Il Consorzio del Chianti Classico, il più antico d’Italia, ha celebrato il suo centenario, ripercorrendo, come abbiamo raccontato su WineNews, il proprio glorioso passato e, allo stesso tempo, guardando al futuro aprendosi al confronto e indicando la strada da seguire: quella della sostenibilità: Un indirizzo messo nero su bianco da un apposito “Manifesto di Sostenibilità del Chianti Classico”, un progetto che, in estrema sintesi, si fonda sulla riduzione dell’impatto ambientale e sulla valorizzazione delle risorse sociali e culturali del territorio che di certo rappresentano un “unicum”. E che declina la sostenibilità in tre filoni, quella ambientale in primis, ma anche sociale e culturale, un “fil rouge” da seguire per le realtà della denominazione.
Ad illustrare ed approfondire il “Manifesto”, dal Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio a Firenze, dove il Chianti Classico è raffigurato, con il suo simbolo, il Gallo Nero, dal grande pittore Giorgio Vasari nel soffitto tra le allegorie dei domini dei Medici, nei giorni scorsi, è stata la direttrice del Consorzio del Chianti Classico Carlotta Gori, dando il via, di fatto, ad una nuova era. Questo il suo intervento integrale in occasione dell’evento “Back to the Future”: “ci siamo chiesti nei mesi scorsi come potevamo festeggiare questo Centenario, questo straordinario traguardo. E la nostra idea è stata immediatamente quello di lanciare uno sguardo in avanti, provare anche noi da qui, oggi, a promuovere una visione, senza avere l’ardire di pareggiare la visione dei nostri padri fondatori, ma avendo almeno lo stesso metodo: progettare per il futuro proteggendo il territorio ed i suoi frutti. Il nostro sarà, però, un compito più semplice del loro, perché abbiamo una casa solida su cui continuare a costruire, e già tanti obbiettivi raggiunti. E uno, in particolare, la sostenibilità, da continuare a seguire, sulla strada di quanto già prodotto. Un tema importante che abbiamo atteso ad affrontare perché volevamo provare a dargli una caratterizzazione, un’identità tale da evidenziare ed esaltare le nostre particolarità ed i nostri specifici valori, volevamo dare alla nostra sostenibilità i nostri caratteri distintivi e per fare questo abbiamo dovuto studiare il nostro territorio, con tutto il tempo necessario. Ciò che infatti ci pare chiaro è che, sebbene il tema della sostenibilità sia nato come un movimento di pochi geniali imprenditori e di qualche teorico illuminato, con il passare del tempo è diventato un orientamento strategico delle imprese, a cui man mano si sono aggiunti accademici, legislatori, scuole, associazioni, metodologie, ognuno con i propri interessi e le proprie particolarità, con le proprie logiche e le proprie visioni. E allora, quando un Consorzio di viticoltori decide di affrontare il tema della sostenibilità, è necessario partire da quella che è la nostra attività principale: la vitivinicoltura”.
“La vitivinicoltura - sottolinea Carlotta Gori - è sostenibile quando in primis riduce il proprio impatto sull’ambiente naturale, rispettando il più possibile le risorse native e non rinnovabili: suolo, acqua, aria. Dobbiamo partire dall’ambiente che è, e deve essere, il nostro primo luogo di confronto. Se fino ad oggi l’espressione “agricoltore custode dell’ambiente” era, per così dire, romantica, oggi si eleva a definizione, è infatti entrata a far parte di una legge. Una legge che la cabala vuole unire al destino del Chianti Classico: è la n. 24 del 28 febbraio 2024 e si intitola “Disposizioni per il riconoscimento della figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio”. Vi si tratteggia il volto e l’agire del custode dell’ambiente e noi (voi) ci ritroviamo in tutto. E allora sì, lo ringraziamo il Legislatore che ci restituisce un quadro definito del nostro ruolo e delle nostre attitudini. Ma il rispetto del territorio e dell’ambiente è rispetto per le persone, “per le risorse umane”, siamo risorse native anche noi, siamo un frutto della natura. Si chiamano appunto risorse umane i nostri collaboratori, i consulenti, i cittadini delle comunità in cui operiamo. La sostenibilità sociale quindi come formula per far crescere le comunità. Nel contempo la vitivinicoltura è sostenibile quando riesce a garantire la continuità ed il successo imprenditoriale. Permetteteci di pensare che in assenza di sostenibilità economica saremmo in assenza di impresa. Infine, esiste un legame forte tra sostenibilità e qualità dei prodotti; qualità corrisponde a territorialità, più si rispetta la natura più i vini saranno in grado di esprimere il territorio di appartenenza”.
