino italiano, che se esporta tanto vino in Russia, ha visto, negli anni, anche tanti russi investire nel vino italiano, soprattutto in Piemonte ed in Toscana. Da Roustam Tariko, proprietario del gruppo Roust, che controlla la storica casa spumantiera piemontese Gancia dal 2011, a Spi-Group, il cui quartier generale è oggi in Lussemburgo ed è di proprietà di Yuri Shefler (russo di nascita, ma da anni cittadino britannico), che attraverso la controllata “Tenute del Mondo Group” (la stessa che di recente ha rilevato le quote di Chateaux Miraval di Angelina Jolie in Provenza, vendita alla quale si è opposto per vie giudiziarie il socio ed ex marito, Brad Pitt, ndr), è azionista (ampiamente in minoranza) delle “Tenute di Toscana”, la holding controllata al 73,6% dal gruppo Frescobaldi, sotto il cui cappello ricadono top brand del vino italiano come Masseto e Ornellaia a Bolgheri, e Luce della Vite e Castelgiocondo a Montalcino. Passando per i tanti investimenti di matrice russa in vigneti e tenute che vanno dalla Maremma Toscana all’Umbria, passando per la Franciacorta, fino al Chianti Classico (con realtà storiche come, tra le altre, la Tenuta dell’Aiola che fu del leader del Partito Liberale Italiano Giovanni Malagodi, o Riecine) solo per citarne alcune.
Mentre ha un cuore tutto italiano una delle più importanti cantine di Russia, la Usadba Divnomorskoye, sul Mar Nero, che, come raccontato, in questo video di qualche anno fa - ma che tra pandemia e guerra sembra di un’altra era - ha un’impostazione agronomica ed enologica tutta made in Italy, anche grazie alla consulenza (una delle tante in giro per il mondo, dalla Palestina al Giappone, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Romania, tra le altre) di uno degli enologi più famosi d’Italia e del mondo, Riccardo Cotarella (che è anche presidente italiano e mondiale degli enologi, ndr).
Sviluppi sul fronte diplomatico, sanzionatorio e, purtroppo, anche militare, arriveranno nelle prossime ore. Ma tutto il mondo, e anche il comparto agroalimentare italiano, guardano con attenzione ad una vicenda che, si spera, si chiuda quanto prima e con i minori danni possibili, soprattutto, ma non solo, in termini di perdite di vite umane.
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