Un vino italiano sorprendentemente in salute, visto il contesto economico e geopolitico generale, con il valore delle “certificazioni”, che siano legate alle denominazione, al biologico o alla sostenibilità, che sono sempre più importanti. È la fotografia che emerge dall’“Annual Report” 2022 di Valoritalia, il più importante ente di certificazione del vino italiano, oggi, a Roma. Da cui emerge che “nonostante gli anni difficili, con previsioni talvolta catastrofiche, le vendite crescono in doppia cifra in volume (+12%) e non soltanto grazie alle impennate delle vendite online. Un bilancio per molti versi sorprendente - ha sottolineato Francesco Liantonio, presidente Valoritalia - se si tiene conto di quanto è accaduto nell’ultimo triennio. Le nostre denominazioni di origine hanno ottenuto una performance straordinaria, registrando una crescita record, frutto della capacità mostrata dalle nostre imprese di cogliere ogni opportunità, coprire ogni spazio, gestire al meglio il proprio potenziale, ottimizzare risorse e relazioni”. Risultati che infondono ottimismo, non solo tra i player del settore. A fare da locomotiva rimane il NordEst, con il Pinot Grigio delle Venezie e il cosiddetto “Sistema Prosecco” (che comprende la Doc Prosecco e le Docg del Conegliano-Valdobbiadene e dell’Asolo), con una crescita complessiva che, nel biennio 2020-2021, ha toccato il 22,7%, per un totale di poco inferiore al miliardo di bottiglie. Ma, di tutto rilievo, anche le impennate di altre prestigiose denominazioni, come Brunello di Montalcino (+40%), Barolo (+27%), Gavi (+23%), Franciacorta (+12%), Chianti Classico (+11%), Nobile di Montepulciano (+10%).
“Sono veramente moltissimi e interessanti i dati che emergono dal nostro Annual Report - ha commentato il dg Valoritalia, Giuseppe Liberatore - una mole di informazioni prodotta da uno staff di 231 collaboratori e 1.250 consulenti qualificati, distribuiti praticamente su tutto il territorio nazionale. Una squadra compatta, che quotidianamente passa al setaccio 47 Docg, 134 Doc, 37 Igt e gestisce 5.000 tipologie di vino. Oggi certifichiamo quasi 20 milioni di ettolitri, equivalenti al 56% della produzione nazionale di tutte le Do, per un totale di quasi 2,1 miliardi di bottiglie (per un valore che sfiora i 10 miliardi di euro, ndr). Nel nostro sistema vengono gestiti i movimenti di 95.000 operatori che rappresentano buona parte dell’intero comparto vitivinicolo. Una macchina organizzativa estremamente sofisticata, unica nel suo genere, che costituisce una sorta di benchmark a livello mondiale”.
Un lavoro capillare per la realizzazione di un volume che in questa edizione si arricchisce di un nuovo contenuto. Per la prima volta, infatti, vengono resi disponibili i profili chimico-analitici di 56 tra Doc e Docg. Un approfondimento che ha generato 60 tabelle la cui base è costituita da 176.000 analisi, realizzate tra gennaio 2017 e marzo 2022 da una rete di laboratori accreditati. Un preziosissimo strumento in grado di fornire informazioni sui principali indicatori che caratterizzano le differenti annate di ogni denominazione, come il grado alcolico medio, l’acidità e l’estratto secco. Tuttavia, l’obiettivo futuro di Valoritalia è rendere progressivamente fruibile a imprenditori, ricercatori e specialisti, in primo luogo enologi, un data base completo e sistematico del profilo analitico di tutte le denominazioni certificate, comprensivo delle differenti tipologie. Uno strumento che contribuirà a definire le specificità di ogni vino e attribuire con precisione i caratteri dell’annata.
L’indagine Nomisma ha, infine, riservato un interessante spazio al confronto tra consumatori italiani e tedeschi. Una scelta non casuale, tenendo conto del fatto che quello teutonico rimane, dopo quello statunitense, il principale mercato di riferimento per i nostri vini, con un valore dell’export che, nel 2021, ha raggiunto gli 1,1 miliardi di euro. In Germania le nostre etichette battono quelle francesi nella frequenza di consumo (il 64% dei tedeschi ha bevuto almeno un vino italiano negli ultimi 12 mesi), mentre ci piazziamo alle spalle dei cugini d’Oltralpe nel challenge sulla percezione della qualità. Dall’indagine emerge anche che, in entrambi i Paesi, ad indirizzare le scelte dei consumatori sono elementi come la notorietà del brand, il marchio biologico e la certificazione della sostenibilità, con una spiccata sensibilità nei confronti di metodi di produzione rispettosi delle risorse ambientali, origine e tracciabilità della filiera. Infine non mancano, in Germania come in Italia, i consumatori più sensibili, che puntano i riflettori sulla responsabilità sociale ed economica dell’azienda. Un messaggio che il mondo produttivo italiano sembra aver colto e che determina da tempo le strategie delle imprese, sia in termini di produzione che di comunicazione e marketing. E il futuro, almeno secondo il 75% delle 141 imprese intervistate da Nomisma, appartiene ai vini sostenibili e biologici. Una percentuale ancora minoritaria, ma comunque in crescita rispetto agli anni precedenti, punta poi su vini a basso contenuto alcolico, vegani o addirittura senza alcol.