Ed eccoci, pertanto, ad un “Manifesto per la Sostenibilità del Chianti Classico con i tre perni che si chiamano ambiente, persone, cultura. “Un “Manifesto” che - continua la direttrice del Consorzio - siamo certi i nostri viticoltori, quei custodi dell’ambiente, accoglieranno e che renderanno vivo e attivo fino a farlo diventare un vero disciplinare certificato di sostenibilità del nostro territorio e delle sue produzioni. Gli obiettivi del nostro “Manifesto” sono semplici da enunciare e sono due: ridurre l’impatto ambientale tramite una gestione del territorio, delle superfici produttive e dei boschi che ne preservi le caratteristiche, le potenzialità, il paesaggio e la biodiversità. E allora la cura delle vigne, della permeabilità dei terreni, della ricchezza dei microrganismi nei suoli, la fertilità, le piante sane, il rispetto per la natura e per gli animali, la biodiversità come fonte di vita, la responsabilità ecologica e sociale, questi gli aspetti fondamentali su cui puntare e niente affatto scontati”. Il secondo obiettivo è “valorizzare la crescita e l’affermazione delle risorse sociali e culturali del territorio, culturali, ricordiamoci questa parola. Ma il nostro territorio e le aziende che da sempre lo animano, stanno da decenni dando un contributo fondamentale al raggiungimento di questi obbiettivi ed all’attuazione pratica di questa visione. Sono queste le solide basi su cui oggi possiamo costruire un progetto nuovo ed esclusivo. Qualche numero: 52% della superficie vitata è biologica e moltissime sono le aziende in conversione; 62% della superficie è boschiva e per l’80% si tratta di boschi permanenti. Le aziende ricadenti nel territorio di produzione del vino Chianti Classico sono prevalentemente di dimensioni piccole o medio piccole, fenomeno che dimostra la scarsa propensione ad uno sfruttamento intensivo del territorio. Il 75% delle aziende presenti sul territorio hanno meno di 10 ettari di vigneto; il 75% dei viticoltori imbottigliano direttamente il loro prodotto. Nel nostro territorio è molto forte la presenza di soggetti aggregativi attivi: Lega del Chianti, Distretto Rurale del Chianti, Biodistretto del Chianti, Fondazione per la tutela del territorio, 11 Associazioni di viticoltori, Consorzio Olio Dop Chianti Classico”.
Fondamentale è stato lo studio del territorio, e Gori spiega che “lo abbiamo percorso metro per metro per portare avanti vari progetti, magari con finalità diverse da quella della sostenibilità: la suddivisione in Unità Geografiche Aggiuntive (Uga) per esaltare la territorialità dei nostri vini. Un progetto attuato con l’aiuto di professionisti, di amici del territorio, penso ad Alessandro Masnaghetti; il controllo per proteggersi dai rischi fitosanitari con un’attività eccezionale di verifica filare per filare dei nostri vigneti condotta nell’estate 2023 durante la quale abbiamo percorso 6.000 ettari; è inoltre in fase avanzata il lavoro straordinario condotto dalla Fondazione per la tutela del territorio del Chianti Classico verso il riconoscimento Unesco de “Il sistema delle Ville Fattorie nel Chianti Classico” che ci ha permesso di capire ancor di più quanto straordinario sia il nostro paesaggio culturale e quanto lavoro si compia ogni giorno per la sua conservazione. Uno studio che ci ha svelato un patrimonio culturale denso di valori che forse davamo per scontati. Anche qui i numeri ci possono aiutare: 341 siti storici protetti, oltre 150 ville fattorie legate da un rapporto di intervisibilità; un mosaico agrario conservato nei secoli attraverso opere di manutenzione che vedono impegnate le aziende nel recupero di muri a secco e dei terrazzamenti, nella cura delle strade bianche. Negli ultimi 50 anni il 74% del territorio è stato preservato dalle trasformazioni rimanendo invariato e solo il 4% è stato oggetto di antropizzazione. E questo in un territorio che ha continuato a produrre ricchezza. Mettendo insieme tutto questo abbiamo pensato che il valore culturale unico e straordinario di questa terra ci imponesse di dar vita e attuare per la prima volta un progetto di sostenibilità che includa un’ulteriore sua declinazione, quella della sostenibilità culturale. Il patrimonio culturale materiale ed immateriale, fatto di beni tangibili, ma anche di conoscenze, tradizioni, valori, interazioni, contribuisce al conseguimento di uno sviluppo dei territori inclusivo e sostenibile; contribuisce a proteggere la biodiversità e gli ecosistemi ed è quindi una componente importante della sostenibilità ambientale e sociale che pochi territori al mondo riescono ad esprimere. Ecco, noi pensiamo di essere uno di questi pochi territori. Ed è per preservare tutto questo che inseriamo il tema della sostenibilità culturale nel nostro “Manifesto””.
