“L’assunzione moderata di vino nell’età adulta e per lo più ai pasti nello stile della Dieta Mediterranea (2 bicchieri al giorno per uomini e 1 per le donne) favorisce la longevità, riduce il rischio delle malattie cardiovascolari, di diabete e disturbi cognitivi, e non influenza in maniera significativa il rischio di sviluppare un cancro, eccetto per le donne con storia personale o familiare di cancro alla mammella. Il vino non è un farmaco: è indubbio che gli astemi non devono iniziare a bere alcolici per ridurre il loro rischio di malattie. Non esiste medico che possa suggerire una cosa simile. Ma l’evidenza epidemiologica indica che non c’è motivo di suggerire a coloro che bevono vino con moderazione di smettere di farlo”. È ritrovabile nelle parole di Attilio Giacosa, gastroenterologo del Policlinico di Monza e per 20 anni all’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, il messaggio di sintesi del convegno “Bere mediterraneo. Gli Effetti sulla salute di un consumo moderato del vino”, andato in scena oggi a Palazzo Giustiniani a Roma, su iniziativa del vicepresidente del Senato della Repubblica (ed ex Ministro delle Politiche Agricole) Gian Marco Centinaio, dove tra le parole di medici, ricercatori, rappresentanze della filiera come Lamberto Frescobaldi, alla guida di Unione Italiana Vini (Uiv), e politica, con, tra gli altri, il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, è stato presentato il neonato “Istituto per la Ricerca su Vino Alimentazione e Salute”, che sarà guidato dal dottor Luigi Tonino Marsella. E, anche attraverso la presentazione di “Moderate Wine Consumption & Health: A Narrative Review”, uno studio pubblicato a fine 2022 e firmato da ricercatori di diverse discipline ed Università come Silvana Hrelia e Marco Malaguti (Università Alma Mater Studiorum di Bologna), Laura Di Renzo (Tor Vergata di Roma), Luigi Bavaresco (Università Cattolica del Sacro Cuore), Elisabetta Bernardi (Università degli Studi di Bari Aldo Moro) e Attilio Giacosa (Policlinico di Monza), si è tornati ad accendere i riflettori su un tema caldissimo. Ovvero quello del rapporto tra consumo di alcol, vino e salute, e su come normarlo, tutelando la salute ma anche un settore produttivo fondamentale per l’Italia a livello non solo economico, ma anche culturale, storico, ambientale e paesaggistico, informando correttamente i consumatori. Come, secondo non solo la filiera del vino e degli spirits italiana, ma anche secondo buona parte della medicina e tutti gli schieramenti politici più importanti d’Italia, di Governo e di opposizione, non farebbe invece l’Irlanda, decisa ad andare avanti con i suoi “health warning” in etichetta, avallati dalla Commissione Ue, ed ora portati in Wto, dove sarà battaglia. Perchè la questione, oltre che legata al tema della salute, secondo Centinaio e Lollobrigida, tra gli altri, è una questione economica e ancor di più culturale, tra visioni diverse del mondo, e dell’alimentazione, di cui il vino in primis, e gli alcolici tutti, in questo momento, diventano il simbolo.