“L’indagine, condotta su un campione di 1.000 consumatori italiani e altrettanti tedeschi, evidenzia diverse similitudini - ha spiegato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare Wine Monitor Nomisma - ma anche approcci decisamente differenti: per esempio, nel consumo casalingo entrambi guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand. Ma quando si esce di casa e si consuma in un ristorante o in un winebar, le cose cambiano. Per gli italiani sono poche le differenze rispetto al consumo indoor, mentre il consumatore tedesco preferisce lasciarsi guidare dal titolare o dal personale di sala. Gli italiani puntano molto sull’indicazione geografica, i tedeschi maggiormente sul vitigno”.
Focus - La ricerca di Nomisma Wine Monitor per Valoritalia
L’edizione 2022 dell’Osservatorio Nomisma Wine Monitor - Valoritalia dedicato ad analizzare il valore delle certificazioni nel percepito di produttori e consumatori di vino si è posto il duplice obiettivo di monitorare l’evoluzione di tale valore percepito nel terzo anno di pandemia, e confrontare il posizionamento dei vini Dop/Igp, Bio e Sostenibili certificati tra i consumatori italiani e quelli tedeschi.
Come per le edizioni passate, tali obiettivi di valutazione sono stati raggiunti attraverso indagini dirette che, nella fattispecie, hanno riguardato: 141 imprese vitivinicole italiane (ripartite per il 56% al Nord, 27% al Centro e 17% al Sud in maniera analoga all’indagine 2021 così come in merito alla dimensione per fatturato); 1.000 consumatori italiani di vino di età compresa tra 18 e 65 anni; 1.000 consumatori tedeschi di vino, sempre compresi tra 18 e 65 anni di età. Tutte e tre le indagini sono state realizzate nel bimestre febbraio-marzo 2022.
Anche nel 2022 si confermano - accanto al prezzo - notorietà del brand aziendale, marchio biologico e di sostenibilità i fattori che con la pandemia sono divenuti più importanti per decretare il successo di un vino sui mercati (rispetto al 2019, sia a livello nazionale che estero). Rispetto all’anno precedente, è aumentato il numero delle imprese che ritiene i marchi bio, sostenibili e Dop/Igp più importanti per la competitività dei propri vini.
Il 44% delle imprese intervistate vede negli aspetti legati alla produzione quelli di maggior importanza per una certificazione di sostenibilità, al cui interno figurano prioritariamente quei metodi che prestano attenzione alle risorse ambientali. Un altro 29% attribuisce maggior rilevanza all’origine e alla filiera, in particolare in termini di tracciabilità. Il rimanente 27% invece ritiene che un’azienda per essere certificata sostenibile deve essere responsabile dal punto di vista sociale ed economico, ad esempio facendo parte di una filiera dove viene garantita la giusta remunerazione a tutti gli attori. Rispetto alla precedente indagine 2021, aumenta il numero delle imprese che ritiene la tracciabilità della filiera e gli impatti socio-economici positivi per la stessa come i due fattori più importanti per essere certificati “sostenibili”.
In merito alle tendenze di mercato future, la gran parte dei produttori (oltre i ¾ degli intervistati) confermano i vini sostenibili e biologici come quelli che nei prossimi due anni dovrebbero attirare maggiormente l’attenzione e le preferenze dei consumatori. Rispetto al 2021, aumentano le imprese che segnalano vini a basso contenuto alcoolico, vegani, in lattina e senza alcool (sebbene raccolgano percentuali molto più basse di produttori, comprese tra il 15% e il 38%) in qualità di tipologie che potrebbero aver un successo di mercato crescente.
Nel complesso, il 2022 dovrebbe riservare ancora soddisfazioni di mercato alle imprese che producono vini Bio, Dop/Igp e sostenibili, dato che la maggior parte dei produttori vede un aumento delle vendite per queste tipologie, sia sul mercato nazionale ma soprattutto estero (il 30% delle imprese prevede per l’anno in corso un aumento delle vendite superiore al 10% rispetto al 2019 per i vini Bio al di fuori dei confini nazionali, lo stesso nel caso dei vini Dop/Igp per il 27% dei produttori).
Il focus sui consumatori, quest’anno, ha riguardato un confronto Italia-Germania. Questo perché la Germania, con oltre 1,1 miliardi di euro, rappresenta il secondo acquirente mondiale di vini italiani dopo gli Stati Uniti (dato al 2021). Rispetto al 2017, le importazioni in Germania di vino del Bel Paese sono aumentate a valore del 23%, con variazioni più alte sia per la categoria dei vini fermi e frizzanti imbottigliati (+31%) che per gli spumanti (+29%). Si è invece ridotta la quota dei vini sfusi, il cui valore è diminuito del 15%.