La direttrice del Consorzio illustra alcuni dettagli del documento programmatico, finalizzato alla certificazione del Chianti Classico Sostenibile, sviluppato in 57 requisiti e quindi “regole d’indirizzo tra le quali i viticoltori potranno scegliere quelle che maggiormente si adattano alle loro caratteristiche, alla loro identità, ai loro programmi. Chiediamo loro di rispettarne almeno la metà e poi, secondo un cronoprogramma stabilito, di aggiungerne altre per far crescere tutto il territorio. Le regole sono suddivise in tre macro aree: la prima deve essere dominante, perché siamo agricoltori, ed è la sostenibilità ambientale. E allora non chiediamo soltanto ai nostri viticoltori di non utilizzare diserbanti chimici, non utilizzare concimi chimici, utilizzare materiali eco sostenibili, biodegradabili, riciclabili, rivitalizzare i suoli, non usare macchine agricole impattanti in vigna, fare un uso alternativo dei sottoprodotti a scopo agronomico. Ma chiederemo loro, per esempio, di condurre e mantenere almeno il 20% sul totale della superficie agricola dell’azienda con biodiversità (olivo, seminativi, non coltivate, boschive); salvaguardare le api garantendo la presenza di colture adatte agli insetti pronubi su una superficie pari almeno al 5% della superficie vitata; di mantenere la presenza di macchie boscate e di siepi su almeno il 10% degli appezzamenti vitati; di inerbire su almeno i due terzi degli appezzamenti vitati; di fare sempre più impianti viticoli secondo le curve di livello; di utilizzare bottiglie prodotte con almeno il 50% di vetro riciclato; di investire per raccogliere l’acqua piovana e ottimizzare le risorse idriche, di misurare l’impronta carbonica”.
Per quanto riguarda la seconda macroarea, quella della sostenibilità sociale, Carlotta Gori spiega che “vogliamo fortemente andare oltre le regole di legge già esistenti e già rispettate che devono essere la base su cui costruire comportamenti più virtuosi, per costruire una comunità più forte, un distretto più coeso”. E quindi “abbiamo l’ambizione di vedere almeno il 20% del personale con assunzione diretta residente nel territorio e almeno il 20% di fornitori di beni o servizi con sede operativa nel territorio; una vera inclusione sociale dove la presenza di lavoratori dipendenti diretti appartenenti a categorie protette o più in generale svantaggiate non sia entro i limiti di legge ma oltre i limiti di legge. Non ci basterà, insomma, vedere nelle aziende il 30% del genere meno rappresentato”.
Ed infine il terzo pilastro, quello della sostenibilità culturale, intesa “come eccezionale fattore identitario del nostro modello di sostenibilità perché il patrimonio culturale materiale e immateriale accompagna la produzione del vino Chianti Classico e ne aumenta la sua tipicità e la sua territorialità e così dovrà essere anche per le generazioni future. Pensiamo che debbano essere inserite nel nostro “Manifesto” le principali azioni volte al mantenimento delle componenti del paesaggio culturale. Molte di queste, è evidente, sono già prescritte dai tanti vincoli e dai piani paesaggistici ma l’impegno delle aziende va ben oltre, e queste ulteriori regole faranno parte del nostro protocollo: la conservazione di edifici, parchi, giardini, viali e reti interpoderali e dei manufatti anche non vincolati ma preesistenti alla metà del Novecento è un valore da preservare. Cosi come lo sono e lo saranno il mantenimento del sistema della villa fattoria senza compiere azioni che ne compromettano la percezione d’insieme; la conservazione delle relazioni di intervisibilità che collegano magicamente e non casualmente le ville fattorie del Chianti Classico; la manutenzione delle strade bianche e il loro corredo arboreo; la conservazione dei resedi; la manutenzione di alberature di carattere storico anche non monumentale. Su tutto questo chiameremo gli imprenditori del Chianti Classico ad impegnarsi ed ad accogliere, chiederemo di intervenire laddove necessario con opere di mitigazione ma anche semplicemente di realizzare parcheggi e aree di sosta verdi, di aumentare la biodiversità nelle coltivazioni per aumentare non solo il valore ambientale del nostro territorio tanto vocato alla viticoltura ma anche il valore culturale del suo paesaggio”.
In conclusione, Gori ha sottolineato come “sappiamo bene che l’evoluzione tecnologica in viticoltura dovrà essere applicata e, come in ogni processo tecnico evolutivo, il mondo dell’impresa non si farà cogliere impreparato. Non pensiate che siamo quelli della “decrescita felice”, ci saremo con investimenti in tecnologia e in ricerca, ma sempre con l’obbiettivo di salvaguardare le pratiche agricole tradizionali ed identitarie, quei saperi del passato che ci fanno affermare oggi con rinnovata convinzione che per noi sostenibilità significa migliorare la qualità dei nostri vini ricercando la massima espressione del terroir; produrre vino preservando tutte le risorse naturali per le generazioni future e ricercando i migliori metodi per ottenere il minor impatto possibile sull’ambiente; produrre vino preservando il patrimonio culturale ed esaltando i valori culturali che il nostro territorio esprime da centinaia di anni”.
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