“Il Paese schierato e unito in quello che stiamo portando avanti, per la valorizzazione del nostro made in Italy, che punta sulla qualità. Se la nostra filiera è stata tra le poche ad avere numeri positivi anche in questi anni difficili, è perchè il made in Italy è amato nel mondo. Ma c’è chi ci ostacola - ha detto il vicepresidente del Senato della Repubblica, Gian Marco Centinaio, Centinaio - con barriere o tariffarie o sanitarie. C’è chi vuole bloccare un tipo di cultura. Il nostro è un agroalimentare legato territorio. Se ci sono turisti che vanno a Barolo o nel mio amato Oltrepò, esempi tra i tanti possibili, lo fanno non solo perchè quei posti sono belli, ma perchè hanno vini famosi nel mondo che conoscono questi luoghi grazie ai loro vini che vanno nel mondo. Se gli agricoltori di Conegliano Valdobbiadene non avessero fatto quel capolavoro che sono le loro vigne, il territorio non sarebbe territorio dell’Umanità. Per questo il Paese e la politica deve essere in prima fila per difendere eccellenze, produttori e anche consumatori. Dobbiamo andare in Europa a difendere il “made in”, con gli amici di Spagna, Francia, Germania, e tutti quei Paesi che hanno qualcosa da difendere. I francesi non sono solo competitor, ma colleghi con cui fare un lavoro insieme. L’Italia è il Paese dei mille campanili, ma quando c’è da difendersi ci si mette tutti insieme. Quando in Parlamento arriva un provvedimento a tutela del made in Italy c’è sempre unanimità, non ci sono partiti che litigano. Dobbiamo parlare di questi temi più possibile, con tutti, niente è scontato: altrimenti ci troveremo che chi gestisce i capitali, i soldi, insegnerà ai nostri figli che la carne sintetica è meglio di quella normale, che c’è una brava azienda in Danimarca che fa il latte sintetico senza sfruttare le povere mucche, che gli insetti sono meglio della Dieta Mediterranea e così via. E questo non lo vogliamo”.
“Quello legato al vino, oggi, è un tema centrale anche nello sviluppo dei rapporti in Europa, che intendiamo rafforzare - ha aggiunto il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida - nell’interesse di ogni singola Nazione, a partire ovviamente dalla nostra. Noi difendiamo uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy che è il vino, nell’interesse non solo delle imprese, ma anche del benessere dei cittadini del mondo, che passa da salute, ambiente, ma anche economia. Nella vicenda del vino si innesta una polemica politica, che va inserita in uno scontro tra modelli, uno che basa la sua evoluzione sul concetto di “qualità”, come nel sistema italiano, ma non solo, fatto di tipicità, rapporto con il territorio, trasformazione di eccellenza. Dall’altra parte, c’è una logica diversa, di mercato, in cui si tenta di abbattere i costi di produzione e distribuzione, con ricadute da tanti punti di vista, e usati in maniera distorta. Abbattere i costi non si può fare investendo su piccole imprese e tipicità, e su produzioni che sono più costose perchè più piccole, perchè si difendono diritti di lavoratori, perchè puntano su qualità e rispetto dell’ambiente. Per farlo si deve delocalizzare, per esempio, e questo noi non lo possiamo e vogliamo fare. L’Italia è fatta di tante diversità, ma c’è chi vuole la standardizzazione dei prodotti, che costa meno produrre e distribuire. Con un accentramento del valore aggiunto in mani di pochi, ed una spaccatura sociale, con i ricchi che mangeranno comunque prodotti di alta qualità, ed i poveri che mangeranno prodotti di scarsa qualità, standardizzati, iper trasformati. Non so se è il futuro, ma, per alcuni Paesi, è anche il presente, si può constatare anche in città come Los Angeles: basta comparare la salute e i livelli di obesità tra chi vive a Beverly Hills, e chi sta nel ghetto fuori dal centro. È un rischio che corriamo - ha detto Lollobrigida - e noi dobbiamo difendere un modello. A partire dal vino: l’iniziativa dell’Irlanda è in palese violazione dei trattati europei, per altro. Il vino non è alcol, è “anche” alcol, e da qui si deve partire. Ne ho parlato con il Ministro della Salute, Schillaci, per capire con serenità quale approccio avere a sostegno di produzione e con approccio della scienza. Perchè, per esempio, l’Irlanda non combatte l’alcolismo, che è un problema, spiegando la cultura del bere consapevole, e dicendo che concentrare il bere eccessivo nel weekend è quello che fa male? Perchè io credo che il vero obiettivo sia la chiusura di alcuni mercati che vedono nel vino “un invasore”, che, con la qualità, può sostituire produzioni locali che non sono eccellenti come il vino. Per me è un processo economico mascherato da intervento sanitario. Come sapete, nei giorni scorsi, ho incontrato il collega irlandese all’Agricoltura, ha cui ho donato una bottiglia di vino, che ha accettato volentieri, e ho proposto una mediazione - ha detto ancora tra il serio ed il faceto Lollobrigida - ovvero che se proprio vogliono mettere un’etichetta sulle bottiglie la mettano pure, ma scrivendo che “il vino nuoce gravemente alla salute di chi non lo beve”.
