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ATTUALITÀ

Dopo la Brexit l’agroalimentare italiano rallenta in Uk, ma è sempre leader nelle esportazioni

Report Origin Italia in collaborazione con Fondazione Qualivita: l’Italia è il primo fornitore per alcune categorie come la pasta ed il vino

C’era anche chi, all’epoca, parlava di un “terremoto” in arrivo, di un punto di non ritorno o di una serie di difficoltà che potevano mettere a dura prova il settore. Correva l’anno 2016, quello del referendum della Brexit attraverso il quale il 52% della popolazione britannica aveva scelto di lasciare l’Unione Europea. Un evento storico che ha cambiato il Vecchio Continente, e l’agroalimentare compreso, ma che, nonostante una serie di criticità innegabili, non ha affossato il wine & food del Belpaese che, pur viaggiando a percentuali di export inferiori di quelle registrate in altri Paesi, ha confermato tutto il suo valore. Una panoramica esaustiva e ricca di spunti si trova nel report “Effetto Brexit sul settore italiano Dop Igp”, realizzato da Origin Italia in collaborazione con Fondazione Qualivita per analizzare il quadro economico e normativo sul settore agroalimentare dei prodotti Dop/Igp nel Regno Unito a quattro anni dalla sua uscita dall’Unione Europea (il Paese ha formalmente lasciato l’Ue il 31 gennaio 2020). Obiettivo della ricerca, realizzata con il contributo del Ministero dell’Agricoltura, era offrire una fotografia dell’attuale contesto di riferimento attraverso l’analisi di dati, normative, ricerche e un’indagine diretta ai Consorzi e alle imprese del settore Dop e Igp italiano.
Non mancano i dati positivi e non sono pochi. L’agroalimentare, infatti, è la prima voce delle esportazioni italiane nel Regno Unito con 4,53 miliardi di euro (2023) ed è il comparto con la crescita più alta dell’export in valore (+35% sul 2017); il cibo made in Italy in Uk ha un peso del 7% nel totale di quello destinato all’estero. Per il settore del cibo Dop e Igp nazionale, il Regno Unito è il quarto mercato di destinazione, con una quota del 6% dell’export che coinvolge oltre 60 denominazioni made in Italy, in particolare formaggi (66%), prodotti a base di carne (16%) e aceti balsamici (17%). Numeri che testimoniano la rilevanza strategica della partnership commerciale anche nel post-Brexit. Tra gli elementi negativi, l’inflazione dei prezzi alimentari che preoccupa oltre l’80% dei cittadini nel Regno Unito e le relative conseguenze sulla gdo (leva del prezzo, private label, ecc), ma anche la ristorazione (disponibilità di spesa, carenza di personale). A questi si aggiungono nuove barriere per l’export agroalimentare dovute alla Brexit, con aumento di costi e dei tempi legati alla maggiore burocrazia, come evidenziato dal 75% delle aziende Dop e Igp italiane. Un quadro complesso e con varie incertezze che comunque non intacca la fiducia del sistema italiano, con l’86% delle aziende e dei Consorzi della Dop Economy che prevede investimenti per mantenere o accrescere le quote di mercato.
Gli scambi commerciali del settore agroalimentare del Regno Unito sono fondamentali per un Paese fortemente dipendente dalle importazioni a causa, anche, delle limitazioni climatiche e geografiche che ostacolano la produzione locale durante l’anno. L’Unione Europea è il principale fornitore di prodotti agroalimentari in Uk, con una quota che si avvicina ai tre quarti del totale dell’import con il Regno Unito che è il primo mercato di sbocco dell’export agroalimentare dell’Ue. In questo contesto, l’Italia è il settimo fornitore per l’agroalimentare nel Regno Unito, il primo per alcune categorie come la pasta ed il vino, il secondo per gli oli di oliva, il quarto per l’ortofrutta. Per il comparto dei prodotti italiani Dop/Igp, il Regno Unito è un mercato di grande rilievo. I prodotti del Belpaese sono tendenzialmente percepiti di alta qualità e autenticità, soprattutto per alcuni settori come il vino, la pasta, l’olio di oliva, i formaggi ed i salumi e, riporta il report, sono spesso associati alla Dieta Mediterranea e ad uno stile di alimentazione tendenzialmente salutare e benefico. La cucina italiana è una delle più amate nel Regno Unito e la popolarità dei ristoranti italiani contribuisce a mantenere alta la domanda di ingredienti e prodotti autentici. I prodotti italiani di qualità hanno un posizionamento alto e si rivolgono ad un target di consumatori meno coinvolti dalle dinamiche di insicurezza alimentare e da comportamenti di acquisto legati al prezzo.
