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Urbani, sociali, conviviali, collettivi o terapeutici: Slow Food Italia lancia gli “Orti di comunità

Si tratta di appezzamenti che i cittadini, riuniti in gruppi, possono coltivare in contesti detentivi, strutture ospedaliere, scuole e biblioteche

Un progetto di educazione alimentare nel rispetto della tutela delle risorse e a difesa della biodiversità. Slow Food Italia lancia gli “Orti di comunità”, appezzamenti dove i cittadini, riuniti in gruppi locali, possono coltivare erbaggi e verdure. La proposta riprende una delle storiche iniziative della Chiocciola, che 20 anni fa, per prima, la promosse nelle scuole e che oggi vede impegnati più di 400 istituti in tutta la penisola. Da adesso, chiunque vi può partecipare, non solo i giovanissimi: bisogna però essere almeno dieci soci di Slow Food e avere a disposizione un terreno, sia pubblico che privato. Gli “Orti di comunità” possono essere di diverso tipo: urbani, sociali, conviviali, collettivi o terapeutici. Possono trovarsi all’interno di contesti detentivi, ma anche di strutture ospedaliere, scuole, biblioteche. Quello che non si deve perdere di vista però è la mission: “gestire un orto è il modo più semplice, poetico e concreto per comprendere il significato del termine biodiversità - sottolinea Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia - occorre costruire un corretto rapporto col cibo che ci nutre e col vivente tutto, capire la fondamentale importanza di preservare le risorse necessarie e comuni: suolo fertile e risorsa idrica in primis”. Sostenuto da UniCredit, il progetto ha l’obiettivo di riunire chi nell’orto vede un’occasione di svago e di scoperta, una pratica collettiva di crescita verso azioni sostenibili in campo, a tavola e più in generale nella quotidianità.
Negli appezzamenti che fanno parte della sua rete, l’associazione della Chiocciola esorta a coltivare varietà autoctone, a utilizzare semi non ibridi e ad autoprodurli. E, poi, a praticare la rotazione delle colture, rispettare le erbe spontanee e valorizzare le pratiche orticole agroecologiche come il compostaggio e il sovescio. Più in generale, l’esortazione è anche quella di cogliere le opportunità offerte dall’orto per seguire una dieta varia e sana, organizzare momenti di riflessione sul sistema agroalimentare per diventare cittadini più consapevoli e attivi.
Per entrare a far parte della rete è sufficiente avere a disposizione un orto, essere almeno dieci soci Slow Food (qui tutte le informazioni su come diventarlo) e aderire alla “Carta dei princìpi”. Già adesso è possibile inviare la propria candidatura. Unendosi alla rete, si avrà accesso a diversi momenti di formazione: alcuni dedicati agli aspetti agronomici, con consigli e approfondimenti sulle pratiche di coltivazione, altri dedicati a un tema che cambia annualmente. Non solo: a disposizione dei soci che aderiscono ci sarà uno sportello a cui rivolgere eventuali domande sulla gestione dell’orto. L’11 novembre di ogni anno, infine, si potrà partecipare alla “Festa degli orti Slow Food”, ricevendo il kit e il materiale per unirsi alle attività messe a punto dall’Ufficio Educazione di Slow Food Italia.

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