Una boutade, ovviamente, rilanciata, a suo modo, anche dal presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: “mi sono molto divertito, oggi, e non succede spesso ai convegni. Sono emerse cose interessanti. C’è una coesione politica molto forte su questo tema, ed è una cosa straordinaria, quando il mondo politico si lega ad un argomento così delicato. Perchè c’è ancora da lavorare su cosa è il vino, su cosa sono le bevande alcoliche, servono indicazioni ancora più puntuali, per tutti. 66 anni fa, il 25 marzo, proprio qui a Roma, ci fu il trattato che istituì la Comunità Economica Europea, una cosa straordinaria, dopo due spaventose guerre, quando i nostri padri capirono che si doveva fare squadra e permettere alle merci di passare da un Paese all’altro senza difficoltà, e questo ha portato ricchezza, non solo economica. La metanalisi, presentata oggi, dimostra come non debbano esistere verità indiscusse di stampo Tolemaico su un tema delicato come quello relativo al vino e salute. La scienza è un metodo per trovare risposte, non dogmi. Come Unione Italiana Vini (Uiv) - ha proseguito Frescobaldi - accogliamo, con entusiasmo, la nascita di un istituto indipendente come quello annunciato oggi, in grado di stimolare la ricerca e il confronto sui temi così importanti”. Per il presidente dell’Unione Italiana Vini (Uiv), che rappresenta oltre l’85% dell’export vitivinicolo italiano, “oggi il vino è anche economia: con 310.000 imprese, 67.000 ettari vitati, 1,2 milioni di addetti è in grado di generare un fatturato diretto di 15 miliardi di euro. Il vino realizza il 75% del valore delle esportazioni tutte le bevande alcoliche italiane e ha una bilancia commerciale in attivo di 7,5 miliardi di euro l’anno, che incide per oltre il 40% del saldo import-export di tutto l’agroalimentare italiano. A questi numeri si aggiunge il beneficio esponenziale in termini di indotto turistico, di personale specializzato, di sostegno socioeconomico in favore di aree rurali svantaggiate, di valorizzazione del bene fondiario e del brand Italia, numeri che presenteremo presto a Vinitaly 2023”. Un asset che, ha concluso Frescobaldi, è strategico non solo in termini di Prodotto Interno Lordo (Pil): “prima di tutto, il vino è un fattore identitario del nostro Paese. E questo è un valore inestimabile. Se lo dovessimo perdere, penso che rinunceremmo ad una parte di noi stessi, ad una componente fedele della nostra storia e del nostro futuro”. Un futuro a cui il vino pensa da tempo, anche in questo senso, come ha ricordato Sandro Sartor, in veste di presidente “Wine in Moderation”, “un programma internazionale per la promozione del consumo moderato del vino, nato a Bruxelles nel 2008, proprio su iniziativa del mondo del vino, che ha capito, da molto tempo, che la differenza tra consumo e abuso è fondamentale da spiegare, ed è bene riaffermarlo oggi. Ed è bene che il mondo del vino possa educare le persone al consumo moderato, c’è consapevolezza ed è importante che il settore faccia la sua parte”.