Ma il trend complessivo del mercato Uk potrebbe nel tempo impattare anche sul made in Italy. Ad oggi, malgrado le difficoltà dovute alle nuove regole di scambio legate alla Brexit, le importazioni agroalimentari italiane verso il Regno Unito sono rimaste stabili in quantità e cresciute in valore negli ultimi anni. L’agroalimentare è il settore con l’impennata più alta dell’export in valore nel Regno Unito negli ultimi anni (+35% del 2023 sul 2017, contro un +13% dell’export totale del made in Italy in Uk). In termini di valore, la crescita dell’export è stata costante negli ultimi anni a differenza dell’aspetto quantitativo, con i flussi che sono rimasti stabili. Tra i principali Paesi di destinazione dell’export agroalimentare italiano, il Regno Unito è quello che ha la crescita più bassa nel periodo 2017-2023. Le esportazioni del Regno Unito verso l’Italia hanno invece un’entità più ridotta ed interessano, in primis, bevande alcoliche, cereali, burro, prodotti ittici e carni bovine. Gli scambi commerciali del settore agroalimentare tra i due Paesi hanno quindi avuto negli ultimi anni andamenti opposti: l’export dell’Italia verso il Regno Unito è infatti rimasto stabile in termini di quantità ed è cresciuto, molto, in valore, mentre le importazioni dall’Uk verso il nostro Paese sono scese sia in volume che in valore. I beni agricoli, alimentari e bevande rappresentano il 17% del valore complessivo dell’export dell’Italia verso il Regno Unito e precedono i comparti dei mezzi di trasporto (4,16 miliardi di euro), dei macchinari (3,76 miliardi), dei prodotti tessili e dell’abbigliamento (2,59 miliardi) e dei metalli (2,38 miliardi). L’aumento, in termini di valore, è dovuto dunque ad una crescita dei prezzi riconducibile a più fattori (aumento costi burocratici, tasso di cambio). Anche questo è un risultato migliore della media, visto che in termini quantitativi l’export italiano verso il Regno Unito è diminuito nel complesso del -13% e l’unico settore a mostrare una crescita è quello dei mezzi di trasporto (+74%), mentre gli altri comparti hanno tutti valore negativo sul 2017.
Malgrado il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani abbia mantenuto un trend positivo nel Regno Unito negli ultimi anni, il mercato Uk è quello che mostra la minore crescita percentuale dell’export made in Italy tra le principali destinazioni: l’export verso il Regno Unito nel 2023 segna una crescita del +35% sul 2017 a fronte di un trend complessivo del +55% delle esportazioni agroalimentari complessive made in Italy. La frutta e la verdura (la categoria agroalimentare più importata in Uk) rappresentano un quinto delle esportazioni italiane verso il Paese con un valore di 911 milioni di euro, seguite dal vino che, con 843 milioni di euro, ha un peso del 18,6% sull’export agroalimentare made in Italy ma è il prodotto che, dal 2017 al 2023, è cresciuto di meno tra quelli principali (+4%). Seguono cacao, caffè, tè e spezie (484 milioni), prodotti lattiero caseari (385 milioni), pasta (344 milioni), altre bevande (341 milioni) e prodotti a base di carne (252 milioni). L’export mostra una crescita in termini di valore per tutte le categorie. Per quanto riguarda le categorie merceologiche, le principali importazioni in valore sono di prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati (22% del totale) davanti alle carni fresche e trasformate (oltre il 13%), e le bevande alcoliche con quasi il 13%, di cui una parte significativa è costituita dal vino. L’Italia è il principale fornitore di pasta (per cui copre il 57% dell’import complessivo in Uk in quantità e il 45% in valore) e di vino (19% dell’import complessivo in Uk), il secondo di olio di oliva, il terzo fornitore di formaggi ed il quarto di prodotti ortofrutticoli.