L’apprezzamento dei vini italiani tra la popolazione della Germania ha trovato conferma nei dati dell’indagine dove è emerso come il 64% dei consumatori tedeschi abbia bevuto i nostri vini nell’ultimo anno. Seguono a ruota i vini francesi (consumati dal 60% dei tedeschi) che però, dal lato delle percezione qualitativa, ci distaccano sensibilmente: per il 43% dei consumatori tedeschi, la Francia si configura infatti come il paese con i vini di maggiore qualità. L’Italia figura al secondo posto, con il 27% delle preferenze.
Una prima base di confronto ha riguardato i criteri di acquisto e consumo fuori-casa dei vini da parte dei consumatori. Sia gli italiani che i tedeschi, quando acquistano vino per il consumo tra le mura domestiche, guardano principalmente all’origine territoriale e alla notorietà del brand, poi a seguire al prezzo conveniente. L’indicazione geografica assume maggior importanza per gli italiani, mentre il packaging è un fattore più rilevante per i tedeschi.
Nel caso dei consumi fuori-casa (al ristorante o wine bar), gli italiani scelgono nuovamente in base a brand aziendale e origine territoriale, mentre nel caso dei tedeschi diventa fondamentale il consiglio del titolare o del personale di sala (sommelier, cameriere, barman). Anche in questo caso l’indicazione geografica è più importante per gli italiani rispetto ai tedeschi; per questi ultimi, più della Dop o Igp, risulta importante il vitigno.
Passando al percepito sul valore delle certificazioni, la gran parte dei consumatori italiani e tedeschi ritengono che la superiorità di un vino Dop e Igp rispetto ad uno generico si esprime nella qualità dello stesso vino, nella sicurezza e nei controlli sottostanti nonché nella garanzia di tracciabilità collegata. Le principali differenze insistono nelle percentuali dei consumatori che ritengono tali superiorità insite nella certificazione Dop/Igp: per gli italiani oltre l’80%, per i tedeschi tra il 40% e il 65% dei consumatori.
Per quanto riguarda invece i vini biologici certificati, prezzo, rispetto per l’ambiente e sicurezza/controlli sono i tre fattori ritenuti superiori rispetto ad un vino convenzionale, con percentuali di consenso analoghe tra italiani e tedeschi. Emerge invece una differenza per la salubrità, ritenuta superiore nei vini bio rispetto ai convenzionali per il 65% dei consumatori italiani contro il 47% dei tedeschi, così come nelle caratteristiche organolettiche (51% degli italiani, 30% dei tedeschi).
Infine, anche in merito ai vini sostenibili certificati, le principali differenze nella percezione sui fattori di superiorità rispetto ai vini convenzionali emergono per salubrità e caratteristiche organolettiche (nel senso che di questa superiorità percepita sono più convinti gli italiani dei tedeschi). E sempre restando in tema di vini sostenibili, sui fattori percepiti in grado di garantire un valore aggiunto al consumatore, italiani e tedeschi risultano concordi nel ritenere prioritario il minor utilizzo di agrofarmaci e fertilizzanti. In una sorta di “confronto diretto” sugli altri fattori, i consumatori italiani - rispetto ai tedeschi - sono maggiormente sensibili al rispetto della biodiversità garantita dai vini sostenibili, al minor utilizzo di energia e di produzione di gas serra nonché allo sviluppo economico e sociale dell’azienda. Al contrario, i tedeschi sono più attenti alla sostenibilità se certificata da un ente terzo, se garantisce un risparmio idrico, se rispetta il patrimonio culturale e paesaggistico e se il vino presenta un packaging eco-sostenibile. Il tema del packaging eco-sostenibile nel vino viene ulteriormente richiamato dai consumatori tedeschi in merito a certificazioni più oggettive e riconoscibili per i quali si ritiene ci sia un interesse di mercato, così come per i vini “naturali” che sembra attirare l’attenzione per circa il 30% dei consumatori sia italiani che tedeschi. In conclusione, le indagini hanno messo in evidenza uno spazio di crescita ancora ampio e da sfruttare per i vini biologici e sostenibili. Un potenziale derivante dal confronto tra la notorietà di queste tipologie e l’effettivo acquisto da parte dei consumatori di vini certificati tali. Infatti, se è vero che il vino biologico è conosciuto dal 73% dei consumatori tedeschi e dall’87% di quelli italiani, è altrettanto vero che gli stessi vini certificati sono acquistati dal 22% dei tedeschi e dal 35% dei consumatori italiani. Ancora più ampio il potenziale di mercato per i vini sostenibili: conosciuti dal 64% degli italiani, vengono acquistati con le diverse certificazioni (come Equalitas o Viva) dall’8% degli stessi; nel caso dei tedeschi, il differenziale risulta ancora più ampio: 72% li conosce, solo il 4% li acquista.
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