E la sua parte la fa anche la scienza, nello studiare sempre più approfonditamente il vino, ed i suoi effetti, come ha spiegato Silvana Hrelia, biochimica e professoressa del Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dell’Università di Bologna. “Il vino è una “matrice complessa”, fatta di tantissimi elementi, che si trovano anche in piccole concentrazioni, come il celeberrimo resveratrolo, e o come la viniferina, scoperta più di recente e che ha effetti antiossidanti ancora più forti. Questi componenti, anche in piccolissime quantità, non hanno chissà quali effetti protettivi diretti, ma, in sinergia, semplificando, stimolano l’organismo a trovare risposte endemiche positive su molti fronti, a partire da quello delle malattie cardiovascolari. In più, quando si parla di cancro, va ricordando che l’elemento cancerogeno non è l’etanolo in sé, ma l’acetaldeide, che, come tutte le aldeidi, che non si formano solo dall’alcol. E la Dieta Mediterranea, se si abbina ad un consumo moderato di alcolici, e soprattutto di vino, ne riduce moltissimo la possibile tossicità. Il vino, insomma, è uno strumento che suona all’interno di una grande orchestra, la Dieta Mediterranea, che contribuisce ad ottenere una sinfonia ottimale per la salute”.
Ad entrare più nel dettaglio, ancora, è stato Attilio Giacosa (Policlinico di Modena): “io sono medico gastroenterologo, ho dedicato la mia vita professionale al rapporto tra alimentazione e salute. Oggi, dopo tanti studi, possiamo dire che bere vino in maniera moderata in età adulta porta senza dubbio benefici contro malattie cognitive, malattie metaboliche, mortalità per patologie cardiovascolari e cosi via. Partendo da queste ultime, per esempio, è dimostrato che chi beve soprattutto vino rosso, con moderazione, ha una riduzione del 26% del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari rispetto a chi è astemio, e del 51% di morire di malattia cardiovascolare. E vale per esempio anche per il diabete. Guardando alle malattie degenerative neurologiche, se sono fuori dubbio gli effetti nefasti degli eccessi - ha detto Giacosa - i dati dimostrano che chi beve abitualmente vino ha meno rischio di sviluppare demenza e depressione, e più possibilità di rallentare il declino cognitivo. E chi già lo subisce, se mantiene una piccola quota di vino nella dieta, può rallentarne la progressione”. Poi, ha detto Giacosa, c’è la questione del cancro (che è al centro anche degli “healt warning” proposti dall’Irlanda, ndr). “Vi è assoluto consenso scientifico sul ruolo dell’alcol nell’indurre un aumento, correlato alla dose, del rischio di vari tumori a capo e collo, esofago, fegato, mammella, colon e retto. Il codice europeo contro il cancro dice: non bere alcolici è preferibile per la prevenzione oncologica - che non vuol dire evitare di sicuro l’insorgenza di tumori - e che se si beve alcolici è necessario limitarne la quantità. Non sono concetti in contrasto. Inoltre, va sottolineato che la Dieta Mediterranea, che include un consumo moderato ed abituale di vino durante la vita adulta e preferibilmente ai pasti si associa ad una riduzione del rischio oncologico”. E poi c’è un dato fondamentale, ha ricordato ancora Giacosa, quello sulla mortalità: “per tutte le patologie di cui abbiamo parlato, emerge che se bevo poco vino il dato migliora, mentre se eccedo le cose peggiorano esponenzialmente. L’effetto protettivo massimo si evidenzia con l’assunzione di 20 grammi al giorno di alcol, ed il vino è la bevanda migliore. Il Copenhagen Centre of Prospective Population Studies ha dimostrato che l’effetto positivo del vino sulla mortalità è superiore rispetto all’alcol da solo. Inoltre, emerge che l’aderenza marcata al modo moderato di bere Mediterraneo si associa ad una diminuzione della mortalità dovuta a malattie pari al 45%, rispetto al 31% osservato quando si considera il solo consumo moderato di alcol”. Tanti dati e testimonianze, dunque, per ribadire ancora una volta, che la misura ed il buon senso, in fondo, sono quello che serve.
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