In termini di valore, si legge nel report, l’export totale dell’Italia verso il Regno Unito è circa tre volte superiore rispetto all’import. Per il settore agroalimentare, l’export dell’Italia verso il Regno Unito (4.535 milioni di euro) è di circa nove volte superiore al valore delle importazioni (510 milioni). L’evoluzione della Brexit negli ultimi anni ha avuto sull’import italiano dall’Uk un impatto decisamente più marcato rispetto all’export dei prodotti made in Italy verso il Regno Unito. Le importazioni totali sono passate dagli 11,6 miliardi di euro nel 2017 agli 8,7 miliardi di euro nel 2023 (-24%), mentre l’import del settore agroalimentare è passato da 770 milioni nel 2017 a 510 milioni nel 2023 (-34%). L’export complessivo del settore Dop e Igp ha mostrato una crescita progressiva negli ultimi anni, per un +19% del 2022 sul 2018. I dati dell’export verso il Regno Unito, al contrario, disegnano un andamento che, a partire dal 2020, mostra una flessione delle quantità esportate per un risultato complessivo che è del -6% nel 2022 sul 2018. Non sono risultati che delineano un “crollo” delle esportazioni, ma raffrontati al trend complessivo del settore evidenziano segnali di rallentamento. Una tendenza confermata anche dai dati relativi al settore vinicolo Dop/Igp, che nel 2022 segna un +16% delle esportazioni complessive sul 2018, a fronte di un -1% per quelle relative al mercato del Regno Unito.
Per le realtà in calo nel mercato del Regno Unito, sembra emergere che le difficoltà maggiori arrivano dalle micro e piccole imprese, mentre per le grandi aziende lo scenario è variabile. Ma il brand “made in Italy” è il principale fattore di marketing nel mercato del Regno Unito per le aziende con prodotti Dop/Igp, e la reputazione della qualità dei prodotti italiani è un elemento chiave per posizionarsi sul mercato e va ad affiancarsi alla riconoscibilità della denominazione. Tra le tipologie di prodotto Dop/Igp con maggiore potenziale di sviluppo nel mercato del Regno Unito, oltre la metà dei Consorzi indica il “prodotto confezionato” e uno su quattro indica anche il “prodotto trasformato”. Per questa categoria di prodotti italiani il primo canale di vendita al consumatore nel Regno Unito è la grande distribuzione, ma un’azienda su tre indica l’horeca come canale principale di sbocco. La gdo, continua il report, è il canale dominante nel Regno Unito e rappresenta la principale rete di vendita per i prodotti Dop/Igp italiani. Altri canali, è il caso di negozi e botteghe, catene specializzate oppure e-commerce, in pochi casi sono la via prioritaria verso il mercato del Regno Unito e perlopiù ciò avviene per le piccole o micro imprese.
Ma la percezione degli attori del comparto resta complessivamente positiva: se la metà dei referenti prevede infatti una stabilità del mercato di destinazione (50%), oltre uno su tre ha aspettative positive per il prossimo futuro (36%) rispetto al 14% di coloro che vedono scarse possibilità di sviluppo nel Regno Unito. Nessun rappresentante delle aziende e dei Consorzi intervistati per la ricerca ritiene che non ci sia alcuna prospettiva nel mercato britannico: un dato netto che, di fatto, “certifica” l’importanza e l’opportunità di proseguire azioni di studio, analisi e promozione nel Regno Unito per il settore dei prodotti agroalimentari italiani Dop/Igp.
“Questo nuovo lavoro vuole offrire un supporto concreto ai Consorzi e agli operatori delle filiere Dop e Igp italiane - afferma il presidente di Origin Italia, Cesare Baldrighi - il nostro impegno, come associazione, è rappresentare le istanze del comparto perché sia garantita la giusta protezione alle Indicazioni Geografiche e lo abbiamo fatto nel corso dei negoziati della Brexit. Riteniamo altresì importante dotare gli attori del sistema di strumenti utili ad approfondire la conoscenza e la capacità operativa nei mercati di riferimento come il Regno Unito, che a quattro anni dalla sua uscita dall’Ue rappresenta ancora un partner strategico per l’agroalimentare italiano Dop e Igp”. Per Mauro Rosati, direttore Origin Italia, “la ricerca dimostra innanzitutto la forza del nostro settore agroalimentare che, anche grazie al contributo del cibo e vino italiani Dop e Igp, ha visto crescere il valore dell’export verso il Regno Unito durante questi anni di transizione, mentre le importazioni dall’Uk sono crollate. L’indagine condotta sui Consorzi e le imprese del comparto Dop e Igp evidenzia l’enorme sforzo degli operatori in questo periodo complesso. Nonostante le difficoltà causate dalla Brexit, il posizionamento del cibo made in Italy rimane una leva di forza nel mercato britannico. Le sfide sono ancora numerose, in uno scenario in continua evoluzione, ma lo studio conferma che la Dop Economy italiana è un sistema resiliente grazie alle sue caratteristiche peculiari, quali qualità, sicurezza, tracciabilità e sostenibilità, veri driver del valore made in Italy a livello globale”.

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